venerdì 30 giugno 2023

I nomi della Materia


the name of all things 


I nomi della Materia

“Nell’intelligenza di questi nomi così diversi, riferiti a un unica cosa, che consiste tutto il segreto dell’arte (Raimondo Lullo)”

Acciaio, Aceto, Aceto asperrimo, Aceto dei filosofi, Acqua bruciante, Acqua d’azoto, Acqua di urina, Acqua del caos, Acqua dell’arte, Acqua dello Stige, Acqua di fonte, Acqua di sangue, Acqua di talco, Acqua di vita, Acqua fiogliata, Acqua pesante, Acqua prima, Acqua secca,Acqua semplice, Acqua viscosa, Agnello, Agresta, Albero, Albero filosofico, Albero lunare, Albero solare, Androgino, Anima, Anima degli elementi, Anima del mondo,, Anima di Saturno, Antimonio, Aquila, Aquila dei filosofi, Aquila volante, Argento, Argento vivo, Aria, Arsenico, Avvoltoio, Azoth, Azzurro, Bagno, Bagno del re, Bagno del sole, Bagno di Diana, Bagno di vapore, Bagnomaria, Bene, Bene diffuso, Bianchezza, Bianco del nero, Bronzo, Burro, Cadmio, Caduceo, Caglio del latte, Caino, Calce, Calce viva, Cancro, Cane, Caos, Cenere, Cenere fusibile, Cenere nera, Chiave dei metalli, Cielo, Coda di pavone, Compost, Corona regale, Corpo bianco, Corpo immondo, Corpo misto, Corvo, Crogiuolo, Cuore del sole, Dicembre, Drago, Drago di Babilonia, Drago volante, Elemento, Elixir, Ermafrodito, Escremento del verro, Essere metallico, Etelia bianca, Eva, Feci calcinate, Feci dissolte, Femmina, Femmina prostituta, Fenice, Fermento, Ferro, Fiele, Figlio del Sole e della Luna, Flegma, Fonte, Fratello del serpente, Fuoco, Fuoco acqueo, Fuoco artificiale, Fuoco contro natura, Fuoco umido.

“Questa prima materia non è la totalità di tutti i corpi, ma che essi la contengono e che sono questa materia in potenza (Becher)”

Gabrico, Gallo, Ghiaccio, Giallo d’uovo, Giordano, Giorno, Gomma bianca, Gomma rossa, Gomma d’oro, Idra di Lerna, Inferno, Infinito, Inverno, Ipostasi bianca, Iride, Lago disseccato, Lagrime dell’Aquila, Laton, Latte di vergine, Legno, Leone, Leone rosso, Leone verde, Liquore vegetale, Liscivia, Litargirio, Luce, Luce del piombo, Lucifero, Luna, Luna fogliata, lupo, Madre, Madre dei metalli, Madre dell’oro, Magnesia, Magnete, Male, Marcassite, Mare, Marmo, Marte, Maschio, Materia, Materia lunare, Mattino, Medaglia di Fauheh, Medicina dei tre ordini, Melancolia, Mercurio, Mestruo animale, Mezzogiorno, Microcosmo, Miele, Miniera, Ministero, Morte, Natura, Nebbia, Nemico, Nero più nero del nero, Occhio di pesce, Olio di Marte, Olio incombustibile, Olio rosso, Ombra, Oriente, Oro, Oro d’oriente, Oro di gomma, Oro eteo, Orpimento, Padre, Padre unico di tutte le cose, Pericolo, Pietra, Pietra ardente, Pietra dei filosofi, Pietra angolare, Pietra stellata, Piombo, Piombo dei filosofi, Prigione, Primavera, Prostituta, Pulcino d’Ermogene, Punta, Purezza del morto.

“Tanti i nomi, tre i princìpi, unica la materia”

Quinta natura, Quinto elemento, Radice dei metalli, Raggio di luna, Raggio di sole, Ramo d’oro, Randerich, Raro, Re, Residenza, Rondinella, Rosa fra le spine, Rospo, Rubino, Rugiada, Rugiada di maggio, Sabbia, Salnitro, Salamandra, Salamoia, Sale alembroc, Sale alkali, Sale almisadir, Sale d’urina, Sale dei pellegrini, Sale dei sali, Sale dei sapienti, Sale fusibile, Saliva dei funghi, Saliva della luna, Saliva preziosa, Salpetra, Sangue, Sangue del drago, Sangue del leone, Sangue spirituale, Sangue umano, Sapone, Saturno, Sciroppo di melograno, Seme, Sentiero, Sepolcro, Sera, Serpente, Serpente alato, Serpente che divora la propria coda, Serpente di Cadmo, Servo, Servo fuggitivo, Seth, Signore delle pietre, Soda dei filosofi, Sole, Soluzione fissa, Soluzione volatile, Sorella, Sorella del serpente, Spada, Sperma dei filosofi, Sperma dei metalli, Sperma del mercurio, Spirito, Spirito universale, Spirito incorporato, Splendore, Sporcizia del cadavere, Sposa, Sputo della luna, Stagno, Stella sigillata, Stomaco di struzzo, Sublimato, Tartaro, Tenebre, Teriaca, Terra, Terra argillosa, Terra dannata, Terra grassa, Terra putrida, Terra vergine, Testa di corvo, Theta, Tintura d’Ermete, Toro, Tuzia, Uccello di Ermete, Umidità, Umidità che brucia, Untuosità, Uomo, Uovo, Uovo dei filosofi, Urina di bambino, Vapore, Vaso, Vaso dei filosofi, Vaso sigillato, Vecchia estenuata, Veleno, Veleno che tinge, Veleno d’echineide, Venere, Vento, Verderame, Verga di metallo, Vergine, Vetriolo, Vetriolo rosso, Vetro, Vigna dei sapienti, Vino bianco e rosso, Vipera, Virtù degli astri, Virtù minerale, Vita, Volpe, Zafferano, Zeffiro, Zinco, Zolfo, Zolfo d’ambrosia, Zolfo dei metalli, Zolfo incombustibile, Zolfo rosso, Zolfo zarnet.

venerdì 23 giugno 2023

Uno nel Tutto, Tutto nell'Uno


L'Uno nel Tutto, il Tutto nell'Uno



Sull’Alchimia

(Intervento ad una conferenza dibattito, fine 2006. A cura di DPE)


Questa sera, come mi avete richiesto, parlerò dell’Alchimia. Ma non tanto di quella che si legge su qualsiasi libro. Ma di quella vissuta in prima persona, e non per insegnarla a chicchessia, ma per mostrare un mondo strano imprevedibile affascinante e soprattutto nascosto.

Desidero iniziare riportandovi quanto si può trovare di succinto ed indicativo in Internet riferito ad una parola che a volte viene utilizzata in certi ambienti di spettacolo televisivo.

L’Olismo.

“Olismo: dal greco Olos, "il tutto, l'intero", che rappresenta il carattere di totalità insito nelle cose, per cui ogni cosa potenzialmente influisce su ogni altra. É alla base delle dottrine orientali, che ebbe in Aristotele il suo primo propugnatore occidentale. 

Secondo Aristotele, sia i singoli soggetti che i sistemi subordinano il loro comportamento ad un piano globale, da cui dipendono ed in armonia col quale si muovono. È la teleologia aristotelica, da telos, fine. Le implicazioni filosofiche e religiose di tale dottrina sono enormi.

L'esistenza di un disegno finale inserisce il concetto di destino, e dunque di predestinazione, nonché dell'ipotesi di Dio. Compare da noi in veste di dottrina scientifica agli albori del XX secolo, grazie al fisiologo inglese J. S. Haldane. 

Un contributo determinante all'affermazione dell'Olismo, come teoria biologica, è stato dato da A. Meyer Abich, il quale sosteneva che il concetto di totalità (Ganzheit) risulta di primaria importanza nel campo biologico, poiché solo esso consente una corretta comprensione dei fatti naturali nelle loro diverse sfaccettature. 

L’atto del pregare è certamente soggettivo e posso assicurare che quando ne ho sentito parlare per la prima volta, mi ero molto meravigliato, non tanto per l’atto in sé quanto per il tipo di preghiera che doveva essere innalzata e a chi.

E’ stato col tempo che mi resi conto che le mie convinzioni e le mie esperienze precedenti erano solo da intralcio per la preghiera che deve scaturire dal nostro interno liberamente ed improvvisamente senza alcun pregiudizio o preparazione.

E non è mai sempre la stessa.

Sì, magari le intenzioni e il riassunto dei contenuti si ripetono, ma la forma muta in funzione dello stato d’animo che si uniforma agli obiettivi che ci si pone e che ogni giorno cambiano o, se si vuole, si perfezionano. In quel momento non ti ricordi neanche chi sei né ti rendi conto di cosa stai facendo, materialmente intendo. 
Senti solo la tua voce come in lontananza. E se anche il luogo prescelto è in penombra lo vedi molto illuminato, anche se la luce è solo virtuale, come se fosse derivante da quella lampadina disegnata nei “cartoons” per indicare l’idea che pare si sia creata. 
Si tratta di una teoria intermedia tra il vitalismo (dottrina che ammette un principio vitale distinto dall'anima e dall'organismo) ed il meccanicismo. Significa che nelle applicazioni matematiche, come nei fenomeni naturali, viene definita olistica ogni struttura in cui sia presente un processo continuo di "feedback", (retroazione) tra le sue varie componenti.

L'approccio olistico evidenzia anche un nuovo sebbene antico rapporto tra l'osservatore e l'oggetto osservato, che suggerisce l' idea di una trasformazione che coinvolge entrambi per effetto dell'influenza reciproca esercitata dal momento del contatto.

I concetti di ordine e di caos vi si configurano quindi in virtù di una relazione assoluta con il tutto, ma allo stesso tempo con l'infinito significato di ciascuna parte, sia essa un elemento, un'azione od un processo. L'Olismo vede una recente grande espansione nella sua applicazione, permettendo di studiare in piena libertà mentale tutti i sistemi più complessi. Ogni sistema viene trattato come entità particolare, che interagisce con altri sistemi, quindi non è mai ridotto alla somma dei suoi componenti.

Nell'Olismo la logica non funziona, proprio perché la somma non vi dà mai il totale: infatti somma e totale sono considerate due cose diverse. L'eminente fisico Bohm sostiene che non soltanto il tutto non viene definito dalle singole parti, ma che l'esistenza stessa delle singole parti può essere definita dal tutto. L'Olismo ha implicato la fusione della fisica e della biologia con la filosofia, nell'azione di ricerca di una risposta ai grandi "perché" dell'essere umano moderno.”

Come avrete notato, vengono citati filosofi e scienziati, ed è indubbio che queste due figure rappresentano il fior fiore della conoscenza. Bene, questa sera cercherò in due parole di far presente che quanto si dice da parte loro sull’olismo, in realtà è una vecchia conoscenza di un altro settore d’indagine; quello, appunto, dell’Alchimia.

