sabato 29 ottobre 2022

Il Racconto dell'Eremita




Opus Magicum: La Concentrazione ed il Silenzio
di oldatanor


Tratto da Introduzione Alla Magia Volume primo di LUCE

La possibilità di giungere ad una completa realizzazione teurgica e magica, si basa sulla conoscenza diretta e sperimentale, che l’operatore ha di potenze spirituali costituenti l’intima essenza della realtà, alla quale conoscenza si giunge col compiere un rito che aiuta a svelare proprie facoltà, ignote o troppo trascurate.

Chi, scelta la via da seguire, è forte in sè stesso e certo che la sua volontà sarà dura contro i moltissimi ostacoli che incontrerà sul cammino, né mai un istante di debolezza sopravverrà, sì che egli deroghi dalle fissate norme, inizi il rito.

A maggior chiarimento di quanto viene detto circa le operazioni sacre, daremo alcuni brevi riferimenti a testi classici di magia e di ermetismo, che potranno mostrare molti significati, facendo intendere il modo esatto con cui le operazioni rituali stesse vengono eseguite. È bene accennare, preliminarmente, alla essenza della natura umana, che deve essere intesa giustamente nella multiforme varietà dei suoi simboli esterni ed apparenti e delle esposizioni verbali.

«V’hanno quattro elementi che costituiscono la base di tutte le cose materiali, e cioè il fuoco, la terra, l’acqua e l’aria, che compongono tutte le cose terrene, non per fusione, ma per trasmutazione e per raggruppamento e in cui tutte le cose si risolvono quando si corrompono»[1]. 

Tali elementi adombrano nella realtà fisica, apparente, particolari esperienze dello spirito operante e cosciente o non, e siccome «nessuno di essi si trova allo stato di purezza, essi sono più o meno amalgamati tra di loro e suscettibili di trasmutarsi l’un l’altro».

Tale opera di trasmutazione è compiuta dal Fuoco, dallo spirito, che agisce sulla terra, la materia, per giungere al compimento del perfetto magistero, alla conquista della Pietra dei Saggi.

Si ricordi: «Aurum igitur aurificandi verum, unum, sólum principium esto»[2]. 

Il principio di perfettibilità, di dignificazione, di sublimazione dello spirito è nello spirito stesso, che in sè viene a creare, o, se più piace, a determinare le condizioni dell’ascesa. Ma non si creda che questa sia facile operazione, particolarmente nella sua fase iniziale, duplice, che insegna dapprima ad isolare lo spirito, rendendolo inattaccabile ad ogni influsso dall’esterno, finché, reso perfetto questo stato, lo spirito acquista la conoscenza di sè con modi percettivi affatto nuovi.

La necessità di una costanza assidua e tenace è stata simboleggiata dagli alchimisti nell’«Acciaio dei Saggi», necessario alla operazione prima della composizione del Mercurio, il quale dovrà in seguito agire sui metalli, simboli delle affezioni terrene, che dallo stato di iniziale impurità loro propria, quando sono nella Terra mescolati ad estranee sostanze, e quando dalla Terra sono appena separati, finché, gradatamente sublimati all’ultima perfezione di potenze cosmiche, cieli e pianeti, possono congiungersi alla essenza del sovrano artefice, fino ad identificarvisi nella perfezione dell’Opera.

La Concentrazione è facoltà essenziale e di immediata importanza dopo la determinazione volitiva adeguata allo scopo. A molti, abituati allo studio, sarà facile il concentrarsi, ricostruendo il processo psicologico dell’attenzione, che però, nel nostro caso, è, nelle prime fasi, libera da ogni oggetto; osservando in questo, come in ogni altro periodo, la norma generale di applicarvisi per un tempo di volta in volta maggiore e con intensità crescente.

È opportuno notare, anzitutto, che la concentrazione può essere eseguita in due modi: il primo, che possiamo chiamare esterno, ha un carattere puramente cerebrale e mentale; il secondo è essenzialmente un atto dello spirito.

Si cominci in un luogo possibilmente quieto e silenzioso, cercando di eliminare ogni ostacolo esterno alla buona concentrazione, e si assuma la posizione più comoda e più adatta, cosicché il corpo non abbia a risentire il menomo fastidio e non eserciti alcuno sforzo muscolare, abbandonandosi completamente, in posizione di assoluto riposo. È consigliabile l’uso di una poltrona con alto schienale e bracciuoli atti a sostenere completamente gli avambracci. Ci si può anche distendere supini, con la testa sul livello orizzontale del corpo, volta ad oriente.

Nei casi di più persone insieme operanti si osservano norme particolari. Tema iniziale della concentrazione è il liberarsi dal modo abituale di pensiero, sentendo il proprio pensiero come qualche cosa di reale, di fisso, di materiale, di massiccio che è nella mente, nel cervello, e si condensa e si raccoglie tutto là dove ha sede, ed acquista tale densità e consistenza che viene stretto, viene afferrato, dominato completamente, preso e posto fuori dal corpo e fuori mantenuto.

In questo atto avviene una graduale divisione fra lo spirito cosciente, puramente cosciente di ciò che compie, e l’atto stesso, in quanto compiuto dallo spirito, come qualche cosa che dallo spirito è fuori, su un altro piano di «densità» e con altra e diversa natura; e lo spirito, a poco a poco, concentrandosi, nella tensione di determinare e di sentire il pensiero cosi concreto, se ne distacca come atto di coscienza.

All’uopo si possono usare vari artifici, come ad esempio gli specchi[3]; è comunque utile di rilevare l’opportunità di porre il pensiero ad una certa distanza. La concentrazione del pensiero in alto, tra gli occhi, è oggetto di pratiche particolari per determinati scopi.

Un altro metodo di concentrazione, più perfetto, ma anche più difficile, consiste nel non occuparsi del pensiero, abbandonandolo a sè stesso, finché, privato della vitalità che gli deriva dall’attenzione, permanga inerte, né più turbi il puro atto di coscienza spirituale. In tale stato è il silenzio.

La duplice funzione di attivo e di passivo che ha lo spirito in questa fase è chiaramente detta dal Filalete: «Est autem aurum nostrum duplex, quod ad opus nostrum expetimus, maturum puta, fixum, Latonem flavum cuius cor sive centrum est ignis purus. Quare corpus suum in igne defendit, in quo depurationem recipit, ut nihil ejus tyrannidi cedat, aut ab eo patitur. Hoc in opere nostro vices maris gerit, quare auro nostro albo crudiori, spermati foemineo, conjungitur, ete»[4].

Della natura del fuoco, come spirito animatore, e non come particolare elemento da sperimentare, dice Agrippa «Il fuoco appare in tutte le cose e per ogni cosa e non è in nessuna cosa ad un tempo, perché illumina tutto, pur restando occulto e invisibile quando esiste per sè stesso e non si accompagna alla materia sulla quale esercita la sua azione e per mezzo della quale si rivela. Esso è immenso ed invisibile, atto per sua virtù alla propria azione…, esso comprende gli altri elementi, restando incomprensibile, senza avere bisogno di alcuno di essi, è atto a crescere per propria virtù e a comunicare la sua grandezza agli oggetti che riempie di sè, etc,».

Nel Silenzio lo spirito, libero da ogni legame, precipita in sè stesso, si vede e si conosce. Questo avviene in un succedersi di percezioni coscienti, che possono essere distinte in tre fasi successive.

Iniziale è una percezione netta di isolamento, di solitudine, in cui lo spirito viene ad adagiarsi, come un fluttuare lieve di una massa inconsistente ed aerea in un mezzo leggermente luminoso. Lentamente si ha la percezione di sommergersi, di inabissarsi, di discendere in qualche cosa che, invece di essere più consistente, va a grado a grado diventando più tenue, e nello stesso tempo si ha la coscienza di un dilatare, come se quanto è intorno dilaghi lentamente fino a espandersi nell’infinito.

