venerdì 27 maggio 2022

Fisica Quantistica nei Veda


I Veda sono una raccolta di testi sacri induisti riuniti in quattro raccolte fondamentali (Rig-Veda, Sama-Veda, Yajur-Veda e Atharva-Veda) che preservano la millenaria saggezza religiosa degli Arii, una popolazione stanziata nell’India nord – occidentale intorno al XX sec. a. C. 

La parte più antica, il Rigveda Samhita, risale a un’età tra il 1500 e il 1200 a. C. Si tratta di inni, poemi, mantra, racconti mitologici scritti in Sanscrito vedico, che nonostante siano annoverati tra i testi più antichi dell’umanità presentano aspetti estremamente interessanti per i fisici e matematici.


The DNA of Every Form Is Emptiness 


I Veda e il pensiero classico greco possiedono elementi comuni sia alla fisica quantistica che al concetto di Sincronicità. Niels Bohr, Werner Heisenberg e Erwin Schrödinger consultavano regolarmente i testi vedici, Platone e Aristotele, che trovavano di grande ispirazione per le loro ricerche, mentre Albert Einstein leggeva la Bhagavad Gita.

“L’accesso ai Veda è il più grande privilegio
Che questo secolo possa rivendicare, su tutti
i secoli precedenti.”
Robert Oppenheimer (1904-1967)

Nel 1929 Heisenberg passò un po’ di tempo in India (…)
Si rese conto che la relatività, l’interconnessione e
l’impermanenza costituivano la base stessa delle tradizioni spirituali
indiane: si trattava di aspetti fondamentali della realtà fisica
che erano stati estremamente difficili da assimilare da lui
e dai suoi colleghi fisici”

(Fritjof Capra, Uncommon Wisdom, Flamingo, 1989)

LE UPANISHAD

Tradizionalmente si ritiene che i commentari filosofici dei Veda, le Upanishad, risalgano a un periodo tra il IX e il II sec a. C. quindi aggiunte successive ai Veda. Nelle Upanishad si ritrovano diversi concetti propri della fisica quantistica, dalla cosmologia, al concetto di consapevolezza della realtà ultima e del tempo:

Dietro al palcoscenico del mondo esiste una realtà trascendente, infinita, adimensionale che viene limitata e malcompresa dai sensi umani, i quali possono solo dare un’idea molto parziale e fuorviante

Il tempo viene percepito dai sensi in maniera lineare e limitata e di conseguenza essi ne danno un’immagine concettuale errata. Le tecniche meditative hindu, buddhiste, ecc. servono a manifestare la vera consapevolezza della realtà libera dalle catene cognitive illusorie dell’essere umano.

I VEDA E LA FISICA CONTEMPORANEA

In effetti la cultura indiana antica e la filosofia dell’Induismo sono intimamente legati a concetti matematici, aspetto testimoniato oggi dalla naturale predisposizione dei popoli del continente indiano per questa materia: non è un caso che proprio in quest’area della Terra sia stato elaborato il concetto di zero (शून्य (śūnya), poi diffuso dai Musulmani in Occidente, che ha uno stretto legame con la ricerca della realtà profonda.

Infatti, la nozione matematica di zero è molto vicino all’idea di nulla, o di vuoto. Nei Veda il concetto di realtà ultima si identifica con lo stato di consapevolezza suprema, il Brahman, (Shunya or Shunyata nelle Scritture buddhiste. Brahman è il Dio immanente, trascendente, invisibile ed eterno, che non possiede forma, e infatti il termine Shunya significa sia zero che vuoto, o nulla e identificandosi con il Brahman assume sia il valore zero che infinito.

“La molteplicità è solo apparente.
Questa è la dottrina delle Upanishad.
E non solo delle Upanishad (…)”  
Erwin Schrödinger (1887–1961)

BRAHMAN E ĀTMAN

I Veda sostengono l’idea di Brahman come un campo enorme che costituisce la vera realtà dell’universo e non si divide in oggetti con dimensioni maggiori o minori ma rimane ciò che è alla base della realtà, ovvero la realtà stessa, pur manifestandosi in ogni forma e oggetto dell’universo visibile.

Esso è senza dimensioni e coincide fondamentalmente con il concetto di non località quantistica: si tratta di un concetto di Dio molto diverso da quello di altre religioni, specialmente quelle che si basano sulla Torah, il Corano e la Bibbia, ma in effetti non ne è nemmeno lontano. In Brahman sono compresenti tutti i piani dell’esistenza: divino, umano ed altri infiniti, superiori ed inferiori al piano umano, ritenuti illusori ma comunque ritenuti reali per gli esseri viventi che li abitano.

Tutti i mondi e gli universi esistenti e possibili, sono quindi un modo in cui Brahman si manifesta: tuttavia sono illusori e in pratica eventi imprevisti che esistono nel Brahman in potenza ma diventano forma e immagine nel momento in cui qualcuno li osserva.