Per addentrarci in questa storia e capire meglio la questione cercherò di tornare indietro nei miei ricordi fino a tanti, tanti anni fa. Da piccolo avevo già avuto esperienze quasi chimiche mescolando liquidi diversi o sciogliendo qualcosa in qualcos’altro, annotandomi tutto e soprattutto i risultati.

Ma non possedevo un metodo ripetibile.

Finché un giorno, ebbi l’occasione di incontrare la mamma di una mia compagna di classe, che ben conosceva la mia curiosità per il “meraviglioso”. Lei mi parlò a lungo e mi domandò parecchie cose e me ne disse altre, incrementando la mia curiosità fino al punto di effettuare un esperimento particolare.

La ricordo ancora quella sera in cui, da solo in cucina, presi un bicchiere e vi inserii qualche grammo di gesso da sarto su cui versai un po’ di acido cloridrico, acquistato al drugstore, in rapporto da uno a tre, cioè per ogni grammo di gesso tre grammi di soluzione acida. Un piccolo colore opalino, poi altro.

E stetti lì col naso sopra il bicchiere a guardare se ne usciva qualcosa di interessante. Versai il tutto in una pentolina e cominciai a riscaldare. Concentrai il tutto ma non completamente fin che nel fondo non rimanevano che alcune grosse gocce ed un po’ di residuo.E fu a quel punto che mi capitò per la prima volta una cosa strana.

Presi un cucchiaio e cercai di prelevare dalla pentolina quanto si poteva. Quando il cucchiaio fu colmo ebbi per un istante la tentazione di assaggiare. Poi la mente ebbe il sopravvento e buttai via tutto: e così tutto finì lì.

O meglio sarebbe dire che tutto cominciò proprio da lì.

Era nato in me un qualcosa che faceva si che tutto ciò che facevo, tutto ciò che era esterno ma che mi “comprendeva” facesse o dovesse far parte anche del mio interno. Come alcuni mesi più tardi quando, con uno dei miei quaderni segreti di appunti scientifici, quello più importante, pensavo di frullarlo così da poterlo bere e mi entrasse dentro. E solo la consapevolezza successiva che ciò che vi era scritto era nato da me e che quindi era ancora in me, mi ha convinto a non distruggerlo.

Tutto quello che viene detto sull’Alchimia lo si può trovare in qualsiasi libro, quello che non vi si trova invece è ciò che l’alchimista prova quando comprende che lui stesso e l’esterno costituiscono un sistema globale.

Per anni fino ad una quindicina di anni fa, ho pensato che la natura, con i suoi componenti, fosse strutturata come in un Lego in livelli sistemici a complessità crescente, come si può notare sinteticamente in questa tabella.


                            

Era una sistemazione-classificazione interessante, e sembrava funzionale ma era solamente molto datata e minimalista. Non è più possibile pensare in termini di “reductio” o viceversa (come in questo caso) di “amplificatio”.

E non è più possibile perché si è capito che le due azioni, di riduzione o di amplificazione, perdono alcuni significati collaterali, togliendo sfumature o ampliando in modo non proporzionale altre sfumature.

Quella che è necessaria è una teoria globale, onnicomprensiva che contempli un sistema unico la cui divisibilità sia solo formale ma non sostanziale.

In altre sedi l’ho chiamata teoria “cosmosociologica”.

Sempre a proposito di quella tabella vi è un’ipotesi, effettivamente alquanto suggestiva, di Sheldrake, quella dell’idea di causazione normativa, ipotesi che suggerisce che la mente umana non sia localizzata nello spazio e neppure nel tempo.
Che non sia limitata al “qui e ora”.
Che sia immortale e non energetica. 

Con il corollario che il suo effetto non venga diminuito dalla separazione spaziale.

In questa ipotesi la mente non è ristretta al cervello né prodotta da esso, anche se può agire attraverso di esso. Questa ipotesi implementa l'idea di una coscienza collettiva secondo cui essa può essere immagazzinata collettivamente come una sola mente, fuggendo dal cervello e dal corpo di singole persone.

Come dicevo, questa ipotesi suggerisce che la mente non è localizzata nello spazio, che può persistere nel tempo e che è oltre il corpo ed inoltre, che la coscienza non è necessariamente limitata agli esseri umani. Cioè perlomeno in grandi variabili, essa può essere condivisa da molte forme di vita oltre che dagli esseri umani.

Voi capite però che non si può credere a tutto ciò che ci viene propinato, anche se è attraverso Internet o libri pubblicati ad hoc. Però l’ipotesi è di per sé suggestiva per quanto anch’essa di tipo riduzionista.

In realtà quella Tabella bisognerebbe leggerla contemporaneamente in questi due modi:



Cioè uno o più Componenti con tutti i Livelli ovvero uno o più Livelli con tutti i Componenti. 
Vi rendete conto che in questa modalità di lettura, la cosa cambia aspetto.

Ma ritorniamo a noi.

Nel ’24, nel loro lungo carteggio, Einstein scrisse a Born una frase che è rimasta nella storia: "L'idea che un elettrone esposto a una radiazione scelga liberamente l'attimo e la direzione in cui vuole saltare mi è insopportabile. In questo caso preferirei fare il ciabattino o addirittura il croupier in un casinò piuttosto che il fisico".

E quelle due parole, che ho sottolineato con la voce, hanno una valenza che va certamente al di là di tonnellate di carta stampata. Come dicevo alcuni minuti fa, si trovano facilmente libri sull’Alchimia.

E lì solitamente vi si leggono le definizioni di via umida, via secca, via intermedia. Si legge di binario, di ternario, di quaternario, di quintessenza. Si possono vedere anche delle figure interessanti. Molti ci si riempiono la bocca. Ma quello che non vi trovano è lo stato d’animo che precede e che segue ogni atto.

Vi invito ad avvicinarla e di attivarla personalmente, perché qui da noi non sono il Sufismo o la Kabala ad essere la nostra radice esoterica: solo l’Alchimia.

L’occultista svedese Swedemborg diceva che "Il cielo ha la forma di uomo, la terra stessa è un essere vivente, l'uomo quando si trasmuta assume un altro aspetto, la sua forma umana non ha nulla a che vedere con l'aspetto umano, una semplice apparenza che si percepisce in maniera diversa”.

Cerchiamo di tendere a questo. Solo un atteggiamento alchemico, tanto per capirci l’ondeggiare del Cavallo degli scacchi, può generare una lettura delle tabelle come quella che vi ho appena mostrato.

La visione globale.

Quella visione che in ultima istanza ti insegna che se hai la capacità di fare qualcosa, allora hai la responsabilità di farla. Desidero leggervi un brano di Thorwald Dethlefsen tratto dal suo libro: "Il destino come scelta - psicologia esoterica".

“Noi tutti conosciamo dalla fisica il concetto di risonanza. Un diapason vibra ad un suono solo se questo suono corrisponde alla sua propria frequenza. Se questo non avviene, il suono per il diapason non esiste in quanto non può percepirlo. Una radio ricevente predisposta per le onde medie riceverà soltanto onde medie, proprio sulla base della risonanza. 

Onde corte e onde lunghe non vengono percepite, non fanno parte del suo mondo. Allo stesso modo l'uomo per ogni percezione ha bisogno in se stesso di una corrispondenza in grado di "vibrare all'unisono" e di trasmettergli quindi la percezione attraverso la risonanza...

Ogni persona può percepire solo quegli aspetti della realtà per i quali possiede capacità di risonanza. Questo non vale soltanto per il campo della percezione puramente sensoriale, ma per tutta la percezione della realtà. 

Dato che tutto ciò che si trova fuori dalla propria capacità di risonanza non può essere percepito, per la persona in questione non esiste affatto. Per questo ognuno crede di conoscere tutta la realtà e che al di fuori di quella non ci sia niente. Se uno legge un libro, crede di averlo capito fino in fondo, sebbene di quanto legge possa percepire solo quello che si trova in armonia col suo stato di coscienza del momento. 

Che le cose stiano così, lo si capisce quando si rileggono certi libri dopo anni. La coscienza in questi anni si è ampliata, e quindi si capisce il libro "ancora meglio". Queste cose sono evidenti ad ognuno e hanno solo lo scopo di rendere più chiaro il principio che vogliamo appunto applicare al destino in generale. Si può venire in contatto soltanto con le idee, le persone e le situazioni per le quali abbiamo una nostra risonanza, o ...una affinità. 

Senza una adeguata affinità non si potrà mai arrivare a una manifestazione. Se uno si trova in una rissa o in una baruffa, questo non avviene mai a caso, ma sempre sulla base della propria affinità con simili esperienze. La colpa per le eventuali conseguenze di questa rissa è quindi anche di chi afferma di essercisi trovato coinvolto senza alcuna responsabilità sua. Senza affinità non ci si sarebbe mai trovato coinvolto. 

Se qualcuno viene investito per strada, la semplice colpa funzionale dell'automobilista non cambia nulla al dato di fatto che l'investito era maturo per quella esperienza, altrimenti l'evento in questione non avrebbe mai potuto entrare nel suo campo di esperienze... Il cosiddetto mondo esterno è in realtà uno specchio in cui ognuno vive se stesso, in quanto dalla realtà vera, oggettiva, uguale per tutti, filtra solo quello per cui ha personalmente un'affinità. 

Chi non è consapevole di questo fatto, finisce per commettere errori di comportamento. Quando la mattina mi guardo allo specchio e in questo specchio vedo un viso che mi guarda in modo poco amichevole, posso strapazzare per bene questo viso...il viso nello specchio non si lascia per questo impressionare, anzi invia altrettanti insulti. In questo modo è facile arrabbiarsi sempre di più finché non si incomincia a colpire il viso incriminato e lo specchio va in frantumi. 

Nessuno però si comporterà in questo modo con lo specchio del bagno, perché siamo ben consapevoli della sua funzione di specchio. Tuttavia quasi tutti gli uomini si comportano nella vita quotidiana nel modo sopra descritto. Lottano contro i loro nemici nel mondo esterno, contro i vicini o i parenti indisponenti, contro le ingiustizie dei superiori, contro la società e altro ancora. Tutti in realtà combattono soltanto se stessi... 

La legge di risonanza e dello specchio vale naturalmente sia in senso positivo che negativo. Se nelle nostre considerazioni citiamo quasi esclusivamente esempi negativi, è perché è qui che si produce il dolore umano...Se l'uomo si rende conto della funzione di specchio del mondo che lo circonda, si procura una insospettata fonte di informazione... è uno dei metodi migliori per conoscere se stessi,... 

Se l'uomo impara a chiedersi il senso di tutto ciò che gli capita, non solo imparerà a conoscere meglio se stesso e i propri problemi, ma scoprirà anche le possibilità di cambiamento... Più consapevole diviene l'uomo, più impara a dare un ordine alle cose, a chiedersi quali informazioni esse possono fornire. Di importanza fondamentale è restare in armonia con tutto ciò che è. 