Prima percezione di infinito. – Più giù, più giù ancora, la leggera impressione luminosa si va attenuando sino a perdersi completamente. Subentra l’oscurità, la tenebra fitta, e nello stesso tempo una vaga e sempre più precisa coscienza di maggiore densità del mezzo oscuro in cui si sprofonda: poi sembra che l’essere, divenuto solido e di una solidità nera, si estenda oltre i suoi limiti nell’universo.

Seconda percezione di infinito. – La consistenza diviene più densa, più massiccia, il buio si fa più completo sino ad un nero totale, sino ad una totale opacità: lo spirito si sprofonda sempre più. Ad un certo punto si ferma, e qui la solidità è perfetta. D’un tratto pare che tutta l’’enorme massa pietrosa si sfasci – impressione istantanea – e, dopo, un nuovo abisso si apre, la massa si dissolve e lo spirito sprofonda. Vertigine assoluta nello spirito, che è solo domata dalla coscienza di sè come realtà intangibile, indistruttibile, tenace e vittoriosa.

Oltre questo, l’impressione di buio è di buio sciolto: aria-buio. Ed ancora lo spirito consiste, sempre fisso e determinato a vincere le profondità abissali; e permane immobile. Dal fondo appare una nuova luce, che, tenue dapprima, diventa a grado intensa, fino ad essere percepita di una consistenza equorea, che scioglie e muta in oceano di latte l’infinità delle cose.

Giunti a tal punto, il senso di infinità e di incondizionata libertà dello spirito è perfetto, né vi è uno stato migliore. – «Requiem adeptus es». – Ma non si deve, tuttavia, credere che si debba così permanere in uno stato di assoluta immobilità, perché, se pure è compiuta la prima necessaria e più difficile operazione, rimane ora la fase costruttiva del rito, che non è scevra di importanza, e conduce alla conoscenza ed alla esperienza di modi di comunicazione puramente spirituali, insegna a percepire l’essenza delle cose nella loro immediata realtà, oltre l’apparenza formale, col realizzare interiormente i Nomi di potenza ed i Segni delle cose.

Cosi lo spirito non solo sarà perfetto in stato, ma pure in atto.

Per un breve raffronto con la tradizione alchemica, si noti che, nei testi, le fasi di oscurità accennate, sono correlate a simboli successivi e riferentisi al colore nero.



























Il Filalete ha magnificamente descritta la fase esposta, nel settimo capitolo dell’Introitus, dopo avere esaurientemente delineate tutte le proprietà dello spirito agente e le sue determinazioni, donde e come. 
Il lettore che si interessa particolarmente a questo si rifaccia al testo e sappia comprendere nello spirito i simboli.


[1] C. Agrippa, De occulta philosophia, I, 3. – Cfr. la vers. ital.di A. Fidi con introduz. di A. Reghini.
[2] “rettifica perciò oro in oro vero e uno, che è la sola e unica fonte” I. Filalete, Introitus apertus ad occl. Regis Palatium, c. I.
[3] Sull’uso degli specchi si è scritto nel n. 8-9 della rivista «Ignis», anno 1925, accennando ad un particolare metodo di realizzazione. È tuttavia bene far osservare che, nell>esporre fasi rituali od esperienze compiute, si accenna solamente a quanto è di maggiore importanza, tralasciando i dettagli, pressoché infiniti.
[4] Ma il nostro oro che cerchiamo per il nostro lavoro, è duplice, maturo, fisso, giallo, il cui cuore o centro è puro fuoco. Perciò col fuoco difende il suo corpo, nel quale riceve la purificazione, affinché nulla ceda alla sua tirannia o ne soffra. Nel nostro lavoro questo indossa le vesti del maschio, quindi è unito al nostro oro bianco più grezzo, con lo sperma femminile, ecc.








I sette regni del triplice mondo


Teosofia (V – Il 9 mondo fisico) 


I sette regni del triplice mondo
O.O. 9 – Teosofia (V – Il mondo fisico)

1 – Il regno minerale viene percepito dai sensi e compreso dal pensiero. Se ci formiamo un pensiero su un corpo minerale, abbiamo dunque da fare con due cose: con l’oggetto sensibile e col pensiero. Di conseguenza dobbiamo pensare che l’oggetto sensibile è un essere-pensiero condensato.
Ora un corpo minerale agisce sopra un altro in modo esteriore. Lo urta e così lo muove, lo riscalda, lo illumina, lo scioglie, e così via. Questo modo di azione esteriore viene espresso in pensieri.

L’uomo si fa pensieri sul modo in cui i minerali agiscono gli uni sugli altri secondo una legge esteriore. In tal modo i suoi singoli pensieri si sviluppano in un’immagine di pensiero complessiva del mondo minerale, e tale immagine è un riflesso dell’archetipo dell’intero mondo minerale. Come un intero, esso si trova nel mondo spirituale.
2 – Nel regno vegetale, agli effetti esterni di una cosa sull’altra, si aggiungono i fenomeni della crescita e della riproduzione. La pianta cresce e genera esseri ad essa uguali. A quel che ci si presenta nel mondo minerale qui si aggiunge la vita.
Il semplice richiamo a questo fatto apre una prospettiva chiarificatrice. La pianta ha in sé la forza di darsi la propria forma vivente e di rigenerarla in altri esseri ad essa simili. Tra la specie amorfa delle sostanze minerali, quale ci appare nei gas, nei liquidi, e così via e la forma vivente della pianta stanno le forme dei cristalli.

Nei cristalli dobbiamo cercare il trapasso dal mondo minerale amorfo alla vivente facoltà formatrice del regno vegetale. In questo processo sensibile della formazione, sia nel regno minerale sia in quello vegetale, è da vedere il condensamento sensibile del processo puramente spirituale che si svolge quando i germi spirituali delle tre regioni superiori del mondo spirituale si trasformano nelle forme spirituali delle regioni inferiori.

Al processo di cristallizzazione corrisponde nel mondo spirituale, come suo archetipo, il trapasso dal germe spirituale amorfo alla creazione formata. Quando questo trapasso si condensa, così che i sensi lo possono percepire nei suoi effetti, appare nel mondo sensibile quale processo minerale di cristallizzazione.

Anche nella vita vegetale vi è comunque un germe spirituale formato. Qui però all’essere formato è rimasta ancora la vivente facoltà formatrice.

Nel cristallo, dandogli forma, il germe spirituale ha perso quella facoltà, ha esaurito se stesso nella forma prodotta. Invece la pianta ha forma, e ha inoltre la facoltà formatrice. La qualità propria ai germi spirituali delle regioni superiori del mondo spirituale si è conservata nella vita della pianta. La pianta è dunque forma come il cristallo, ed è inoltre forza formatrice.

Oltre alla forma assunta nella pianta dagli archetipi, in essa lavora un’altra forma che porta il carattere degli esseri spirituali delle regioni superiori. I sensi percepiscono però solo ciò che si esplica nella forma compiuta; gli esseri formatori che le conferiscono la vita esistono nel regno vegetale in uno stato non percepibile ai sensi.

L’occhio fisico vede il giglio ancor piccolo oggi, e lo vede cresciuto dopo qualche tempo. Non vede però la forza formatrice che trae quest’ultimo dal primo. L’entità-forza formatrice è ciò che invisibile ai sensi opera nel mondo vegetale.

I germi spirituali sono discesi di un gradino per agire nel regno della forma. Nella scienza dello spirito si può a questo proposito parlare di regni elementari.