Ātman, che nella filosofia orientale può essere assimilata al concetto individuale di anima, identifica la proiezione soggettiva della realtà profonda, il Brahman: Ātman è la coscienza spirituale dell’individuo. Tuttavia non è altro che una manifestazione separata e individuale dello stesso Brahman, e quindi in ultima analisi sono la stessa cosa.

Entrambi sono definiti come stati complementari di consapevolezza: mentre Ātman si manifesta come coscienza individuale in un luogo e tempo specifici, immanente, localizzato e localizzabile. Brahman è lo stato trascendente senza tempo, né dimensioni.

Se il Brahman, la suprema consapevolezza, è immateriale, senza forma, trascendente e senza tempo, non localizzato e non localizzabile, l’unico modo per percepirlo è proprio sperimentare questa consapevolezza cognitiva.

Si può dire che l’insegnamento fondamentale delle Upanishad colto da Schrödinger, consiste nel divenire consapevoli che non esiste molteplicità, che le suddivisioni in particelle minori della materia sia una illusione che si risolve nel Brahman, e che la coscienza limitata di Ātman funziona in complementarità con la coscienza universale di Brahman. 

Questo implica la compresenza in ogni particella elementare di un qualche grado di consapevolezza, una condizione conosciuta nella filosofia occidentale come Panpsichismo che dai presocratici fino al Rinascimento e a Leibniz, sembra tornare con regolare frequenza.Erwin Schrödinger

Erwin Schrodinger, riassunse così l’illusorietà del multiforme “La pluralità che percepiamo è solo un’apparenza, non è reale. La filosofia dei Veda ha cercato di chiarirlo con una serie di analogie, una delle più attraenti è il cristallo dalle molteplici sfaccettature che, pur mostrando centinaia di piccole immagini di quello che in realtà è un unico oggetto esistente, non moltiplica realmente quell’oggetto (…). La molteplicità è solo una apparenza (…)”

BRAHMAN, ĀTMAN E FUNZIONE D’ONDA

Ė ora chiaro il motivo per cui i Veda risultano di enorme interesse per i fisici: in particolare l’insegnamento vedico, o meglio la “scienza vedica” trova un esatto corrispettivo nella così chiamata Funzione d’Onda, che descrive una particella nello spazio in tutti i suoi vari stati possibili, anche nel passato, nel presente e nel futuro. 

Ovvero una particella ha la potenzialità di manifestarsi in infiniti stati in potenza, Brahman coincide con lo stato della funzione d’onda della particella, mentre Ātman corrisponde al collasso della Funzione d’Onda, ovvero nel momento in cui si misuri la particella essa cesserà di essere definita dalla Funzione d’onda per acquisire uno degli infiniti stati possibili.

“Quando leggo la Bhagavad-gita e rifletto su come Dio ha creato questo universo tutto il resto mi sembra così superfluo… Sostengo che il sentimento religioso cosmico è il motivo più forte e nobile per la ricerca scientifica.”
Albert Einstein (1879-1955)

I VEDA E IL CAMPO UNIFICATO

In fisica si considerano materia ed energia come espressione di quattro forze fondamentali: forza nucleare forte, forza nucleare debole, forza elettromagnetica e forza di gravità; il modello classico della fisica concepisce un universo costituito da energia e materia solida, quest’ultima costituita atomi e parti subatomiche, materia misurabile e definibile. Si descrive un mondo che corrisponde alla nostra quotidianità, formato da blocchi di materia separati nel tempo e nello spazio e distinti dalla mente umana: l’uomo percepisce quindi ciò che vede e sente come separato da sé.

Una delle conquiste della fisica quantistica è il concetto di campo unificato, ovvero la concezione di un unico campo alla base delle forze fondamentali. Esso è la fonte iniziale di ogni cosa visibile in natura: tuttavia trascende l’esistenza, si potrebbe tentare di immaginarlo come un campo di informazione pura, autosufficiente che presenta caratteristiche insolite che sconfinano nella metafisica, quali intelligenza e dinamismo infiniti.

Inoltre il modello classico è sostituito da una visione completamente diversa, in cui la materia non si considera solida ma semplicemente una vibrazione perturbata, una sorta di condensazione in un grande campo unificato.

Werner Heisenberg (1901–1976) introdusse nel 1927 il Principio di Indeterminazione, secondo cui è possibile stabilire con precisione la posizione o la traiettoria di una particella ma non entrambi simultaneamente in quanto la semplice osservazione produrrebbe un cambiamento: per esempio se si volesse utilizzare un microscopio per osservare la particella potremmo ingrandire sempre più ma alla fine per vederla saremo costretti ad illuminarla cioè irradiarla con un fascio di fotoni, che possedendo energia ed impulso finirebbero per imprimere alla particella stessa un moto differente e diversa energia.