Se questo non riesce, se ne cerchi il motivo in se stessi. L'uomo è il microcosmo e di conseguenza un'immagine esatta del macrocosmo. Tutto ciò che percepisco all'esterno, lo ritrovo anche in me.... 

Tutte le persone cattive e gli eventi sgradevoli sono in realtà solo messaggeri, mezzi per rendere visibile l'invisibile. Chi capisce questo ed è disponibile ad assumersi personalmente la responsabilità del proprio destino, perde ogni paura del caso che lo minaccia... Chi modifica se stesso, modifica il mondo. In questo mondo non c'è niente da migliorare, molto invece c'è da migliorare in se stessi. La via esoterica è una via di continua trasformazione, di nobilitazione del piombo a oro...”.

Qui termina l’esoterismo e per molti aspetti la visione nota dell’Alchimia.

Ma la vera Alchimia fa un passo in più, prende il tutto e lo trasla sul piano del “prendersi cura” del mondo che ci circonda, partendo anche dal “chiedere ragione” di tutto.

E come dice Berti: “L'atteggiamento del «chiedere ragione» (logon labein), cioè del domandare, del problematizzare, è l'atteggiamento filosofico per eccellenza, almeno nella tradizione inaugurata appunto da Socrate, che è quella della filosofia occidentale, a cui ancora oggi si rifà la maggior parte del pensiero filosofico. Questo atteggiamento, però, non è puramente formale, perché presuppone che la realtà, cioè il mondo dell'esperienza, della vita, della storia, non si spieghi da sé, ma abbia bisogno di essere in qualche modo spiegato. 

Il domandare, infatti, non è altro che l'espressione, sul piano soggettivo, di una domanda, per così dire, oggettiva, costituita dall'esperienza stessa. Anzi, i termini soggettivo e oggettivo sono fuorvianti, perché alludono ad una contrapposizione tra un soggetto ed un oggetto, che nell'esperienza invece non sussiste, poiché l'esperienza è l'unità del soggetto e dell'oggetto nell'atto stesso dell'esperire. 

 Il mettere in questione, cioè il problematizzare, ciascuna delle opinioni proposte nel corso di una discussione, come faceva Socrate, equivale a riconoscere che ciascuno dei momenti che costituiscono l'esperienza, ovvero la vita umana, la stessa storia dell'umanità, è di per sé relativo, instabile, precario, bisognoso di spiegazione, cioè problematico. 

Ed il mettere in questione l'esperienza nella sua totalità, domandandone il principio, ovvero la spiegazione ultima, come facevano Platone ed Aristotele, equivale a riconoscere che la stessa totalità dell'esperienza è problematica, cioè che l'esperienza è pura problematicità. Questa non è più una posizione puramente formale, ma è un orientamento filosofico ben definito, che si oppone ad ogni assolutizzazione dell'esperienza o della storia, cioè ad ogni metafisica di tipo immanentistico”.

Insomma prima il cuore e poi la mente.

E mente e cuore assieme per risolvere i problemi di noi stessi e del mondo.Vedete, l’antro dell’Alchimista è idealmente costituito da due stanze. Nella prima, l’Oratorium, l’Alchimista, anche non da solo, studia e approfondisce e poi, da solo, prega.

Permettetemi che su questo punto mi soffermi un pochino.

Vi mostrerò intanto queste due immagini  non tanto per parlarvene quanto perché li osserviate di tanto in tanto ascoltando le mie parole di questa parte del mio soliloquio.


                                                            

E le parole silenziose ti sgorgano spontanee: lì parli con il tuo amico, ti confidi gli chiedi aiuto per continuare. Non esiste una documentazione ufficiale che deve essere seguita. Sei tu che gli parli e che gli chiedi, per te e per il mondo. Non vi sono personalismi accentuati, magari sì qualche punta di orgoglio per ricordare che sei vivo, ma quello che più conta è il tuo “essere in relazione” con il tutto. Come vedete, non si tratta di un’espressione derivante da una specifica Religione. È solo una manifestazione di una forma particolare di religiosità.

Di un tentativo di unione di immanenza e di trascendenza che si evidenzia tanto più ti addentri nel tuo interno. Ad esempio per me il mio Dio, è sì il Grande Architetto, ma è un po’ particolare, è musicale.

E le mie manifestazioni di raccordo con lui sono fondate su rapporti armonici e melodici. Non vi è nulla di scritto che può essere ripetuto, vi è solo un insieme di atti spontanei. A volte, nulla; basta l’innalzamento del proprio spirito silenzioso.

E la risposta non tarda a venire. E la risposta la senti dentro, con nuove idee nuovi pensieri, rinnovata volontà. Bene, continuiamo. Poi vi è una porta invisibile che solo da lui deve essere attraversata, ed è quella del Laboratorium. E lì crea. Magari la parola da me utilizzata sembra un po’ forte, ma è di questo che si tratta, giacché sono solo la sua fantasia ed il suo amore a gestire un’Opera che senza di lui non sarebbe.

Insomma lui è diventato uno strumento, al pari di quelli che solitamente usa.

E ciò che ottiene appartiene ad un gradino di una grande scala che si dipana verso l’alto fuori di lui e verso il basso all’interno di lui. L’Esterno e l’Interno. Contemporaneamente. 

Ed è questo che gli dà il tremore, non la paura badate bene, solo il tremore di sentirsi sempre più solo al cospetto di ciò che gli è stato concesso di intravedere e di plasmare. Se ne ha le capacità ed il tempo. E in quei momenti capisce una cosa molto semplice e per molti aspetti tremenda.

Che è entrato e si muove nel regno della complessità. Una complessità relazionale, sistemica, in cui tutto è in ogni cosa ed in ogni cosa è nel tutto.

Solo con questa consapevolezza rispolvera la parabola dei Talenti. Esprimere il meglio di sé sempre e comunque, per sé stesso e quindi per tutti e per ogni cosa e ovunque. Insomma, per l’universo.

La ricerca della Pietra Filosofale è una delle grandi bugie messe in campo per sviare la segretezza dell’agire e la finalità dell’agire stesso. In realtà questa Pietra è solo uno dei tanti gradini che completano l’Opera ed è negli stadi iniziali.

La costruzione del Diamante è ciò che, in effetti, si cerca.

Intendiamoci bene, il Diamante non è quello cui solitamente si pensa o si ammira in qualche vetrina, è un modo di essere, di sapere e di saper fare.

Forse qualcuno ce l’ha fatta. Ma non è necessario che ciò avvenga. E’ necessario invece che in ognuno dei Ricercatori esista il tendere verso questa realizzazione, la realizzazione suprema.

Il passaggio dalla cecità iniziale alla mezza luce del “mezzo del cammìn” non è scevro di conseguenze sulla sua vita relazionale e sulla sua eventuale ricerca o operatività nel mondo profano.

Vedete, solitamente siamo indotti a pensare all’Alchimista come ad un colui che è vissuto secoli fa, ad una figura non più esistente.

Per chi non conosce la Storia della Filosofia Occulta o dell’Alchimia o in generale dell’Esoterismo, la figura dell’Alchimista rimanda un po’ ed erroneamente, alla figura di don Ferrante dei Promessi Sposi. La realtà è ben diversa. La presa di coscienza di una mente tra le menti è l’inizio della vera trasformazione. Ma, intendiamoci sulle menti.

L’Alchimista assegna una mente a tutto e a tutti. Tutto e tutti hanno pari dignità come creature, viventi o non viventi che siano. Solo così riesce a costruirsi una visione olistica. E solo così cresce.

Ma sul problema della mente e delle menti solo una piccola cosa prima di concludere.

Secondo il filosofo Searle non è del tutto corretto che la nostra mente possa essere considerata alla stregua del programma di un computer, come affermano i sostenitori più accesi dell’intelligenza artificiale.

Ci sono modi della comprensione umana che sfuggono al programma più sofisticato, e il nostro cervello è una struttura ben più complessa di qualsiasi calcolatore.

Quando si parla di coscienza si fa riferimento a qualcosa che deve rientrare a tutti i costi nel nostro mondo razionale, quindi si parla di processi biologici, fisiologici, fisici, chimici, neurologici, questo perché è nella natura dell’uomo indagare nell’immanente, oltre i processi puramente razionali non si può andare, ci sono i limiti della ragione umana.

Mentre il neuroscienziato Dennett, che si definisce solo filosofo, non ritiene che ci sia una sostanziale differenza tra il modo di operare di un calcolatore e quello del cervello umano.

In entrambi i casi si tratta di sistemi fisici (composti da un certo numero di sottosistemi).

Non ha importanza il tipo di materiale con cui tali sistemi sono costruiti, bensì la funzione che essi svolgono.

Dice infatti: “Se il Sé è soltanto il Centro di Gravità Narrativa, e se tutti i fenomeni della coscienza umana rappresentano soltanto i prodotti dell'attività di una macchina virtuale realizzata con connessioni variamente modificabili del cervello umano, allora, in linea di principio, un robot opportunamente "programmato" con un cervello costituito da un calcolatore al silicio, sarebbe cosciente, avrebbe un Sé”.

Quindi la qualità dell'essere coscienti, per lui deriva unicamente da un certo tipo di organizzazione funzionale, e non dal fatto che si abbia a che fare con un cervello organico piuttosto che con un cervello costituito da un calcolatore elettronico.

"Se vogliamo un'analisi adeguata della creatività, dell'invenzione, dell'intelligenza, questa dev'essere analizzata e quindi scomposta in parti tali che in nessuna di esse vi sia intelligenza".

Lo scienziato-uomo può arrivare anche a questi punti, ovviamente discutibili.

Ma io sono certo che in altri contesti (ad esempio quelli etici) occorrono ben altri modelli, non legati al dominio della teoria dell'informazione e dell'intelligenza artificiale.

L’Alchimia è arrivata molto più in là senza perdere mai di vista l’oggetto delle proprie riflessioni e delle proprie contemplazioni.

Come avrete certamente capito, le due stanze ideali con in mezzo la porta di comunicazione, di cui vi ho parlato, non sono necessariamente fisiche.

Nel mio caso, come del resto per alcuni altri che conosco, sì esistono a grandi linee anche fisicamente, ma più spesso rappresentano dei momenti esistenziali, tre per l’esattezza.

Il primo quello dello studio, da solo o con altri per un approfondimento e scambio di idee.

Ma prima di varcare quella porta di separazione o di unione, è necessaria una profonda meditazione per verificare internamente l’appreso ed il compreso e per riconoscere le motivazioni e gli obiettivi nell’ovvia considerazione della propria impotenza nello svolgere quanto ci si è prefissati, sia come metodo sia come meta: è il secondo momento. Poi all’improvviso, ed ecco il terzo momento, compare qualcosa che si crea in modo autonomo. 

Personalmente mi si visualizza un foglio di carta per musica su cui si disegnano schemi o grafici o formule. Tutto qua. Come facilmente capite, spesso il merito di ciò che si fa non è così facilmente attribuibile. E visto che siamo arrivati al punto cruciale, desidero solo ricordare che tra le tantissime cose che Feynman ci ha lasciato ci sono due piccole frasi che meritano più attenzione di quanto non sembri a prima lettura:

"Stranamente molti non credono che nella scienza ci sia posto per la fantasia… una fantasia diversa da quella dell’artista e che consiste nel cercare di immaginare qualcosa che mai a nessuno è venuto in mente".