Se agli archetipi primordiali ancora privi di forma si dà il nome di primo regno elementare, alle entità-forze invisibili ai sensi che operano quali artefici della crescita vegetale, si darà quello di secondo regno elementare.
3 – Nel mondo animale alle facoltà della crescita e della riproduzione si aggiungono la sensazione e l’impulso.
Sono manifestazioni del mondo animico. Un essere che ne sia dotato è parte di quel mondo, ne riceve impressioni e su di esso esercita influssi. Ora, ogni sensazione, ogni impulso che sorgano in un essere animale sono attinti dalle profondità dell’anima animale. La forma è più durevole della sensazione o dell’impulso.

Si può dire che la vita della sensazione sta alla forma vivente più stabile come la mutevole forma vegetale sta a quella rigida del cristallo.

La pianta si esplica in certo modo tutta nella forza costruttrice di forma; durante la sua vita, aggiunge continuamente nuove forme. Prima mette la radice, poi le foglie, i fiori, e così via.

L’animale invece raggiunge una forma conclusa e in essa sviluppa la mutevole vita delle sensazioni e degli impulsi. Tale vita ha la sua esistenza nel mondo animico. Come la pianta dunque cresce e si riproduce, così l’animale sente e sviluppa impulsi. Essi sono per l’animale l’elemento amorfo che si sviluppa in forme sempre nuove.

Essi hanno in definitiva i loro processi archetipici nelle più alte regioni del mondo spirituale: esplicano però la loro attività nel mondo animico. Così nel mondo animale, alle entità-forze, che invisibili ai sensi guidano la crescita e la riproduzione, se ne aggiungono altre discese di un ulteriore gradino, cioè nel mondo animico.

Quali artefici di sensazioni e impulsi nel regno animale operano entità amorfe che si rivestono di involucri animici. Sono i veri e propri artefici delle forme animali. Nella scienza dello spirito la regione di cui sono parte può essere chiamata terzo regno elementare.
4 – Oltre che delle facoltà proprie alle piante e agli animali, l’uomo è dotato della capacità di trasformare le sue sensazioni in rappresentazioni e pensieri e di regolare col pensiero i propri impulsi.
Il pensiero, che nella pianta appare come forma e nell’animale come forza animica, nell’uomo si presenta nella propria forma, e cioè come pensiero.
L’animale è anima, l’uomo è spirito.

L’entità spirituale è discesa di un altro gradino. Nell’animale essa è formatrice dell’anima, nell’uomo è penetrata nel mondo stesso della materia sensibile.

Lo spirito è presente nel corpo fisico umano, e poiché appare in veste fisica, può mostrarsi soltanto come il pallido riflesso che il pensiero offre dell’essenza spirituale. Attraverso le condizioni dell’organismo cerebrale umano nell’uomo compare lo spirito.

Così lo spirito è divenuto l’intima essenza dell’uomo.

Il pensiero è la forma che l’entità spirituale amorfa assume nell’uomo, come diviene forma nella pianta, e anima nell’animale.

L’uomo non ha quindi alcun regno elementare che lo costruisca da fuori,in quanto è un essere pensante. Il suo regno elementare lavora nel suo corpo fisico. Solo in quanto l’uomo ha forma ed è un essere senziente lavorano intorno a lui esseri elementari della medesima specie di quelli che lavorano intorno alle piante e agli animali. L’organismo del pensiero viene così interamente elaborato nell’uomo dall’interno del corpo fisico.

Nell’organismo spirituale dell’uomo, nel suo sistema nervoso che si è sviluppato fino a dare un cervello perfetto, in forma visibile ai sensi si ha l’entità-forza non sensibile che lavora intorno alle piante e agli animali.

Ne risulta che l’animale ha il sentimento di sé, • mentre l’uomo ha coscienza di sé. Nell’animale lo spirito si sente anima e non si afferra ancora come spirito. Nell’uomo lo spirito si riconosce quale spirito, sebbene, per le condizioni fisiche, solo come pallido riflesso dello spirito, come pensiero.

In questo senso, il Triplice Mondo si differenzia così:

Da tutto ciò appare come le parti costitutive fondamentali dell’uomo vivente nel corpo fisico siano connesse col mondo spirituale. Il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo animico senziente e l’anima razionale vanno considerati come archetipi del mondo spirituale condensati nel mondo sensibile.

Il corpo fisico si forma perché l’archetipo dell’uomo si condensa fino a divenire percepibile ai sensi. Si può quindi anche dire che il corpo fisico è un’entità del primo regno elementare condensata fino ad essere fisicamente visibile.

Il corpo eterico nasce per il fatto che la forma fisica così sorta è mantenuta mobile da un’entità che spinge la propria azione entro il regno sensibile, ma rimane invisibile ai sensi.

Volendo pienamente caratterizzare questa entità, bisogna dire che essa ha origine nelle più alte sfere del mondo spirituale, e nella seconda regione diviene archetipo della vita.

Come archetipo della vita opera nel mondo sensibile. Similmente l’entità che costruisce il corpo animico senziente ha origine nelle somme regioni del mondo spirituale, diviene nella terza regione archetipo del mondo animico, e come tale opera nel mondo sensibile.

L’anima razionale si forma dato che l’archetipo dell’uomo pensante diviene pensiero nella quarta regione del mondo spirituale, e come tale opera direttamente nel mondo sensibile, quale essere umano pensante.

Così l’uomo sta nel mondo sensibile; così lo spirito lavora al suo corpo fisico, al suo corpo eterico e al suo corpo animico senziente.

Così lo spirito si manifesta nell’anima razionale. Ai tre corpi inferiori dell’uomo gli archetipi lavorano dunque in forma di entità che gli stanno in certo modo esteriormente di fronte; nell’anima razionale l’uomo lavora (coscientemente) su se stesso.

Le entità che lavorano sul suo corpo fisico sono le stesse che formano la natura minerale.

Al suo corpo eterico lavorano entità simili a quelle che, impercepibili ai sensi, vivono nel regno vegetale; al suo corpo animico senziente lavorano entità simili a quelle che, del pari invisibili, vivono nel regno animale, estendendo però la loro attività in quei regni.

Così cooperano i diversi mondi. Il mondo in cui vive l’uomo è l’espressione di tale collaborazione.

Quando il mondo sensibile sia stato compreso in questo modo, si apre anche la comprensione per entità diverse da quelle che esistono nei quattro regni della natura.

Abbiamo un esempio di tali entità in quello che si chiama spirito del popolo (spirito nazionale). Esso non si manifesta direttamente in forma sensibile; vive nelle sensazioni, nei sentimenti, nelle inclinazioni comuni a un popolo.

È un’entità che non s’incorpora fisicamente, ma come l’uomo forma il suo corpo in modo percepibile ai sensi, così essa forma il proprio dalla sostanza del mondo animico.

Il corpo animico dello spirito del popolo è come una nube entro la quale vivono gli uomini appartenenti a un dato popolo.

I suoi effetti si manifestano nelle anime di quegli uomini, ma non derivano da esse. Per chi non pensi così lo spirito del popolo, esso rimane un’immagine schematica del pensiero, priva di sostanza e di vita, una vuota astrazione.

Lo stesso sia detto di quello che si chiama lo spirito del tempo. Lo sguardo spirituale si apre in tal modo sopra una molteplicità di altri esseri superiori e inferiori che vivono nell’ambiente dell’uomo, senza che egli possa percepirli con i sensi. Coloro che hanno la veggenza spirituale percepiscono però quelle entità e possono descriverle.

Alle specie inferiori di tali esseri appartengono tutti quelli che i veggenti descrivono come salamandre, silfidi, ondine, gnomi. Non dovrebbe essere necessario dire che tali descrizioni non valgono come riproduzioni della realtà che sta alla loro base. Se lo fossero, il mondo a cui si riferiscono non sarebbe spirituale, ma grossolanamente fisico.