In altre parole, nel momento in cui un osservatore tenta di misurare o determinare la posizione introduce un cambiamento. Quindi un osservatore non può mai essere passivo e introduce una indeterminazione.

Inoltre le particelle possono assumere a volte forma corpuscolare altre volte ondulatoria, il che porta all’impossibilità di descrivere matematicamente e con precisione traiettoria e posizione di una particella: è possibile solo descriverla in termini di ampiezze di probabilità, come una curva o un campo che indica la probabilità statistica della posizione e del moto.

In definitiva la fisica quantistica rivela un mondo completamente differente da quello newtoniano, composto da campi energetici che provengono da un unico campo unificato: ciò introduce una enorme novità in molti campi della ricerca umana, in quanto ogni singolo essere vivente non è più una entità unica e differente dalle altre ma si rivela un punto focale di intelligenza all’interno del campo unificato.

Inoltre questo stato illustra la completa interconnessione tra gli individui, e tra essi e l’universo, un richiamo agli insegnamenti di Giordano Bruno: questa visione della realtà costituisce una vera e propria rivoluzione dalla portata ancora più ampia di quella galileiana e copernicana perché sconfina in campi riguardanti la morale, la teologia, e coinvolge la sfera personale di pensiero di ogni individuo.

I Veda tuttavia fanno un passo oltre, insegnando che il campo unificato da cui tutto si genera, comprese le leggi fisiche dell’universo, è pura intelligenza, pura coscienza e pura consapevolezza, che essendo totalmente risvegliata a sé stessa è una pura singolarità. In altre parole la fonte da cui ogni cosa si genera materialmente è la coscienza, o consapevolezza universale.

“Per un parallelo alla lezione della teoria
atomica dobbiamo rivolgerci a questo tipo
di problemi epistemologici con cui già pensatori
come il Buddha e Lao Tzu si sono confrontati,
cercando di armonizzare la nostra posizione in
qualità di spettatori e attori nel grande dramma
dell’esistenza.”
Niels Bohr (1885–1962)

IL CONCETTO DI SINCRONICITÀ: 
UNUS MUNDUS, DEJAVU ED ENTANGLEMENT

Carl Gustav Jung, allievo di Freud e grande esperto di spiritualità orientale, riconosceva l’esistenza di fenomeni psichici particolari che denominò coincidenze significative: queste avevano luogo per esempio quando si pensava a un amico lontano e proprio in quel momento questo amico chiamava al telefono. 

Alcune di esse erano talmente circostanziate da far pensare a una coincidenza legata a un significato preciso, non casuale, come quando Jung stava prendendo appunti sul sogno che una sua paziente gli stava raccontando riguardante un particolare tipo di coleottero ed ecco che proprio quel coleottero entrò in quel momento dalla finestra.

Lo studioso elaborò la teoria secondo cui questi eventi senza alcun collegamento causale si attraggono tra loro come calamite perché connessi a un livello più profondo della normale realtà della vita, come se fossero parte di due universi distinti che venivano in contatto in quel momento.

“Jung approfondì questa tematica dal 1932 grazie al padre della fisica quantistica Wolfgang Pauli che all’epoca era suo paziente. Dall’incontro di queste due menti straordinarie nacque il concetto di Sincronicità, la teoria secondo cui due eventi sincronici, che non rientrano nelle normali coincidenze e che avvengono nel medesimo istante, siano intimamente correlati rientrando nel tipo di comportamenti descritti dalla fisica quantistica,

Gli eventi che potevano essere inclusi nelle coincidenze significative sono quindi connessi e possono influire uno sull’altro come suggerisce l’entanglement.

Questo permise a Jung e Pauli di cominciare ad intravvedere uno schema, una sorta di matrice nel caos, come se fosse l’evidenza di un disegno intrinseco alla realtà a più livelli: esso segnala l’esistenza di un ordine comune, che collega ogni elemento dell’universo.

Come la fisica riconosce l’esistenza di molte più dimensioni e universi di quelli che vediamo, così Jung ipotizza che eventi come quelli di cui stiamo parlando abbiano luogo quando questi universi vengono a contatto. Ė qualcosa che sta dietro alla nostra realtà, come un palcoscenico dietro al palcoscenico, e lo chiamò Unus Mundus.

Attivare l’inconscio significa risvegliare il divino, la devi, Kundalini, significa dare inizio allo sviluppo del sovra-personale all’interno dell’individuo per accendere la luce degli dèi: Kundalini... è il sovra-personale, il non-Io, la totalità della psiche, e soltanto grazie a lei possiamo raggiungere i cakra più alti in senso metafisico e cosmico” (Jung – La psicologia del Kundalini- Yoga – Bollati Boringhieri, pag. 114, 115).