"Io vivo sempre senza risposte. È facile. Quello che voglio sapere è come si arriva alla conoscenza. È proprio questa libertà di dubitare, ad essere fondamentale nella scienza e, credo, in altri campi".

Questi pensieri sono luci indirizzanti permanentemente accese e che fanno tanto riflettere.

In ogni caso, almeno per me e per le mie ricerche fino ad oggi. E spero anche per l’avvenire.









mercoledì 21 giugno 2023

Energie dell’Eggregore

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Dystopic Art Pollution


Le energie dell'Eggregore

Jean Louis Bernard sostiene che il termine provenga dai libri sacri degli Hurriti di Cilicia da cui poi passò all’Aramaico, all’Ebraico e al Greco. Gli eggregori corrisponderebbero agli angeli guardiani dei punti cardinali nel Libro di Enoch (testo etiopico) “coloro che vegliano il trono della gloria divina”, ma anche a quelli che si unirono alle figlie di Seth (Genesi, VI).

Il significato del termine sarebbe appunto “colui che veglia” con una probabile origine egizia da “gergu” o “ger-re” = silenzioso, con riferimento “ai reggenti invisibili e silenziosi dell’umanità, sulla montagna sacra”(Les Archives de l’insolite, Dauphin, Paris 1971, pagg. 140-142).

Introduzione

Uno degli aspetti maggiormente rilevanti nel lavoro in catena (più individui fra loro “legati” da contemporanea ed identica operatività), è l’eggregore e il rapporto invasivo e permanente che esso stabilisce fra e con i membri della catena stessa.

Gli aggettivi invasivo e permanente non sono utilizzati qui alla leggera, in quanto si riferiscono all’azione che l’eggregore esercita, a prescindere della consapevolezza o meno degli appartenenti alla catena, nell’identico modo in cui i fluidi trovano passaggio all’interno dei vasi comunicanti.

Ognuno di questi argomenti sarà in seguito sviluppato, in cagione della mia esperienza personale.

Eggregore è un termine che deriva dal greco εγρεγοριεν. Può essere tradotto con i verbi vegliare o vigilare, e concettualmente lo rinveniamo per la prima volta nel libro di Enoch, in riferimento ad entità ultraumane che governavano i destini della terra per ordine divino.

Alcuni passi tratti da Enoch etiopico:

  • (Loghion 3) Semyaza, che era il loro capo, disse loro: ” Io temo che voi non siate concordi per compiere questa azione e io solo dovrò pagare la pena di un grande peccato “.
  • (Loghion 4) E tutti gli risposero e dissero:” Facciamo un giuramento e leghiamoci tutti con imprecazioni comuni” .
  • (Loghion 5) Tutti insieme prestarono il giuramento e si legarono l’un con l’altro con mutue imprecazioni.

Abbiamo qui rappresentati tutti gli elementi individuanti un eggregore. Più operatori, uniti da una comune ritualia, esercitata all’unisono, e finalizzata al conseguimento di determinati obbiettivi. L’eggregore così costituito si pone in posizione mediana fra il mondo superiore divino, e il mondo naturale, risultando vincolante, nel bene e nel male, per coloro che ad esso si sono reciprocamente e consapevolmente legati.

Una corda dal triplice nodo viene costituita: del singolo verso l’Eggregore, dell’Eggregore verso il singolo, e tramite questo verso gli altri operatori.

Quasi andato perduto, oppure secretato, il concetto di eggregore o eggregorio, è stato, nell’esoterismo moderno, introdotto da Eliphas Levi come un qualsiasi fenomeno di psichismo collettivo volontariamente orientato.

In tale accezione l’eggregore è un generato dalle singole menti di un gruppo, quando esse sono coscientemente unite per il perseguimento di un comune obbiettivo. Ogni volta che ricorrono i requisiti di un numero di individuidi superiori ad uno, e la volontà emotiva o psichica di interazione, l’eggregore sarà formato, anche se tale realtà sovraindividuale si dissolverà presto, se non vi è un’azione continua a mantenerlo in vita.

Nel caso in cui gli individui volontariamente e consapevolmente, seguiranno regole di condotta, di proiezione, e di alimentazioni comuni l’eggregore vivrà nei secoli, fino ad arrivare ad avere propria volontà e intelligenza.

Ecco quindi un distinguo legato alla perdurabilità dell’evento psichico, che nel caso di religioni, o particolari ordini magici, sopravvive ai suoi stessi genitori. Anche se è doveroso constatare che certe manifestazioni psichiche, apparentemente circoscritte nel tempo, altro non sono che irruzioni sul piano dei fenomeni grossolani, da parte di realtà eggregoriche che oramai hanno sviluppato un’assoluta indipendenza volitiva.

Il perchè dell’Eggregore

Un eggregore ha la ragion iniziale, d’essere, di avere un’efficacia maggiore della sommatoria delle singole volontà e forze psichiche dei membri del gruppo da cui trae vita. In quanto l’interazione fra l’eggregore e i componenti, e i componenti e l’eggregore, attraverso una reciproca influenza sottile porta da un lato a non disperdere le volontà psichice individuali, ma a raccoglierle in un locus magico, e dall’altro lato al plasmarle in un tutto unico che diviene sommatoria di forze e mitigazione di debolezze.

Le dinamiche di interazione positivamente stimolano ed aiutano i singoli, ma soltanto nella misura in cui essi sono conformi all’obbiettivo originario, che costituisce la ragione della formazione e sviluppo dell’eggreggore.

Dobbiamo immaginare l’eggregore sia come un lago a cui pervengono numerosi rivoli d’acqua ( fase di accumulo), sia come un’anfora che distribuisce il proprio contenuto in dei calici ( fase di ridistribuzione).

La prima e la seconda fase sono intimamente collegate, in quanto si riceve nella misura in cui siamo capaci di donare, e viceversa. L’egreggore ha inoltre funzione di rettificazione dei singoli spettri psichici, includendo anche la capacità di “staccare” colui che è troppo inquinato nella volontà o nella fisicità, e che risulterebbe veleno per gli altri componenti.

L’eggregore stimolerà sia individualmente che collettivamente tutte quelle facoltà nel gruppo che consentono la realizzazione degli obiettivi del relativo programma originale.

Se questo dinamico processo di interscambio, è continuativo e fecondo, allora l’eggregore acquisirà, come detto, una propria volontà e vita, disgiunte da quelle dei padri dello stesso, permettendo la sopravvivenza dello stesso, alla loro dipartita fisica, in piani sottili e collettivi della psiche umana. Ecco spiegato il motivo per cui determinate istituzioni come la Chiesa sopravvivono nei secoli, come arche imperiture che attraversano oceani spesso tumultuosi, con il loro carico di simboli, liturgie e rituali.

E’ possibile dare vita ad eggregori che hanno come finalità quella di essere corsia preferenziale verso altri egregori, e ciò in virtù di una più chiara ed essenziale comprensione delle dinamiche energetiche, dei riferimenti e dei valori simbolici, che animano i secondii: i quali, benchè di maggior consistenza psichica, e di durata, sono comunque costituiti anche da un ventre molle, di pensieri ed energie in essi riversati in modo non consapevole, o non del tutto consapevole.

La necessità di determinate strutture di alimentarsi psichicamente nei secoli, ha costretto le stesse ad avere una realtà concentrica ( anelli esterni limitatamente consapevoli, ma numericamente imponenti, anelli interni consapevoli ma numericamente esigui ), dove chi possiede le adeguate chiavi può interfacciarsi per perseguire finalità non necessariamente coincidenti con quelle degli altri anelli della struttura medesima.

Conformità all’eggregore

Colui che decide di lavorare con un Eggregore, di esserne parte donante e beneficiante, troverà maggior utilità e beneficio, attraverso una progressiva conformità allo stesso. Al riconoscimento iniziale, a cui segue l’accettazione ed infine il lavoro, l’operatore dovrà progressivamente assimilare attraverso il fisico ( gesto, verbo, e pratiche di esercizio della volontà ), e l’intelletto ( studio delle radici storiche, simboliche e magiche ), quanti più elementi costitutivi la forma eggregorica.

In seguito attraverso la pratica temporale, ( lavorio passivo ), e la ri.flessione ( lavorio attivo ), dal fisico e dall’intellettuale si filtra verso il sottile, e di converso il sottile spiritualizza i primi due. Pressione interna verso l’esterno, ed esterna verso l’interno, che trovano compimento nella perfetta unione fra essenza del singolo, ed essenza dell’eggregore.

Quanto sopra deve essere un serio monito a tutti coloro che coscientemente operano immersi in una realtà eggregorica, a non alterare il rito di unione e alimentazione, attraverso l’innesto di innovazioni spurie rispetto all’apparato magico-simbolico, da cui esso trae origine. Ad esempio l’inserimento di simboli legati alla tradizione induista, nel cerimoniale liturgico della messa cristiana, rappresenterebbe un’altalena fra lo stolto, l’inutile, il sovvertimento energetico, e la degenerescenza totale.

Come il nostro sistema circolatorio è suddiviso fra sistema arterioso e sistema venoso, così ogni costrutto tradizionale magico è formulato nel corso dei millenni, per operare con determinate correnti astrali, e non con altre. Alla stregua del nostro corpo, sicuramente, se avverte dei corpi estraneei, solleciterà il proprio sistema immunitario ad intervenire con danno e disgrazia dello sprovveduto manipolatore. Abbiamo visto che la parola Eggregore significa “insieme”o “gruppo”. In entrambi i casi abbiamo una serie di relazioni che legano i singoli gli uni con gli altri, e con l’insieme stesso.

Maggiore è l’estensione dell’eggregore, maggiore è il numero di relazioni (permutazione); ma non necessariamente essi hanno identico grado di intensità; oppure non perchè un eggregore è numericamente più rilevante di altri, esso è maggiormente potente. Potente dal latino Potentem; che significa autorità e capace di effetti.

Ne discende che quanto maggiore sarà la coesione fra gli elementi dell’eggregore, e quanto maggiore sarà la “potenza”, raccolta ed espressa nell’Eggregore.

Osserviamo che questa coesione può non essere solo di finalità/risultato, e quindi di orientamento, ma anche inerente le qualità intrinseche dei partecipanti, e quindi essenziale. Un gruppo di terapeuti sarà orientato alla guarigione, e quindi possiamo scorgere la prevalenza della focalizzazione sull’obiettivo, mentre un circolo o un ordine teso alla catarsi nel divino richiederà anche una serie di condizioni preliminari non solo contingenti.

La purificazione ad esempio è un elemento necessario in entrambi gli esempi proposti, ma l’affiliazione o iniziazione comune sarà necessaria solamente nel secondo caso portato ad evidenza. In quanto sarà proprio il percorso informativo e formativo comune, ad affinare le qualità elettive comuni alle singole anime, e permettere alle stesse di ardere all’unisono, nella catalizzazione e amplificazione eggregorica, in un potente fuoco spirituale.