Sono illustrazioni di una realtà spirituale che può essere rappresentata soltanto in quel modo, e cioè per similitudini. È però comprensibile che chi voglia ammettere solo quel che si manifesta ai sensi fisici consideri tali entità come frutti di fantasia disordinata e di superstizione.

Tali entità non possono certo rendersi visibili agli occhi fisici, perché non hanno un corpo fisico. La superstizione però non consiste nel considerarle come reali, bensì nel credere che appaiano in forma sensibile.

Entità di tale natura cooperano alla costruzione del mondo e s’incontrano non appena si penetri nelle regioni superiori, chiuse ai sensi fisici. Superstizioso non è chi vede in tali descrizioni immagini della realtà spirituale, ma chi crede all’esistenza fisica di tali immagini, come pure chi respinge lo spirito perché ritiene di doverne respingere l’immagine sensibile.

Sono da registrare inoltre entità che non discendono fino al mondo animico, ma i cui involucri sono intessuti unicamente di sostanza del mondo spirituale.

L’uomo li percepisce e diviene loro compagno quando apre l’occhio e l’udito spirituali adatti.


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venerdì 21 ottobre 2022

Il Centro di Gravità Permanente


Centro di massa (fisica) - Centro d'azione (militare) 



Il Centro di Gravità Permanente

Samael Aun Weor


Non esistendo una vera individualità è impossibile che vi sia continuità di propositi.

Se non esiste l’individuo psicologico, se in ognuno di noi vivono molte persone, se non c’è un soggetto responsabile, è assurdo pretendere da qualcuno continuità di propositi.

Sappiamo bene che in ogni persona vivono molte persone, quindi in noi il pieno senso di responsabilità in realtà non esiste.

Ciò che un determinato io afferma in un certo momento non può assolutamente essere preso seriamente per il fatto concreto che un qualsiasi altro io può affermare esattamente il contrario in un qualsiasi altro momento.

La cosa grave di tutto questo è che molta gente crede di possedere il senso di responsabilità morale e si autoinganna affermando di essere sempre la stessa.

Vi sono persone che ad un certo momento della loro esistenza si accostano agli studi gnostici, risplendono con la forza dell’anelito, si entusiasmano nel lavoro esoterico e giurano perfino di consacrare l’intera loro esistenza a questi argomenti. Indubbiamente tutti i fratelli del nostro movimento arrivano persino ad ammirare una persona così entusiasta.

Non si può fare a meno di provare una grande gioia ascoltando persone di questo genere, così devote e assolutamente sincere.

Tuttavia l’idillio non dura molto: un giorno qualsiasi, per un motivo o per l’altro, giusto o ingiusto, semplice o complesso, la persona si ritira dalla Gnosi; abbandona quindi il lavoro e, per aggiustare le cose o cercare di giustificarsi, si affilia ad una qualsiasi altra organizzazione mistica pensando che da quel momento andrà meglio.

Tutto questo andirivieni, tutto questo continuo cambiamento di scuole, di sette, di religioni è dovuto alla molteplicità di io che dentro di noi lottano tra loro per la supremazia.

Siccome ogni io ha il suo criterio, la sua mente, le sue idee, questo cambiamento di pareri, questo passare continuamente da un’organizzazione a un’altra, da un ideale all’altro e così via è pressoché normale. La persona, in sé, non è altro che una macchina pronta a servire da veicolo a un io come a un altro.

Alcuni io mistici si autoingannano: dopo aver abbandonato un certa setta finiscono per credersi dèi, brillano come fuochi fatui e alla fine spariscono.

Ci sono persone che per un attimo si accostano al lavoro esoterico e poi, non appena interviene un altro io, abbandonano definitivamente questi studi lasciandosi ingoiare dalla vita.

Se non si lotta contro la vita, ovviamente si viene da essa divorati; in verità sono molto pochi gli aspiranti che non si lasciano inghiottire dalla vita.

Poiché esiste dentro noi tutta una molteplicità di io, non può esistere un centro di gravità permanente.

È pressoché normale che non tutti si autorealizzino intimamente. Sappiamo bene che l’autorealizzazione intima dell’Essere esige continuità di propositi e siccome è molto difficile trovare qualcuno che abbia un centro di gravità permanente, non è poi tanto strano che siano così poche le persone che arrivano alla profonda autorealizzazione interiore.

È normale che ci si entusiasmi per il lavoro esoterico e poi lo si abbandoni, mentre è strano che non si abbandoni il lavoro e si arrivi alla meta. In nome della verità affermiamo con certezza che il Sole sta facendo un esperimento di laboratorio molto complesso e terribilmente difficile. 

Nell’animale intellettuale erroneamente chiamato uomo esistono dei germi che opportunamente sviluppati possono trasformarci in uomini solari. Non è superfluo chiarire, tuttavia, che non è certo che questi germi si sviluppino; normalmente degenerano e purtroppo si perdono.

In ogni caso tali germi che dovrebbero trasformarci in uomini solari hanno bisogno di un ambiente adeguato, poiché è risaputo che un seme in un ambiente sterile non germina, si perde. Perché il reale seme dell’uomo depositato nelle nostre ghiandole sessuali possa germinare, si richiede continuità di propositi e un corpo fisico normale.

Se gli scienziati continueranno a fare esperimenti sulle ghiandole a secrezione interna, qualsiasi possibilità di sviluppo di tali germi andrà perduta.Quantunque sembri incredibile, le formiche hanno già attraversato un processo del genere in un remoto, arcaico passato del nostro pianeta Terra.

Si rimane veramente stupiti contemplando la perfezione di un agglomerato di formiche. L’ordine che regna in un qualsiasi formicaio è senza dubbio formidabile.

Gli iniziati che hanno la Coscienza sveglia sanno per esperienza mistica diretta che le formiche, in tempi tanto remoti che gli storici più grandi del mondo non immaginano neanche lontanamente, sono state una razza umana artefice di una potentissima civiltà socialista. 

In quell’epoca i dittatori di quella società eliminarono le varie sette religiose e il libero arbitrio, poiché tutto ciò limitava il loro potere, mentre essi avevano bisogno di essere totalitari nel senso più completo della parola.

In queste condizioni, eliminati l’iniziativa individuale e il diritto religioso, l’animale intellettuale prese rapidamente la strada dell’involuzione e della degenerazione.

A tutto questo si aggiunsero gli esperimenti scientifici: trapianti di organi, di ghiandole, esperimenti sugli ormoni e altro ancora, il cui risultato fu la graduale riduzione delle dimensioni e l’alterazione morfologica di quegli organismi umani, fino a diventare in ultimo le formiche che conosciamo.

Tutta quella civiltà, tutti quei movimenti relativi all’ordine sociale stabilito, diventarono meccanici e furono ereditati di padre in figlio. Oggi si rimane veramente stupiti guardando un formicaio, ma non possiamo fare a meno di deplorare la loro mancanza d’intelligenza. Se non lavoriamo su noi stessi involviamo e degeneriamo spaventosamente.

L’esperimento che il Sole sta facendo nel laboratorio della natura, oltre ad essere difficile, ha certamente dato pochissimi risultati. Creare uomini solari è possibile solo quando esiste una vera cooperazione in ognuno di noi. La creazione dell’uomo solare non è possibile se prima non stabiliamo un centro di gravità permanente dentro di noi.

Come possiamo avere continuità di propositi se non stabiliamo un centro di gravità nella nostra psiche?

Qualsiasi razza creata dal Sole non ha certamente altro scopo nella natura che quello di servire agli interessi di questa creazione e all’esperimento solare.

Se il Sole fallisce nel suo esperimento perde ogni interesse per una simile razza, che di fatto è condannata alla distruzione e all’involuzione.

Ognuna delle razze esistite sulla faccia della terra è servita per l’esperimento solare. Da ogni razza il Sole ha ottenuto qualche successo, raccogliendo piccoli gruppi di uomini solari.

Quando una razza ha dato i suoi frutti sparisce progressivamente o perisce violentemente mediante grandi catastrofi.

La creazione di uomini solari è possibile quando si lotta per rendersi indipendenti dalle forze lunari. Non c’è dubbio che tutti gli io che abbiamo nella nostra psiche sono di tipo esclusivamente lunare. È assolutamente impossibile liberarci dalla forza lunare se prima non stabiliamo in noi un centro di gravità permanente.

Come possiamo dissolvere tutto l’io pluralizzato se non abbiamo continuità di propositi? In che modo possiamo avere continuità di propositi senza prima aver stabilito un centro di gravità permanente nella nostra psiche?

Siccome la razza attuale, invece di rendersi indipendente dall’influenza lunare, ha perso ogni interesse per l’intelligenza solare, indubbiamente si è condannata da sola all’involuzione e alla degenerazione.

Non è possibile che il vero Uomo nasca per mezzo della meccanica evolutiva. Sappiamo bene che l’evoluzione, e sua sorella gemella, l’involuzione, sono soltanto due leggi che costituiscono l’asse meccanico di tutta la natura. Si evolve fino ad un certo punto perfettamente definito, poi subentra il processo involutivo; ogni salita è seguita da una discesa e viceversa.

Non siamo altro che macchine controllate da diversi io. Serviamo all’economia della natura e non abbiamo un’individualità definita, come ritengono erroneamente molti pseudoesoteristi e pseudooccultisti.

Dobbiamo cambiare con la massima urgenza affinché i germi dell’uomo diano i loro frutti.
Solo lavorando su noi stessi con autentica continuità di propositi e pieno senso di responsabilità morale possiamo trasformarci in uomini solari. Questo implica consacrare l’intera nostra esistenza al lavoro esoterico su noi stessi. Coloro che sperano di arrivare allo stato solare mediante la meccanica dell’evoluzione ingannano se stessi e si condannano di fatto alla degenerazione involutiva.

Nel lavoro esoterico non possiamo permetterci di essere incostanti: coloro che hanno idee volubili come banderuole, coloro che oggi lavorano sulla loro psiche e domani si lasciano inghiottire dalla vita, che cercano scappatoie, giustificazioni per abbandonare il lavoro esoterico, degenereranno e involveranno.

Alcuni rimandano l’errore, lasciano tutto per il futuro, finché non migliorano la loro situazione economica, senza tenere conto che l’esperimento solare è una cosa molto diversa dai loro criteri personali e dai loro soliti progetti. Non è così facile diventare un uomo solare quando abbiamo la luna dentro di noi (l’ego è lunare).

La Terra ha due lune; la seconda è chiamata Lilith, ed è un po’ più distante della luna bianca.
Gli astronomi vedono Lilith grande quanto una lenticchia poiché è di dimensioni piccolissime. È la luna nera.

Le forze più sinistre dell’ego arrivano sulla Terra da Lilith e producono risultati psicologici infraumani e bestiali. I crimini della cronaca nera, gli assassinii più efferati della storia, i delitti più insospettabili e quant’altro ancora sono dovuti alle onde vibratorie di Lilith.

La duplice influenza lunare, rappresentata nell’essere umano dall’ego che ha dentro di sé, fa di noi un vero fallimento.

Se non vediamo l’urgenza di dedicare l’intera nostra esistenza al lavoro su noi stessi per poterci liberare dalla duplice influenza lunare, finiremo ingoiati dalla Luna, involvendo, degenerando sempre di più in certi stati che possiamo ben definire incoscienti e infracoscienti.

La cosa più grave di tutto questo è che non possediamo una vera individualità; se avessimo un centro di gravità permanente lavoreremmo veramente sul serio fino a raggiungere lo stato solare. Esistono tante scuse al riguardo, tante scappatoie, tante attrazioni affascinanti che di fatto diventa quasi impossibile comprendere l’urgenza del lavoro esoterico.

Tuttavia il piccolo margine di libero arbitrio che abbiamo e l’insegnamento gnostico orientato verso il lavoro pratico possono servirci da base per i nostri nobili propositi riguardo all’esperimento solare.

La mente, che è volubile come una banderuola, non capisce ciò che qui stiamo dicendo: legge questo capitolo e poi lo dimentica. Dopo verrà un altro libro e un altro ancora, e in ultimo finiremo per iscriverci a qualsiasi istituzione che ci venda un passaporto per il cielo, che ci parli in termini più ottimistici, che ci assicuri delle comodità nell’aldilà.

Così è la gente: semplici marionette controllate da fili invisibili, burattini meccanici dalle idee volubili come banderuole e senza continuità di propositi.

Samael Aun Weor

venerdì 14 ottobre 2022

Gli eventi alla morte nel Bardo Thödrol


O Magnum Mysterium  

Gli eventi che si verificano alla morte nel Bardo Thödrol                                                              (Chikai bardo)

Tratto da Guarigione Esoterica di Alice Bailey

Per illustrare quanto meglio posso questo argomento, per chiarirlo nel modo più completo, ritengo sia bene descrivere la sequenza di eventi che si verificano in punto di morte, ricordandovi che i punti dove si compie l’astrazione definitiva sono tre:

  • la testa, per i discepoli, gli iniziati e gli uomini di elevato sviluppo mentale;

  • il cuore per gli aspiranti, gli uomini di buona volontà, e per tutti coloro che hanno raggiunto una certa integrazione della personalità e fanno quanto possono per adempiere la legge dell’amore;

  • il plesso solare per chi è emotivo e di scarsa levatura.

Mi limito a elencare le varie fasi del processo, lasciandovi liberi di accettarle come ipotesi interessanti e probabili, in attesa di poterle verificare, o di accoglierle come verità indiscutibili, per fiducia nella mia conoscenza, o infine di rifiutarle come fantasticherie senza valore, non suscettibili di prova.

Il primo atteggiamento è il più consigliabile, perché consente di mantenere l’integrità mentale, è sintomo di mente aperta e nello stesso tempo protegge dalla credulità e ristrettezza mentale. Questi stadi sono:

  1. L’anima dal suo livello emette la “parola di richiamo”, e immediatamente nell’uomo sul piano fisico subentrano un processo e una reazione interiori:       
  2. Eventi fisiologici specifici, nell’area colpita dal morbo, interessano il cuore e i tre grandi sistemi che potentemente condizionano l’uomo: la corrente sanguigna, il sistema nervoso nelle sue varie espressioni e il sistema endocrino. Non è il caso di parlarne. La patologia della morte è ben nota ed è stata molto studiata nei suoi aspetti exoterici, anche se molto resta ancora da scoprire. A noi però interessano, soprattutto, le reazioni soggettive che, in ultima analisi, causano la predisposizione patologica alla morte.
  3. Una vibrazione percorre le “nadi” che, come sapete, sono la controparte eterica di tutto il sistema nervoso, di cui sorreggono ogni singolo nervo in ogni parte del corpo. Sono per eccellenza, gli esecutori degli impulsi direttivi dell’anima, in quanto reagiscono alle vibrazioni emesse dalla controparte eterica del cervello. Esse rispondono alla Parola di comando e all’attrazione dell’anima, e si dispongono all’astrazione.
  4. La corrente sanguigna subisce una reazione di peculiare carattere occulto. “Il sangue è la vita”, si afferma; e vi si produce un cambiamento interiore per le due fasi precedenti, ma soprattutto per effetto di un’attività ancora ignorata dalla scienza moderna e causata dal sistema ghiandolare. Infatti le ghiandole, reagendo al comando di morte, immettono nel sangue una sostanza che agisce sul cuore, dov’è fissato il filo della vita. Questa sostanza, considerata come “mortifera”, è una delle cause fondamentali del coma e della perdita di coscienza, poiché evoca un’azione riflessa nel cervello. La medicina ufficiale ne mette in dubbio l’esistenza, ma finirà per riconoscerla.
  5. Un tremore psichico si stabilisce, che allenta e spezza i legami fra le nadi e il sistema nervoso; il corpo eterico si stacca dal suo involucro denso, anche se continua a compenetrarlo.