Eccoci giunti ad un altra considerazione: vi sono eggregori permanenti che si dispiegano nel tempo e nello spazio, ove i singoli giunti al compimento del proprio mandato terreno sono sostituiti da altri (abbiamo in mente la “riga spartana” ove il giovane assumeva le insegne del caduto?); altri invece che per novella occasione, o per brevità di esistenza tale dispiegamento non possono vantare e pretendere.

Per meglio suggerire quanto sopra si potrebbe raccomandare la lettura di autori come Weber e Pareto, e le loro osservazioni sulle strutture e la perpetuazione delle stesse attraverso i meccanismi di ascesa verticale e di selezione.

“L’agire di comunità, dando luogo ad una associazione, viene a configurarla nelle forme di ‘ corporazione’ . Una cerchia di persone legittimate monopolizza la disponibilità dei relativi beni, doveri e posizioni di natura…” (Weber)

Un novello eggregore dimostra la propria azione nel pretendere maggiori risorse dai suoi adepti, dai suoi legati: non è raro riscontrare in ciò quanto Camus ebbe a dire della folla intesa come animale irrazionale.

E non è altrettanto raro, consultando la storia e la cronaca, scrutare gli effetti di queste temporanee aggregazioni. Si tende spesso a dimenticare che gli uomini fra loro sono profondamente diversi sotto il profilo psichico ed emotivo, ed anche in ambito iniziatico non è raro che molti siano pronti ad ascoltare colui che ha maggior carisma, perdendo nel gruppo ogni aspetto distintivo.

Questo annichilimento è ben diverso dalla catena d’amore, di unione che viene innalzata fra fratelli e sorelle consapevoli, in quanto riduce i componenti della catena a mere batterie, completamente affascinate ed ipnotizzate dal potere magnetico di colui che è tramite e veicolo delle energie eggregoriche, quando non è esso stesso in balia delle potenze evocate e cristalizzatesi nel gruppo.

Alimentazione dell’eggregore

Ogni piano del dispiegamento polare della manifestazione impone leggi e necessità agli attori, che su esso trovano collocazione. Se su questo piano la catena alimentare impone l’assorbimento di energia condensata in materia, sul piano astrale il nutrimento è rappresentato da correnti psichiche ed emozionali.

Preghiere, pensieri, atti di volontà magica, ma anche emozioni debitamente canalizzati rappresentano cibo per l’eggregore, ed è in base ad esso che lo stesso prenderà connotazione ed inflessione. Se può non turbare la buona coscienza di taluni la preghiera, i salmi, e le visualizzazioni, atti a tali scopo, non di meno non possiamo ricordare come altre due pratiche sono nei secoli state utilizzate per ingrassare le forme psichiche: la pratica del sangue era ben conosciuta agli antichi romani, che solevano propriziarsi gli dei attraverso rituali cruenti, dove sacerdoti sacrificavano animali puri nati sotto buoni auspici.

Ancora non possiamo non attribuire anche al sangue il particolare vincolo astrale, che ha legato la nazione ebraica. Unico popolo a sussistere nel corso dei millenni senza una terra, ma grazie alla perpetuazione di riti, fra cui quello della circoncisione di “innocente”, tramite lama di selce.

Leggiamo dal loro testo sacro: “

  • Esodo 4:25 Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sangue».
  • Esodo 4:26 Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.
  • Giosuè 5:2 In quel tempo il Signore disse a Giosuè: «Fatti coltelli di selce e circoncidi di nuovo gli Israeliti».
  • Giosuè 5:3 Giosuè si fece coltelli di selce e circoncise gli Israeliti alla collina Aralot.

La pratica della sessualità magica, con finalità proiettive, risulta essere un alimento potente, e anch’esso conosciuto in antichità tramite la corrente dionisiaca, al fine dell’alimentazione dell’Eggregore. Il mito ci tramanda di sacerdotesse adeguatamente educate, al fine di indirizzare le potenti correnti magico sessuali verso la particolare forma divina.

Sacrificio di Sangue, e Sacrificio di Seme, del resto sono intimamente legati sia per la natura degli elementi utilizzati, sia per quanto è ad essi emozionalmente correlato. Gli alchimisti taoisti ricordano al saggio come una goccia di seme sia il frutto di cento gocce di sangue, e quindi della rara potenza in esso contenuta.

Il sangue è vita, e il seme da la vita rappresentando il terzo logos gnostico, ma morte e sesso si contornano di emozioni, sensazioni, cristalline nella loro luce od oscurità, che in definitiva si può riassumere con il termine di basilare essenza.

Chiunque abbia operato con tali ataviche forze, comprende bene come esse rappresentino un valido alimento per un’entità psichica, ma altresì intuisce come se solo questo è il cibo somministrato, allora l’entità che si andrà a creare si plasmerà attorno a forze legate al basso astrale ( emozioni ), e telluriche ( sangue e seme ), dando vita quindi ad un egregore potente, quanto vorace e caotico. Il rapporto iniziato- eggregore è simile, a mio avviso, a quello di due amanti passionali, feroci,voraci e guardinghi.

Indubbiamente non tutti sono in grado di aprirsi la strada e camminare da soli, e non tutti hanno risorse energetiche tali da permanere lungo un sentiero, qualsiasi esso sia. Proprio in virtù della varietà di sentieri e strutture, è utile interrogarsi su ciò che è richiesto come requisito, e ciò che è richiesto come pratica, onde evitare che l’ente eggregore, da utile alleato, si trasformi in incubo individuale e collettivo.

Il Governo delle Energie

La Religione Cattolica, come ben sappiamo, è costituita dal corpo dei fedeli, e dal corpo vescovile, di cui i preti sono coadiuvatori. In tale ambito è quindi il corpo vescovile, e chi ha da loro delega, che possono indirizzare le energie dell’Eggregore. Prendiamo come esempio i sacerdoti esorcisti, che sono tali proprio in virtù di una delega e una preparazione adeguata ricevuta.

 
Tutto ciò si chiama Governo delle Energie dell’Eggregore.

Per Governare delle Energie, si necessita anche di energie (tautologia); queste possono essere rappresentate da una serie di componenti emotive, psichiche e sottili che sono il frutto sia della massa dei fedeli, ma anche della continua riproposizione dei riti e delle cerimonie, e del pathos che esse comportano. Per questo molti hanno a sostenere che l’abbandono del messale tradizionale, ha comportato un indebolimento della Chiesa stessa.

Pensiamo alle campane che suonano tutte le ore, le messe che quotidianamente, più volte al giorno sono celebrate, oppure le solennità dei riti durante determinate fasi di passaggio, o il dramma partecipativo della via Crucis. Potrei continuare, ma non voglio tediare oltre il lettore con esempi che la nostra cultura e formazione ben ci pone alla presenza di noi stessi.

Ovviamente Energie e volontà di Governo, non comportano automaticamente un governo, affinché ciò avvenga è necessaria l’esistenza delle regole di governo, che permettono da un lato di stabilizzare l’Eggregore, di determinare le modalità e la modulazione di accesso allo stesso, e di indirizzarlo.

Per questo nella Chiesa Cattolica è esistita da sempre una duplice “verità”: la fede per i fedeli, la teologia/conoscenza per i vescovi.

Sempre nella stessa Chiesa Cattolica, che appare come un macroinsieme di realtà fra loro idealmente e simbolicamente ordinate, è da evidenziare l’enorme varietà di strumenti e pratiche poste a disposizione di fedeli e sacerdoti.

A rigor vorrei anche ricordare tutti gli esercizi spirituali, o le messe individuali e private, svolte dalle varie componenti del corpo vescovile, dei vari ordini monastici, e dei sacerdoti in genere. Energie queste poi sintetizzate, accumunate, ed indirizzate, che trovano quindi completa ricomposizione all’interno del macrocorpo, e permette allo stesso di perdurare nei millenni.

Per questo la struttura liturgica cattolica, il suo fondamento apostolico e gerarchico, è stato largamente imitato da varie strutture iniziatiche.

Il Governo delle Fnergie è frutto di una duplice coesione all’interno della struttura stessa.
Una coesione fra l’individuo e l’Eggregore stesso, ma anche una coesione fra i vari membri della catena. Ecco quindi emergere prepotente l’aspetto della selezione, che si riverbera non solamente nella fase di associazione del “profano”, ma anche nella sua ascesa vero la luce.

Ovviamente più l’iniziatore, l’anziano, si sente in dovere di “dare la luce”, di accogliere, più i requisiti tendono a slittare da un piano sostanziale ad un piano meramente formale, e nel volgere di breve a sovvertire la struttura stessa.

Conclusioni

Da quanto sopra emerso mi permetto di riportare come l’affinità che unisce gli anelli dell’Eggregore, non deve essere limitata solamente all’esteriorità dell’Opera da compiere, qualunque essa sia, in quanto come sappiamo essa può essere costituita da una per una pluralità di motivi. Inoltre questa affinità, per la reale coesione del gruppo, si deve fondare anche su di un armonico equilibrio delle energie. Onde evitare sia casi di inutile allungamento della catena, che porterebbe a dispersione delle energie, ma anche a casi di contagio fra i vari anelli della catena.

Nel corso di anni dedicati al lavoro in gruppi, ho osservato come la necessaria scelta degli operatori sia condizione necessaria non solo alla riuscita delle operazioni, ma anche alla preservazione degli operatori stessi. Operatori che non devono essere dei semplici esecutori, ma valenti e assidui studiosi delle ragioni e reazioni occulte, che legono gli uni agli altri.

Durante un qualsiasi lavoro in catena l’eggregore sviluppato, svolge funzione canale che unisce i vari componenti del gruppo sommandone pregi e difetti, in una nuova realtà. Mi è stato dato di osservare come anche la più solare delle persone, se immersa in un intorno legato alla lunarità, a poco a poco viene travolta dalle acque limacciose esterne ed interne, e ciò in rispetto a due principi di assonanza magica, la contiguità e la simpatia: il vicino agisce sul vicino, e il simile agisce sul simile.

Il seme eggregorico è particolare, in quanto esso prende le qualità del terreno in cui è piantato, ed una volta mal germogliato difficilmente può essere sradicato, mentre facilmente la pianta buona può guastarsi. Come un bimbo in pieno sviluppo, così il giovane eggregore cercherà nutrimento costantemente, mentre il maturo avrà più metodiche attese e pretese, ed ancora se sfamato con cibo eccitante ed inebriante, sarà a sua volta eccitato ed inebriato.

Tutto deve essere il frutto di un sapiente equilibrio fra risorse, necessità, e obiettivi. Da qui l’estrema sensibilità e saggezza richiesta a coloro che hanno il compito di vigilare sulla catena, a discapito del proprio ego e a favore della salute dell’Eggregore, e dei fratelli ad esso uniti. La funzione di governo e vigilanza, dell’Eggregore, può essere esercitata da un singolo, oppure da una collegialità variamente abile e abilitata.