  1. Subentra a questo punto, sovente, una pausa più o meno lunga. Essa consente che il processo di distacco avvenga nel modo più blando e indolore possibile. Lo svincolo delle nadi comincia dagli occhi. Questo processo di distacco si manifesta come rilassamento e come scomparsa di ogni timore che si nota molte volte nel morente; è evidente una condizione di pace e una disposizione a partire, assieme all’incapacità di sforzo mentale. 
  2. È come se, ancora in stato di coscienza, il morente raccogliesse le forze per l’astrazione finale. Durante questa pausa, rimossa una volta e per sempre dall’umanità la paura della morte, gli amici e i parenti del moribondo gli “faranno festa”, rallegrandosi con lui per l’abbandono del corpo. Certo, attualmente non è possibile. Oggi regna lo sconforto, e questa fase passa inosservata e non se ne trae profitto; ma un giorno le cose saranno diverse.
  3. Il corpo eterico organizzato, sciolto da qualsiasi legame con i nervi per l’azione esercitata dalle nadi, si raccoglie per il distacco finale. Dalle estremità si ritrae verso “la porta di uscita”, e si concentra nella regione che circonda quella porta, in attesa dell’impulso finale dell’anima che dirige il processo. Fino a questo punto, tutto si è svolto secondo la Legge di Attrazione, cioè per volere magnetico, attrattivo dell’anima. Ora insorge un impulso diverso.
  4. Il corpo denso, somma degli organi, delle cellule, degli atomi, sempre più sciolto dal potere integrativo del corpo vitale esercitato dalle sue nadi, cade nella sfera di attrazione della materia. È l’impulso della terra, esercitato da quella misteriosa entità che chiamiamo “spirito della terra”. È un’entità di natura involutiva, ed è per il pianeta ciò che l’elementale fisico è per il corpo denso dell’uomo. 
  5. È una forza fisica vitale che, in essenza, è la vita e la luce della sostanza atomica, la materia di cui ogni forma è composta. La sostanza di tutte le forme ritorna a questa riserva di vita involutiva e materiale. La restituzione della materia, sottratta per creare la forma usata dall’anima durante un ciclo di vita, sta proprio nel ridare a questo “Cesare” del mondo involutivo ciò che gli appartiene, mentre l’anima ritorna a Dio, donde provenne.

È evidente dunque che in questa fase il processo è duplice

    1. Il corpo vitale si prepara a uscire.

    2. Il fisico comincia a rispondere alla dissoluzione.

Ma è osservabile una terza attività: l’uomo consapevole ritrae la propria coscienza in modo graduale ma continuo negli involucri astrale e mentale, apprestandosi ad astrarre completamente il corpo eterico al momento giusto. Si distacca sempre più dal mondo fisico e si ritrae sempre più in sé stesso.

Nel caso di un individuo progredito, questo processo è compiuto in modo cosciente, e il suo interesse per la vita e la consapevolezza dei rapporti con gli altri vengono mantenuti, nonostante che la presa sul mondo fisico si vada affievolendo.

Quando si muore per vecchiaia, questo distacco è più facilmente percepibile che nei casi di morte per malattia, e molte volte si può vedere l’anima, cioè l’uomo interiore vivente, allentare la presa sulla realtà fisica, che è illusoria.

  1. Una seconda pausa. In questo momento l’elementale fisico può ancora, a volte, riprendere la sua presa sul corpo eterico se l’anima lo vuole, perché la morte non rientra nei suoi piani interiori, o se lo stesso elementale fisico è così forte da prolungare il processo di morte. Talvolta avviene che la lotta si prolunghi per giorni e settimane. Ma quando la morte è inevitabile, questa seconda pausa è brevissima, anche di pochi secondi. L’elementale fisico rilascia la presa, e il corpo eterico attende l’ultimo “strappo” dell’anima, sotto la Legge di Attrazione.
  2. Il corpo eterico emerge dal fisico denso, gradualmente e dal punto di uscita prescelto. Quando è del tutto libero, assume i vaghi contorni della forma densa che ha sorretto, e ciò avviene sotto l’azione della forma-pensiero che l’uomo ha creato, negli anni, di se stesso. Tale forma-pensiero esiste per ciascuno, e dev’essere distrutta per completare la seconda fase, dell’eliminazione. Ne riparleremo in seguito. 
  3. Libero ormai dal carcere del fisico denso, il corpo eterico non è ancora sciolto dal suo influsso, col quale resta in un leggero rapporto, che basta a trattenere l’entità spirituale vicino al corpo abbandonato. Ecco perché il chiaroveggente afferma talora di vedere il corpo eterico librarsi sul letto di morte o sul feretro. Quelle energie integrate che chiamiamo corpi astrale e mentale compenetrano ancora il corpo eterico, e un punto di luce al centro dimostra la presenza dell’anima.
  4. Il corpo eterico gradualmente si disperde, mentre le sue energie si riorganizzano e si ritirano, lasciando solo la sostanza pranica identificata col veicolo eterico del pianeta. Come ho già detto, questa dispersione è molto agevolata dalla cremazione. Quando si tratta di un uomo poco evoluto, il corpo eterico può restare a lungo nei pressi della sua carcassa densa esterna in via di decomposizione, perché l’attrazione dell’anima non è forte quanto quella della materia. Se invece è più progredito, e quindi distaccato nel suo pensiero dal mondo fisico, la dissoluzione del corpo vitale può essere rapidissima.
  5. Una volta terminato, la restituzione è compiuta; l’uomo, almeno per qualche tempo, non reagisce più all’attrazione della materia fisica; permane nei suoi corpi sottili, e si accinge a quell’atto che ho indicato col nome di “Arte dell’Eliminazione”.

Al termine di queste insufficienti considerazioni sulla morte dei due aspetti del corpo fisico, affiora un concetto: l’integrità dell’uomo interiore. Egli resta se stesso. È intatto e indenne; è libero da tutto ciò che è proprio del livello fisico, e dipendente da soli tre fattori:

  1. La qualità delle sue doti astrali o emotive.

  2. Lo stato mentale nel quale vive abitualmente.

  3. La voce dell’anima, sovente non riconosciuta, ma talvolta ben nota e amata.

L’individualità non è perduta; la stessa persona persiste sul pianeta, spogliata solo di ciò che era parte integrale dell’apparenza tangibile del nostro pianeta.

Quell’entità amata o detestata, utile o nociva al genere umano, che rese grandi servigi o visse insignificante, rimane ancora attiva nel processo di esistenza mentale e qualitativo, e rimarrà per sempre quale parte individuale, qualificata dal tipo di raggio, quale parte del regno delle anime o quale iniziato di alto grado, secondo quanto gli compete per diritto.

Due Questioni Importanti

Nelle pagine che precedono ho tentato di descrivere la vera natura di ciò che si chiama morte. Essa è dunque il ritrarsi, conscio o inconscio, dell’entità vivente interiore dal suo guscio esterno, dalla sua corrispondenza vitale, e infine è l’abbandono del corpo o corpi sottili, secondo il livello evolutivo.

Ho cercato di mostrarvi la normalità di questo processo familiare. L’orrore che accompagna la morte sul campo di battaglia o per incidente, è provocato dallo “shock” che colpisce il corpo eterico, e impone l’istantaneo riassetto delle sue forze, costrette a reintegrarsi in modo improvviso e repentino in risposta all’azione specifica compiuta per forza di cose dall’uomo, nel suo corpo kama-manasico.

Ciò non implica che l’uomo interiore si ristabilisca nel veicolo eterico, ma richiede il ricomporsi, per Legge di Attrazione, delle energie di quest’ultimo già dissipate, sì che possa poi dissolversi in modo definitivo e completo.

Prima di studiare l’Arte dell’Eliminazione, desidero esaminare due questioni che mi paiono importanti; sovente sono presenti nella mente del lettore studioso e intelligente.

La prima di esse deriva, in verità, da un senso di disappunto a proposito di queste istruzioni. La si può esprimere in questo modo: perché il Maestro Tibetano non esamina le malattie fondamentali, descrivendone la patologia, indicandone la terapia opportuna, le cause dirette e, in particolare, il processo di guarigione?

Perché, fratelli miei, ben poco potrei aggiungere, in senso tecnico, a quanto già accertato dalla medicina circa i sintomi delle malattie, le regioni che esse colpiscono, le condizioni generali che le favoriscono. L’osservazione, l’esperimento, la ricerca, gli stessi errori, il successo e l’insuccesso hanno elargito all’uomo moderno una messe abbondante di sapere definito ed esatto, sugli aspetti e gli effetti esterni delle malattie.

Il tempo e l’indagine costante e abile hanno rivelato, in modo altrettanto definito, cure, processi terapeutici e misure profilattiche (come ad esempio, la vaccinazione contro il vaiolo), che si sono dimostrate benefiche dopo lunghi anni di esperienza. Ricerche, esperimenti e servizi igienici sempre più idonei offerti dalla scienza consentono di soccorrere meglio, talora di guarire, sovente di alleviare e lenire le reazioni dolorose.

Medicina e chirurgia hanno fatto passi da gigante — tanto che le conoscenze oggi acquisite sono così vaste e intricate nei loro aspetti scientifici e terapeutici, da rendere necessari gli specialisti che operano in campi particolari e quindi trattano condizioni e malattie specifiche, raggiungendo grande perizia, molto sapere e notevole successo.

Tutto ciò è bene, per quanto ne dicano certi fanatici, o chi si affida solo a un suo metodo di cura preferito, o chi non si avvale dei medici di professione e confida solo in un culto o in qualche nuovo approccio al problema della salute.

Che nuove vie esistano è vero, e dipende dal fatto che la medicina è tanto avanzata da essere ormai al limite estremo del reame puramente fisico, e dunque in procinto di penetrare in quello dell’intangibile, ben più accosto al mondo delle cause.

Ecco perché non ho voluto sciupare tempo a studiare le particolarità dei morbi, a enumerarli e classificarli, a discuterne i sintomi e le cure, cose già perfettamente esposte nei libri di testo disponibili; del resto, li si può indagare in tutte le loro fasi, in qualsiasi ospedale.

Ho invece trattato le cause latenti di malattie come la tubercolosi, la sifilide, il cancro, inerenti al singolo uomo, all’umanità in genere e al nostro stesso pianeta. Ne ho esposto le origini psicologiche e ho indicato un campo, praticamente inesplorato, dove studiarle, specie nelle loro prime fasi.

Quando la base psicologica della malattia sarà accertata, e la sua vera natura riconosciuta dal medico, dal chirurgo, dallo psicologo e dal sacerdote, questi lavoreranno concordi in un nuovo campo di conoscenza, e ne nascerà quella che oggi, in modo impreciso, si chiama “medicina preventiva”.

Io però preferisco designare questo campo di intervento medico come l’insieme sistematico dei metodi per evitare la malattia, e delle tecniche di corretta educazione psicologica, inculcata fin dai primi anni d’età, nonché quell’insistere sull’uomo interiore spirituale, che assieme combattono quelle condizioni e abitudini oggi sicure foriere di cattiva salute, sintomatiche di malattia e infine di morte.

Con quanto ho detto sopra, non mi riferisco a scienze speculative e affermative come la Scienza Cristiana, oppure a quelle scuole di pensiero che attribuiscono tutte le malattie al potere del pensiero.

Io mi interesso dell’urgente necessità di una corretta educazione psicologica, basata sulla conoscenza della costituzione umana, sulla scienza dei sette raggi (le forze che condizionano l’uomo e lo fanno qual è) e sull’astrologia esoterica; alludo all’applicazione di conoscenze, finora considerate peculiari ed esoteriche, che lentamente divengono di pubblico dominio, e hanno fatto molto progresso negli ultimi venticinque anni.

Non sostengo affatto l’abolizione delle cure mediche, né d’altra parte intendo sostenere le nuove terapie, tutte ancora in fase sperimentale, ma che possono contribuire alla medicina in genere; certamente dall’unione di tutti questi apporti la cura dei malati sarà migliore e più adattabile.

Molto tempo sarà necessario per completare il quadro, da me abbozzato, delle cause psicologiche delle malattie; nel frattempo il contributo della medicina è indispensabile. Nonostante tutti gli errori e le diagnosi inesatte, l’umanità non può stare senza dottori e chirurghi, né senza ospedali. Essi sono urgentemente necessari, e lo saranno ancora per secoli.

Ma questo discorso non vi scoraggi. Non si può restituire immediatamente il genere umano alla salute perfetta, anche se la giusta educazione psicologica, data fin dall’infanzia, darà ottimi risultati nel volgere di pochi decenni. Molto tempo è stato necessario per stabilire condizioni errate.

La medicina moderna deve ampliare le sue concezioni, dev’essere più sollecita ad accogliere (dopo debita verifica) ciò che è nuovo, insolito e innovatore. (Paolo Lissoni)

Deve abbattere le barriere erette dagli specialisti, e decidersi a includere nell’ortodossia anche le nuove scuole, dopo averle indagate ed esaminate a fondo. Le nuove scuole quali, ad esempio, l’elettroterapia, la chiropratica, la dietetica, che pretende di guarire qualsiasi male semplicemente somministrando alimenti adatti, i piuttosto eccentrici naturopati e molte altre, devono dal canto loro astenersi dal sostenere con arroganza di sapere tutto, di essere ciascuna la sola a possedere il rimedio universale, unico e sicuro.

I chiropratici, specialmente, hanno gravemente danneggiato la loro causa e limitato i loro successi con le loro conclamate pretese di guarigione assicurata (in un campo ancora in fase sperimentale), e per i continui attacchi sferrati contro la medicina accademica. Questa poi, rifiutandosi di riconoscere ciò che di giusto e utile offrono le nuove scuole, ha nociuto a se stessa.

Questa scuola è stata quindi avversata perché pretendeva di essere riconosciuta, oltre che per la sua mancanza di metodi scientifici. Il desiderio della medicina ortodossa è di proteggere il pubblico in generale. Deve farlo in ogni caso, anche per evitare i disastri causati dai fanatici e da metodi non verificati. 

Ma indubbiamente ha esagerato in tal senso. La scuola di pensiero che ho qui proposto dev’essere provata per lungo tempo. Ma le conseguenze mentali e psichiche provocate dalla guerra mondiale affretteranno assai il riconoscimento

delle origini psicologiche delle malattie e di altri disordini; ecco la grande occasione che oggi si presenta alla medicina.

Il combinarsi del vero sapere medico (ispirato all’uomo, nei millenni, dalla sua stessa natura divina) con le terapie più moderne proposte dalle nuove emergenti scuole di pensiero, pratiche e sperimentali, nonché il riconoscimento delle energie che condizionano l’uomo mediante i sette centri del corpo vitale, e degli influssi astrologici che lo plasmano in modo altrettanto potente tramite l’uomo interiore, daranno infine origine a un nuovo sistema medico capace di preservare la salute, di bloccare lo sviluppo del male al primo apparire, e finalmente iniziare un periodo in cui la malattia e la cattiva salute sarà l’eccezione, anziché la regola, e la morte una liberatrice sospirata e ben accolta, anziché una terribile nemica come oggi.