Maggiore è la logica dell’insieme rituale (anche accendere una candela è un rito), maggiore è il carisma e la congruità degli uomini del Governo all’Eggregore stesso, e maggiore sarà la capacità di indirizzarlo in modo efficace ed efficiente. In altre parole vi deve essere sia una logica di insieme, che una logica di prospettiva, onde legare l’insieme alla funzione verso cui è impiegato.

Quando sfugge tale duplice logica, nei fatti il governo stesso dell’eggregore si perde.

di Filippo Goti




venerdì 16 giugno 2023

Il Rebis - L'Androgino Alchemico


Il Rebis - L'androgino Alchemico


«Il mito dell'androgino illustra una credenza abbastanza diffusa: la perfezione umana identificata con l'Antenato mitico, comporta un'unità che è allo stesso tempo una totalità»

Più volte nei nostri studi sul simbolismo, ci siamo imbattuti in simboli doppi, o simboli il cui insegnamento era strettamente legato a quello di un altro, tanto da sminuirne enormemente il significato se analizzato singolarmente; la presenza di tali simboli richiamano la nostra attenzione sul numero due e sulla sua valenza iniziatica. 

Un simbolo che perfettamente racchiude nel suo interno il mistero del numero due è il Rebis.

Il Rebis (da res bina la cosa doppia) è una famosa figura ermetica riportata da vari autori in primis Basilio Valentino nel suo trattato sull'Azoto (1659), e riproposta dal Wirth; 


La figura rappresenta un androgino con due teste, una femminile ed una maschile, che tiene sottomesso un drago alato, con la sinistra tiene un compasso e con la destra una squadra, sul petto riporta la parola Rebis, nel cielo brilla a sinistra il sole e a destra la luna, al centro una Stella Fiammeggiante a cinque punte contenente il simbolo alchemico del Mercurio, lateralmente si trovano quattro stelle a sei punte (sigillo di Salomone) contenente ciascuna il simbolo di Marte e Venere a sinistra, e di Giove e Saturno a destra; l'intera figura sormonta un complicato pentacolo inscritto in un cerchio; il tutto è racchiuso in un ovale.

L'androgino, congiunzione fra energia maschile ed energia femminile «non è un ermafrodita, e cioè una mostruosità biologica, né una sintesi statica degli elementi maschili e femminili, ma è un doppio, una cosa duplice (come dice il suo stesso nome) in cui questi elementi si completano e si esaltano a vicenda, invece di neutralizzarsi, perché sono in stato di equilibrio conflittuale»

androgino agg. e s. m. [dal lat. androgy̆nus, gr. ἀνδρόγυνος, comp. di ἀνήρ ἀνδρός «uomo» e γυνή «donna»]. – 1. In biologia, sinon. di ermafrodito, individuo partecipe cioè dei due sessi. 2. fig. Che ha aspetto fisico e comportamento con caratteristiche proprie di entrambi i sessi: una figura a.; una bellezza androgina. 3. In botanica, fiori a., fiori monoclini i cui pistilli vengono fecondati dal polline dello stesso fiore; pianta a., sinon. di pianta monoica.

ermafrodito agg. e s. m. [dal nome proprio Ermafrodito, gr. ῾Ερμαϕρόδιτος, lat. Hermaphroditus, personaggio della mitologia greca, figlio di Ermete e di Afrodite, che già nel suo aspetto congiungeva i tratti paterni e materni; innamoratasi di lui la ninfa Salmace, questa ottenne dagli dei di potersi confondere con il corpo dell’amato, per cui Ermafrodito divenne un essere ibrido partecipe della natura maschile e femminile].


IL MITO DELL’ANDROGINO

Secondo il mito, i generi degli uomini erano tre e non due come ora. Oltre all’uomo e alla donna infatti esisteva un altro genere, chiamato androgino. Questo essere era formato o da una donna e un uomo, o da due donne, o da due uomini. 

Era di forma tondeggiante, con i dorsi attaccati tra di loro e disponeva di quattro braccia, quattro gambe,due organi genitali, un collo e una testa, costituita da due volti che guardavano in direzioni opposte. Questi esseri erano terribili per forza e vigore ed erano molto superbi, tanto che un giorno decisero di scalare l’Olimpo. Allora Zeus, insieme agli altri dei, tenne un consiglio per decidere sul da fare. 


Rimasero nel dubbio, perché non potevano semplicemente ucciderli come i giganti, perché in quel caso sarebbero scomparsi anche gli onori e i sacrifici, ma non potevano neanche fare finta di niente davanti a quell’affronto. Dopo una lunga meditazione, a Zeus venne un idea. 

Egli disponeva di un mezzo in grado di dividere gli uomini in due, di modo che diventassero più numerosi, ma anche più deboli e quindi non più in grado di affrontare gli dei. 

Detto ciò, Zeus divise in due tutti gli esseri umani e incaricò Apollo di risanare tutte le parti e di rivoltare la faccia e il collo verso la parte del taglio, di modo che l’uomo, vedendo il taglio, diventasse più mansueto.

Così Apollo ubbidì all’ordine di Zeus e rimodello tutti gli uomini, rivoltandone la faccia e tirando da ogni parte la pelle sul ventre e legandola nel mezzo, facendo una specie di bocca, che si chiama ora ombelico. 

Da quel giorno, ogni uomo iniziò a cercare la controparte che lo completasse, tentando di riunirsi come erano un tempo. 

Questo vale sia per le coppie eterosessuali, che per le coppie omosessuali che vengono anche esaltate. Infatti questo mito è la base per spiegare le diverse tendenze sessuali in generale.

 La caratteristica interessante del discorso risiede nel fatto che la relazione erotica fra due esseri umani non è messa in atto per giungere a un fine quale potrebbe essere la procreazione, ma ha valore per se stessa, prescindendo così dalle conseguenze.

Bisogna chiarire che questa visione dell’ amore non era quella di Platone, ma viene messa in bocca ad Aristofane perché probabilmente era il punto di vista del poeta ateniese.

Il messaggio di questo mito è che Eros equivale al desiderio di colmare una mancanza, nella fattispecie la mancanza della persona che, se si unisse a noi, ci farebbe sentire di nuovo completi e appagati.

 Il Rebis Ed Il Mistero Della Cosa Una



Ermete Trismegisto, il leggendario fondatore dell’alchimia, addita il mistero primordiale della natura, il principio del fuoco, che avvolge nella sua quadruplice fiamma gli opposti essenziali: sole e luna, maschio e femmina, zolfo e mercurio , che danno luogo all’unità androgina in ogni atto di concezione e nascita in natura. 

Essi circondano la terra concentrando su di essa le influenze astrali, e nel centro della terra si combinano in un triangolo, o piuttosto, tridimensionalmente, in una piramide, che è la forma del cristallo di sale (sia dei sali marini, sia degli allumi minerali, femminili). 

Il lato destro del triangolo corrisponde al principio sulfureo maschile, il lato sinistro al principio mercuriale femminile e la base del triangolo al principio salino. 

La figura contenuta all’interno allude alla quadratura del cerchio, simbolo dell’androginia. La progressione va perciò dal triangolo al quadrato e infine al cerchio. La natura opera nello stesso modo in tutti e tre i regni, quello aereo, quello vegetale e animale, e quello minerale, perché in ciascuno di essi l’armonia deriva dallo stesso accoppiamento di opposti, dalla stessa congiunzione dei principi solare e lunare . 

La congiunzione può essere raffigurata da un serpente (la natura) con la testa di leone (che divora il fuoco e la putrefazione) e la coda a forma di testa d’aquila (volatilità), nell’atto di estrarre da se stesso l’invisibile e impalpabile rugiada interna che dà compattezza agli elementi più sottili del corpo.

In essa è racchiuso il potere del sole e della luna, che il serpente stringe fra le sue spire .
































Il processo è triplice. Esso inizia con una fase androgina embrionale che, nel caso dei metalli, corrisponde all’impregnazione di un terreno nitroso e salino da una parte di un vapore corrosivo e acre (Zolfo e Mercurio). I due principi vengono raccolti insieme dalla luce solare che penetra nel terreno sotto forma di rugiada. 

La stessa rugiada che nutre la vita delle piante attiva questo processo di volatilità sotterranea. Il prodotto è detto “materia prima”, o “Rebis”, o “Androgino di Fuoco” (poiché entrambi i principi sono acri e brucianti), o “Adamo” (poiché entrambi sono il principio primo della generazione nel mondo minerale).

Isaac Newton preferiva chiamarlo “Caos”. Paracelso, scherzando, lo chiamava l’”Albero-con-la-Mela” o “Seme Ragazza (sale) e Polpa Ragazzo (zolfo)” (il re e la regina accanto all’albero). La polpa col tempo marcirà o brucerà, per essere infine ricreata della sostanza della Ragazza (le lune). La radice di questo processo viene spesso indicata come il Drago Velenoso. 

Nell’Androgino vediamo una nuvola di teste caprine, dalle cui barbe si innalzano un ragazzo e una ragazza che si avvolgono a spirale intorno alle gambe dello stesso. Tale significato simbolico viene associato alla capra in India, dove la parola aja (“capra” in sanscrito) significa anche “non ancora nato” e dunque “natura” (che sottoterra è fetida e ribollente).

Perché non è possibile identificare questa sostanza con un unico nome? Perché essa non è necessariamente cinabro, o antimonio solforato, o alcun’altra sostanza in quanto tale. Cercare l’equivalente chimico dell’Androgino di Fuoco è dar la caccia ai fantasmi. 

L’androgino è una situazione globale, che “accade” quando il principio della luce, del sole e della luna, viene catturato da un terreno aspro e velenoso e comincia a fermentare. Nella seconda fase entrano in opera i vapori di salnitro, che corrodono e affinano l’androgino. 

L’androgino ora gonfia la terra e soffia via i vapori che l’hanno penetrata, purificandoli nel corso del processo e rendendoli fluidi. Questa fase viene detta il “bagno dell’androgino” o della coppia regale. Essa è seguita dalla terza e ultima fase, in cui dal marasma emerge una pasta vitrea e viscosa, detta la “Pietra dei Filosofi”, o la “Perla”, o l’”Occhio del Pesce”, o il “Primo Magnete”, perché attrae dal terreno circostante tutto ciò di cui abbisogna.

Gli alchimisti danno alla sostanza che compatta i principi femminile e maschile in natura il nome di “resina”, e ritengono che essa sia la forma energizzata del principio sulfureo. August Strindberg, nel suo trattato Antibarbarus (Berlino, 1894), descrive come individuare la resina nella trementina, nella guttaperca, nello zolfo comune riscaldato in una padella, e nell’oro nascente. 

La resina è semplicemente la dimostrazione di una perfetta amalgamazione dell’androgino, che dà luogo alla pura essenza fluida dell’oro (non si tratta dell’oro comune, che non è altro che la traccia nella materia inerte di una perfetta amalgamazione resinosa androgina). 