La seconda questione riguarda appunto la morte. È stato chiesto: cosa pensa il Tibetano della cremazione, e sotto quali condizioni è opportuno praticarla? Per buona sorte, questa pratica si diffonde sempre più. Fra non molto, l’inumazione sarà bandita e la cremazione prescritta per legge, e sarà una vera e propria misura igienica e sanitaria.

Quei luoghi insalubri, psichicamente sporchi, che sono i cimiteri, spariranno, così come ora svanisce il culto degli antenati, non solo in Oriente, ma anche in Occidente, dove si venera in modo altrettanto puerile il lignaggio ereditario.

Il fuoco dissolve qualsiasi forma, e quanto più rapidamente si distrugge il veicolo fisico, tanto più velocemente esso lascia la presa che ha sull’anima in atto di ritrarsi. In molti testi teosofici si sono scritte inesattezze circa il tempo che intercorre fra le successive distruzioni dei corpi sottili. Si può comunque affermare che quando la vera morte sia scientificamente accertata (dal medico a ciò preposto), e il corpo fisico non ospiti più alcuna scintilla di vita, si può subito procedere alla cremazione.

Si ha morte vera o totale, quando il filo della vita e quello della coscienza siano stati completamente staccati dal cuore e dalla testa. Ma bisogna che nel processo ci sia spazio per il rispetto e nessuna fretta: ai parenti occorrono alcune ore per adattarsi all’imminente scomparsa della forma esterna e amata del defunto; inoltre sono indispensabili le operazioni di stato civile. Sia chiaro però che questo ritardo riguarda solo i rimasti, i viventi, e non il morto.

Affermare che il corpo eterico non dev’essere dato alle fiamme troppo presto, nella credenza che sia bene lasciarlo vagare per parecchi giorni, è cosa assolutamente sprovvista di fondamento. Non esiste una necessità eterica per indugiare. Quando l’uomo interiore si ritrae dal suo veicolo fisico, abbandona simultaneamente anche il corpo eterico.

È vero invece che il veicolo eterico può aggirarsi a lungo nel “campo di emanazione”, quando si ricorre alla sepoltura, e molte volte persiste fino alla completa disintegrazione del corpo denso. La pratica egiziana di mummificare e l’imbalsamazione usata in Occidente, rimandano anche per secoli il dissolversi del corpo eterico.

Ciò è tanto più pernicioso quando la mummia o l’imbalsamato, era una persona malvagia durante la vita; in tal caso quel guscio eterico è spesso “posseduto” da entità o forze malvagie. Questo spiega gli incidenti e i disastri cui sovente capitavano agli scopritori di tombe antiche, che ne trassero le mummie riportandole alla luce.

Quando si ricorre alla cremazione non soltanto il corpo fisico viene immediatamente distrutto e restituito alla fonte della sostanza, ma anche il corpo vitale si dissolve con rapidità, e le fiamme trascinano le sue forze alla riserva universale delle energie vitali, di cui sono sempre state parti inerenti, con o senza forma.

Dopo la morte e la cremazione queste forze persistono, ma assorbite nel tutto analogo. Meditate su questa fase, che dà la chiave per comprendere l’opera creativa dello spirito umano.

Se per riguardo ai sentimenti dei familiari o per necessità di stato civile la cremazione dev’essere dilazionata, tale ritardo non dovrebbe superare le trentasei ore dopo il decesso; se non esistono valide ragioni, si può procedere anche solo dopo dodici ore: questo tempo è necessario e consigliabile per essere certi della vera morte.

sabato 8 ottobre 2022

Vanitas vanitatum et omnia vanitas


Cabinet de reflexion - Vanitas vanitatums 


Vanitas vanitatum et omnia vanitas

"ritornerai dalla terra da cui sei stato tratto, poiché tu sei polvere e in polvere ritornerai" (Genesi 3,19)
Vanitas vanitatum et omnia vanitas (in italiano, "vanità delle vanità, tutto è vanità") è una locuzione latina. Come Nihil sub sole novum, la frase è tratta dalla versione in latino del Qohelet (o Ecclesiaste), un libro sapienziale della Bibbia ebraica e cristiana - in cui ricorre per due volte (Ecclesiaste 1, 2; 12, 8[)

La costruzione ridondante «vanitas vanitatum» ("Vanità delle vanità") è, in realtà, un calco linguistico dall'ebraico havel havalim. Nella lingua biblica questo tipo di ripetizioni ha un valore superlativo, per cui la traduzione letterale della frase sarebbe la più grande vanità (analogamente, il Cantico dei Cantici significherebbe il più bel Cantico, il Re dei Restarebbe per il Re più potente, e il Sancta Sanctorum starebbe per il (luogo) più santo).




Goethe e Schopenhauer

La poesia di Goethe 'Ich hab' mein Sach aut Nichts gestellt' ['Ho puntato la mia carta sul nulla'] ci dice che solo dopo che sarà stato costretto a deporre tutti i possibili desideri e a far ritorno alla nuda esistenza l'uomo potrà ottenere tutta la serena tranquillità e moderazione necessarie per trovar sopportabile il presente e, con esso, la vita intera. (Arthur Schopenhauer, Taccuino italiano, p. 31)

Tra Goethe e Schopenhauer vi erano quasi quarant'anni di differenza. Ciononostante il poeta nutriva per il giovane filosofo, che aveva conosciuto personalmente a Weimar, stima e considerazione (pur trovandone ostico il carattere caparbio). Dal canto suo, Schopenhauer ebbe per Goethe grandissima ammirazione: tutte le sue opere traboccano di citazioni goethiane, e costante è il riferimento al Goethe grande scienziato oltre che grande poeta. In particolare, Schopenhauer, nello scritto 'La vista e i colori', approfondì e sviluppò la 'Teoria dei colori di Goethe'.

VANITAS! VANITATUM VANITAS! 

Ho puntato la mia carta sul nulla.
Evviva!
Per questo tutto mi va così bene.
Evviva!
E chi vuol essere mio compagno
brindi e canti con me, e con me vuoti
il bicchiere fino in fondo.
Avevo puntato sui beni e il denaro.
Evviva!
Per questo persi l'allegria e il coraggio.
Ahimè!
Si spendevano soldi a destra e a manca,
e come li agguantavo da una parte
quelli mi riscappavano dall'altra.
Volli puntare allora sulle donne.
Evviva!
E me ne vennero guai a non finire.
Ahimè!
L'infedele se ne cercò un altro:
la fedele mi venne a noia;
la migliore non era disponibile.
Quindi puntai su viaggi e traversate.
Evviva!
Così lasciai i costumi nostrani.
Ahimè!
E dovunque restai insoddisfatto:
il cibo insolito, il letto scomodo,
e nessuno mi capiva davvero.
Puntai in seguito sulla fama e gli onori.
Evviva!
Ed ecco subito uno con più meriti.
Ahimè!
Siccome avevo voluto distinguermi
la gente mi guardava di traverso:
per nessuno avevo agito giusto.
Puntai allora sulla lotta e la guerra.
Evviva!
E qualche volta ci riuscì di vincere.
Evviva!
Invademmo la terra del nemico,
non andò granché meglio all'alleato,
e io ci rimisi una gamba.
Ora ho puntato tutto sul nulla.
Evviva!
E mi appartiene l'intero pianeta.
Evviva!
Sono finiti canti e banchetti.
Ora bevetemi tutti i fondi
fino all'ultima stilla.