La figura tratta da Urbigerus mostra la sostanza androgina a sinistra nella sua prima fase, e a destra nella sua seconda fase dopo un bagno in quella che sembra essere resina che cola da un buco dell’albero (l’analogo dell’albero della vita nel mondo dei metalli). 

Il buco dell’albero può essere rappresentato anche come un leone verde che morde il sole, specialmente quando l’opera di trasformazione è compiuta sul regulus di antimonio. 

I vapori dell’androgino vengono raccolti allo stato fluido da una fornace in cui sono riprodotte le condizioni della seconda fase. Il processo è raffigurato da un uomo fiammeggiante (il minerale) e da una donna che addita il leone e il sole simbolici, e paragona l’estrazione dei fluidi all’ascesa della linfa in un albero.

La terza fase può essere rappresentata dalla nuova sostanza che riposa in grembo alla madre, da un embrione che gonfia il ventre dell’androgino dopo le abluzioni della seconda fase , o da un figlio androgino .

Si fornisce un’immagine globale della visione alchemica dell’operato della natura, sotto forma di due processi principali: a sinistra la calcinazione dei corpi e a destra la distillazione delle essenze (anime e spiriti). Ciò vale per tutti i regni naturali, ma è particolarmente facile da illustrare nel caso di una pianta. Gli oli eterici sono l’anima solare (zolfo) della pianta, l’alcol ne è lo spirito lunare (Mercurius). 

Questi due principi sono mostrati come maschio e femmina che entrano nella caverna di Ermes accompagnati dai loro leoni. La pianta viene schiacciata, gli oli vengono separati e gli spiriti vengono distillati in una storta (il pellicano). I vapori che s’innalzano sono rappresentati da un’aquila in volo verso il cielo, che li porta negli artigli come mondo dell’anima e mondo dello spirito. Nell’alto dei cieli, nella fase finale dell’opera, essi si fondono e formano la Colomba dell’amore perfetto.

Alla sinistra dell’albero della vita, il residuo oscuro della pianta, che resta sul fondo dell’alambicco (il corvo), viene cotto dal fuoco di marte, U, finché perde il proprio carattere plumbeo (il segno di Saturno W) e acquista una sfumatura di stagno (il segno di Giove V) il colore argenteo della cenere (il cigno bianco). 

Le ceneri sono trattate con resine e fuoco, finché il loro sale libera la propria “umidità radicale” (come avviene per le ceneri usate nella produzione del vetro). Questa è rappresentata dal pavone con la coda costellata di occhi, e in maniera ancor più appropriata dalla Fenice, che si nutre di resine e si brucia per poter rinascere. 

La Fenice risorge dalle proprie ceneri portando negli artigli due mondi (la terra e il fuoco del processo) e, nella fase finale che ha luogo nell’alto dei cieli, diviene il puro agnello del sacrificio. Qui il corpo calcinato (la Fenice morta) viene saturato dalla tintura fluida (la Colomba morta), finché le due essenze si fondono nella Pietra della Pianta (la Pietra Filosofale), che è la pianta nella sua forma più pura ed essenziale. Shakespeare scrisse una poesia su questo tema, The Phoenix and the Turtle (La Fenice e la Colomba), in onore dei due uccelli morti e divenuti un’unica essenza.

Un disegno indiano allude all’eterno processo di androginizzazione vivificante che avviene nell’atmosfera, mostrandoci il congiungimento a mezz’aria dell’acqua e del fuoco. 

Secondo l’alchimia, l’umidità terrestre, sospesa nell’aria e impregnata dei raggi della luna, si scioglie nei raggi del sole dando vita a due essenze androgine sottili: Mercurius, l’essenza delle trasmutazioni, e il sale, agente della fissazione. Insieme, dopo aver dato vita alle piante sotto forma di rugiada, esse penetrano nella terra, dove diventano il seme dei metalli. 

Vale la pena di notare che il fuoco e l’acqua nel disegno hanno otto braccia: la fusione può avvenire solo tramite un doppio incrocio. In una società stabile i matrimoni incrociati fra cugini tendono ad essere istituzionalizzati, e corrispondono al passaggio di un’affermazione superficiale dell’androginia a una più radicale e totale. Ciò spiega forse anche perché l’anomalia dei gemelli siamesi ermafroditi, con i loro doppi organi sessuali in ordine scambiato, non è del tutto sgradevole all’occhio.

Anche l’immagine rinascimentale dell’androginizzazione c’insegna la fusione tramite incrocio . La reciproca bramosia dei due opposti (simboleggiata dal cane) genera una spirale (rappresentata dalle spire del serpente, dalla catena tirata in direzioni opposte dai due cupidi e dal motivo delle viti avvolte sui loro sostegni nello sfondo). 

Ciò è possibile perché, mentre la spinta solare, raffigurata dai piedi alati dell’uomo, mantiene il maschio contratto nello sforzo (a ciò allude l’uccello con le ali chiuse che la donna innalza sopra la sua testa), la donna diviene volatile (com’è indicato dall’uccello con le ali spiegate che l’uomo regge sopra la testa di lei). La fusione androgina s’innalza a spirale solo in presenza di correnti incrociate, proprio come avviene per l’effettivo chiasma dei nervi ottici nel cervello. 

C. G. Jung ha sottolineato che in ogni intimo incontro fra un uomo e una donna vi è sempre uno scambio incrociato, che coinvolge l’uomo e la sua anima femminile, Anima, da una parte, e la donna e la sua anima maschile, Animus, dall’altra.

La Brhadaranyaka Upanishad (IV.3.21) dice che “come nelle braccia di una donna amata perdiamo ogni distinzione fra l’esterno e l’interno, così l’essere umano (purusha) abbracciato dall’assoluto onniscente (prajnatmana) è soddisfatto in ogni suo desiderio (kama); solo il desiderio dell’assoluto persiste, ogni altro sparisce, così come sparisce ogni dolore”.

La rappresentazione simbolica del matrimonio in Picta poesis di Barthélemy Aneau ci mostra quanto queste idee fossero vive nel Rinascimento europeo. Il marito e la moglie sono uniti da un nodo d’amore e si fondono nell’albero della vita, che è rappresentato anche dalla croce che essi formano con le braccia (Mosè e il satiro, sullo sfondo, rappresentano forse il controllo e gli impulsi, la Legge e la Natura). 

D. Cheney ha notato che la scena assomiglia all’incontro fra Amoret e il marito (che ci ricordano Salmacide ed Ermafrodito) in La regina delle fate di Edmund Spenser (libro III, ed. 1590). Britomart li osserva, “per metà invidioso della loro beatitudine” e “molto toccato dai loro spiriti gentili”: per metà Mosè approvante, per metà satiro adocchiante, ovvero, nel linguaggio di Spenser, in parte devoto di Diana, in parte donna tentata da Venere.

La fusione perfetta era simboleggiata dall’amore fra Ermes e Afrodite , dal quale nacque Ermafrodito. Michael Mayer commenta la stampa dicendo che Ermafrodito corrisponde al Parnaso, la montagna dalla doppia vetta dove Apollo soggiorna con le Muse e attraverso la quale passa l’asse del mondo. Ciò suggerisce la colonna vertebrale dell’Uomo Cosmico e il serpente Kundalini che snoda in essa le sue spire. 

Queste correlazioni fra unione sessuale ed essenza del cosmo in Occidente sono evocate solo tramite velate allusioni in trattati alchemici, come appunto quello di Mayer, ma nei templi dell’induismo esse erano insegnate apertamente.




Su un’incisione , Alberto Magno, maestro di Tommaso d’Aquino, indica un androgino che regge una Y. Alberto, ci dice il testo, rappresenta qui la suprema autorità sia spirituale sia temporale. La Y, come insegna Filone, è simbolo del Verbo che penetra l’essenza di tutti gli esseri. Gli gnostici Naasseni insegnarono che esso rappresenta l’intima natura dell’essere, che è insieme maschile e femminile e, in quanto tale, eterna.

Il globo di Khunrath rappresenta simbolicamente gli insegnamenti fondamentali dell’alchimia. Centro ed essenza della terra è il Caos, che qui appare come androgino (Rebis) che combina contrazione ed espansione, femminile e maschile in una spirale unificata. 

Esso è la forza creatrice della realtà. Gli opposti vengono agganciati e messi in movimento dall’essenza della luce, che prende la forma del principio della Salinità, di una bruciante acredine nelle viscere della terra. La spirale dell’androgino attivato produce la “Coda di Pavone” o “Arcobaleno”: materia fecondata ed energizzata, pronta a generare il seme dei corpi minerali e vegetali.

L’applicazione pratica di questa teoria viene suggerita dall’immagine dell’androgino sul fuoco . La materia prima androgina del regno minerale giace in uno stato di latenza, sotto un sole eclissato e una luna nuova. Per risvegliarsi e crescere, per ricevere i raggi invisibili del sole e della luna, e per trasformarsi in un seme minerale, l’androgino richiede il fuoco della fermentazione. Questo è il precetto generale. 

Nell’effettiva preparazione dei farmaci alchemici ciò significa che due sostanze opposte, come il mercurio e lo zolfo, devono venir saturate con certi succhi e poi macinate fino a formare una polvere nera e fine. 

Tale polvere viene racchiusa in un vaso sigillato e riscaldata a fuoco lento finché fermenta. In questa stampa i corpi congiunti rappresentano le due sostanze, l’oscurità che li circonda è il vaso alchemico, la graticola il “calore di fermentazione” necessario perché la trasformazione possa avvenire. Ancora oggi è possibile vedere questo processo in atto in ogni laboratorio per la produzione di medicine ayurvediche in India. 

Gli addetti praticano di quando in quando un’apertura nel recipiente per esaminare il grado di trasformazione delle sostanze in esso contenute, indicato dai cambiamenti di colore. Nei testi alchemici occidentali questa fase del processo è simboleggiata dalla Coda di Pavone che si dispiega sopra l’androgino. 

Per il mistico, ciò che accade nel recipiente sigillato è la Genesi stessa in scala ridotta. Il processo fu visualizzato in questi termini da Jacob Boehmen in Von der Gnadenwahl (1623): “Adamo, rivestito della suprema Gloria, né uomo né donna, bensì entrambi, temperato con entrambe le tinture, sia come Matrice Celeste nel fuoco procreatore dell’amore, sia come Mascolinità affine al fuoco essenziale” (5:35).

Il processo alchemico di fusione tramite fermentazione è qui rappresentato da un re e una regina che giacciono fianco a fianco, con le loro anime che si librano sopra i corpi nudi . Il fine del processo è lo stesso che si proponevano le coppie di asceti del cristianesimo primitivo: liberare i principi che animano l’essere umano tramite fermentazione e fusione dei corpi sottili.

La materia prima androgina è rappresentata sopra un’urna, le cui quattro sezioni rappresentano i quattro elementi. Le ali ne denotano l’incipiente volatilità, dovuta alla reazione che coinvolge l’energia solare, centripeta, e l’energia lunare, centrifuga (il re e la regina), in un processo spirale di fermentazione. 

Riassumendo il simbolismo del disegno: i principi solare Q e lunare R, compenetrandosi sopra la croce degli elementi + , formano il segno di Mercurio S con le ali della volatilità rivolte verso l’alto.

Le illustrazioni dei testi alchemici ci indicano come gli alchimisti interpretassero l’operato segreto della natura. Questo va dalla fase di ingiallimento (citrinitas) della materia prima alchemica o Uovo Filosofico al regulus (“reuccio”) di antimonio. Il regulus è il metallo purificato per riduzione, che si deposita sul fondo del crogiolo. 

Il regulus stellare di antimonio è noto per la facilità con cui si combina con l’oro. Il disegno alchemico ne riproduce la struttura, associandola allo spirito dell’oro che anima il regulus a livello sottile, rappresentato dai movimenti del serpente. La forma a stella del regulus di antimonio evoca la stella Regulus, situata nel cuore della costellazione del Leone. È perciò forse l’antimonio il leone, il re dei metalli?

Isaac Newton lavorò con il regulus di antimonio, confidando che esso contenesse un forte principio sulfureo, lo Zolfo Filosofico. Lo mescolò con l’argento, ottenendo una massa plumbea che egli ritenne essere una materia prima androgina. A questa massa aggiunse mercurio, affinché estraesse dall’aria Mercurius, lo spirito liberamente fluttuante di ogni trasmutazione.

Newton si attenne scrupolosamente alle criptiche istruzioni dei testi: “dovrai passare attraverso il ferro”, “il ferro era presente nel minerale grezzo originario”, “dovrai usare un magnete”. Mediante una coppa di antimonio è possibile preparare un farmaco in quantità illimitata, semplicemente versando acqua nella coppa: l’antimonio, come un magnete, s’impregna delle influenze libere, vivificanti dell’aria. 

“Dovrai usare del piombo”: Newton ottenne un Piombo Filosofico. Quando alla fine mescolò dell’oro al suo preparato, all’interno dei vasi sigillati posti sulla fiamma vide alberi ramificarsi, apparire e scomparire, e divampare colori iridescenti, che nel disegno alchemico sono rappresentati dai movimenti circolari del serpente.

B.J.T. Dobbs (The Foundations of Newton’s Alchemy, or the Hunting of the Greene Lyon, Cambridge/New York, 1975) spiega l’esperienza di Newton dicendo che egli vide formarsi e dissolversi “composti intermetallici instabili”. Gli alchimisti invece avrebbero descritto la stessa esperienza dicendo che Newton aveva lavato l’Androgino di Fuoco, il quale dispiegò quindi il suo “arcobaleno” o “Coda di Pavone”.

Unità: la nascita e il serpente



William Blake diede voce a una tradizione diffusa e particolarmente viva presso gli alchimisti, immaginando che la materia visibile sia preceduta da una fermentazione invisibile, nel corso della quale il principio maschile della luce e del tempo ruota come una “spada fiammeggiante” entro il velo di neve e ghiaccio del principio femminile, che rappresenta l’essenza dello spazio. Il gelido velo o la solida crosta dell’aspetto femminile della materia primordiale costituisce l’aspetto visibile del reale, l’illusione cosmica o maya. 


Tutto ciò può essere rappresentato come un uovo, il cui tuorlo corrisponde al principio maschile del sole e del tempo (che altro non è che l’ombra gettata dal sole su un quadrante), mentre l’albume e il guscio visibile corrispondono al principio femminile dello spazio. 

Nel disegno alchemico l’uovo diventa il globo, l’albume la polpa vegetale, il tuorlo il sole, raffigurato qui come la testa maschile dell’androgino, i cui piedi femminili sono immersi nell’elemento acqua, in fondo alla valle, o utero, situata fra le due colline del fuoco (la salamandra) e dell’aria (le aquile). L’Uomo Cosmico appare come il bambino, replica del globo androgino .

La stampa di Blake tratta da For the Children: The Gates of Paradise (Per i bambini: le Porte del Paradiso), ci mostra l’Uomo Cosmico o Uomo Eterno come Eros alato che esce dal guscio dell’uovo, riecheggiando la tradizione greca che vede in Eros il dio dell’origine della vita . Blake gli mette in bocca queste parole:

“I rent the Veil where the Dead dwell:
When weary Man enters his Cave
He meets his Savior in the Grave.
Some find a Female Garment there,
And some a Male, woven with care”.

“Io squarcio il Velo che avvolge i Morti:
lo stanco Uomo, entrando nella sua Caverna
incontra il suo Salvatore nella Tomba.
Colà alcuni trovano un Abito Femminile,
altri un Abito Maschile, tessuti con cura”.

L’incontro con due serpenti accoppiati è presso molti popoli il più favorevole degli auguri. Nel mito di Tiresia un tale incontro segna l’inizio del destino di androgino e veggente del protagonista. Nello yoga e nel tantrismo il motivo dei serpenti allacciati rappresenta il perfetto equilibrio delle energie interne. Formicolii della spina dorsale, serpenti eretti e falli in erezione sono fenomeni imparentati fra di loro. 

Una nota acuta produce un brivido lungo la spina dorsale; e una melodia che si snoda a spirale, suonata da un flauto, ritmata da un tamburo o ballata da agili e leggiadre membra, fa alzare sia i serpenti sia i falli. La particolare e completa estasi dell’androginia è simboleggiata dal caduceo che, in quanto rappresentazione dell’accoppiamento di serpenti, denota la corrispondenza, sezione per sezione, dell’essere androgino con il cosmo.

Nella tradizione occidentale, Giordano Bruno, in De immenso et innumerabili (VI,5), descrive la compenetrazione di serpenti accoppiati come emblema dell’amplesso fra il Sole-Dioniso e la Terra-Cerere. I raggi solari, egli dice, penetrano nell’utero dell’umidità terrestre per raggiungere eternamente il femore stesso della madre cosmica. Il femore è l’osso con cui si fanno i flauti.

Entrare in rapporto con questo nucleo della vita cosmica è il fine dell’adepto, sia come alchimista sia come mistico. L’adepto s’identifica con Mercurio, il fluido principio androgino della realtà. Mercurio dapprima è assopito e si astrae dal mondo della veglia per sognare i giusti sogni . Il suo corpo sottile emerge dal suo inguine come un caduceo (indicazione anche del sonno REM, in cui si producono erezioni). Sopra di lui aleggia il principio della luce e del calore. 

Nella fase successiva lo vediamo incoronato, con il caduceo perpendicolarmente eretto che va a toccare il centro del cuore, dove il sole e la luna si congiungono androginamente. Un piede poggia sulla terra, l’altro sul fuoco. Nella terza immagine la trasformazione è compiuta: Mercurio è ora il perfetto androgino e regge il globo imperiale nella mano sinistra e il caduceo nella destra. 

Il caduceo è ora esternato e conferisce armonia non solo all’uomo interiore, ma anche al mondo esterno. Saturno e la Luna, Giove e Mercurio, Marte e Venere si fondono finalmente l’uno nell’altro e tutti insieme in un’unità, e Mercurio li porta, come un mazzo di fiori, dentro le viscere della terra, dove diverranno le anime rispettivamente del piombo e dell’argento, dello stagno e del mercurio, del ferro e del rame, formando una spirale che culmina nell’oro solare .

Il Mercurio di Agostino di Duccio ci appare all’apice del suo potere. I dettagli di questa immagine devono essere stati suggeriti dagli ermetici che si erano raccolti alla corte di Sigismondo Malatesta. 

Le stelle sullo sfondo alludono all’armonia delle sfere; il bastone magico guida le anime nella discesa e nella risalita dalle profondità della terra; il gallo della vigilanza è appollaiato sul piede sinistro; il cappello conico della magia s’innalza verso il cielo sul capo dell’androgino, e le nubi che gli fluttuano intorno alle ginocchia suggeriscono, come ha osservato Adrian Stokes (The Stones of Rimini) il moto elicoidale di un vortice che s’innalza.

Il piede destro, maschile, poggia sulla roccia con cui è possibile accendere il fuoco, mentre il piede sinistro, femminile, è immerso nelle femminili acque.

La saggezza, in greco sophia, rappresenta il legame fra l’Unità Divina e gli archetipi ideali della Creazione. Certi teologi russi hanno ravvisato in Santa Sofia la Quarta Persona di Dio. 

Come esperienza di vita, in tutta la storia del cristianesimo, dai primi gnostici ai recenti sofianisti russi, Sofia rappresenta lo struggente desiderio di una pace e di una grazia oltremondane, simile, secondo il tradizionale paragone degli gnostici, all’indefinibile nostalgia provata dal figlio di un re che vive, ignaro delle sue origini, in povertà. 

Teologicamente Sofia è lo specchio di Dio e, nel contempo, lo specchio della pura consapevolezza per gli uomini. Essa è femmina in rapporto a Dio, ma androgino in rapporto all’umanità. Vladimir Solovev, il grande sofianista russo dell’Ottocento che evocò Sofia come sfida allo Spirito dell’Umanità del pensiero positivista, vedeva la mascolinità di Sofia manifestarsi in Gesù e la sua femminilità in Maria.

L’immagine di Sofia compare a Novgorod nel Mille, ma può forse provenire da Bisanzio. Il suo aspetto infuocato deriva forse dalle descrizioni dell’Arcangelo Purpureo della Suprema Illuminazione contenute negli scritti dei neoplatonici persiani. Nella mano sinistra tiene il caduceo e con la mano destra si stringe al seno una pergamena contenente i segreti esoterici. 

Alla sua destra è la Vergine incinta del Bambino, alla sua sinistra san Giovanni Battista. Questi due assistenti, i due canali che trasmettono la sua influenza al livello della effettiva manifestazione, sottolineano entrambi la trascendenza delle divisioni sessuali .

L’androgino, o Rebis alchemica, è alato come Sofia ed è in tal senso una personificazione della saggezza cosmica. Un’ala è rossa e l’altra bianca, a indicare gli spiriti dell’oro e dell’argento, del sole e della luna, del sangue e del latte del corpo vivente della natura. Indossa un abito nero bordato di giallo, che suggerisce il nero della materia prima androgina in cui tuttavia sono presenti in potenza le correnti della vita metallica aurea. Il verde del paesaggio è il prodotto della mescolanza dei colori di Rebis. 

Egli/ella regge con la mano destra un cristallo, in cui i suoi colori appaiono in successione convergente al centro, dove va collocato l’uovo o seme minerale che l’Androgino porta nella mano sinistra, lunare. 

Secondo la teoria alchemica, lo spirito lunare agirà nell’uovo, provocando la putrefazione della calce spenta della terra, fino ad attivare in essa il nucleo solare latente che risorgerà allora in un corpo cristallino vivo e capace di crescita, così come l’acredine del fuoco provoca la putrefazione delle morte ceneri e della sabbia in un fluido vivente che diviene infine vetro .