Jung si era convinto che queste coincidenze, come un déjà-vu, o altre simili, fossero collegate a un livello più profondo; un po’ come pinnacoli ghiacciati che emergono dal mare potrebbero apparire elementi singoli e si rivelano invece parte dello stesso iceberg quando si osservi più in profondità sotto la superficie dell’acqua. Pensava per esempio che l’umanità avesse creato un’enorme biblioteca comune in cui risiedevano i simboli più antichi, che chiamò archetipi. E le menti sarebbero collegate. Come tutto nell’universo.

Esperimenti successivi confermarono questa visione della realtà definendola nel concetto di Entanglement, o Correlazione Quantistica: due particelle subatomiche inizialmente interagenti vengono poste a grande distanza l’una dall’altra e continuano ad essere correlate, come se fossero la stessa particella. 

L’Entanglement ha implicazioni molto profonde che arrivano a toccare personalmente ogni individuo, anche nelle credenze più radicate: potrebbe spiegare per esempio come sia possibile, per chi crede, che Dio ascolti tutte le preghiere istantaneamente; essendo tutti legati a un livello enormemente profondo si è tutti uno solo e diversi nello stesso momento. Non vi è più distanza da coprire.”

L’ILLUSIONE SENSORIA

“Ė nelle Upanishad che pongo le mie domande…”
Niels Bohr

Molti in secoli e millenni precedenti avevano avuto la medesima percezione, da Platone col mito della caverna, a Giovanni Scoto, Gerhard Dorn, Kant fino a Schopenhauer in età moderna, e infine Jung: fisica, filosofia psicanalisi, religione, nel profondo sono la stessa cosa, o aspetti apparentemente differenti della medesima sostanza che si manifesta in modo differente, parziale ed illusorio quando percepite dai sensi umani.

Schopenhauer aveva identificato il concetto che la vita sia sogno e il velo di Maya (l’illusione) impedisce di acquisire la vera essenza della realtà. Heisenberg, Hoppenheimer (che studiò il Sanscrito per riuscire a leggere la Bhagavad Gita e i Veda in lingua originale), Einstein, Jung e Pauli, avevano in qualche modo sollevato il velo, acquisendo consapevolezza intellettuale (diversa dalla percezione diretta) del multiverso e della realtà del Campo Unificato ma nel modo necessariamente limitato in cui la mente lo poteva elaborare: si tratta di risultati di enorme rilevanza nelle sue conseguenze.


Il fatto che le particelle materiali assumano il valore di onde o corpuscoli a seconda delle situazioni conferma il fatto che la materia come la vediamo è una sorta di inganno olografico creato dall’osservatore ma non ha un corrispettivo nella realtà profonda che è molto diversa. 

Quindi la realtà che osserviamo non è altro che una grande illusione che se compresa, percepita, permette la presa di coscienza che siamo tutti nel profondo interconnessi al medesimo campo unificato, o Brahman.

Sintetizzando: la materia non è ciò che vediamo e riteniamo solido ma è formata da onde di energia. La coscienza dell’uomo può far collassare le funzioni d’onda e può addirittura influire sulla realtà stessa. La separazione tra gli individui ma anche tra gli oggetti materiali è un’illusione che impedisce la percezione della realtà profonda, la consapevolezza del tutto. Di conseguenza tempo e spazio, ma anche la differenza tra passato presente e futuro si annullano, e divengono coesistenti.

FELICITÀ Ė CONSAPEVOLEZZA DELLA VERA REALTÀ

“Se sei depresso vivi nel passato, se sei ansioso vivi nel futuro, se sei in pace vivi nel presente.” 
Lao Tzu

Secondo le Upanishad la felicità non è uno stato emozionale ma uno stato esistenziale di consapevolezza: non è una condizione di fuga dalle sofferenze ma la percezione che porta all’essere liberi dalla sofferenza, sollevando così il velo di Maya, l’illusione, così da poter percepire il tutto.

La fisica dei quanti rivela che non può esistere una realtà indipendente dall’osservatore, anzi l’universo avrebbe bisogno di un osservatore per esistere. Per i Veda lo stato di Samadhi, la percezione o stato contemplativo assoluto in cui il pensiero afferra immediatamente la forma dell’oggetto senza l’aiuto delle categorie e dell’immaginazione, si raggiunge proprio quando si annulla la distanza tra osservatore e realtà ed entrambi si fondono, realizzando la vera natura delle cose.

IL PENSIERO CLASSICO GRECO E LA FISICA QUANTISTICA

“La fisica moderna ha deciso definitivamente per Platone.
Le più piccole unità di materia non sono oggetti fisici.
Sono forme, strutture, o – nel senso di Platone – idee”.
Werner Heisenberg

Nella loro straordinaria indagine alla ricerca della realtà profonda Heisenberg e Schrödinger rileggono la filosofia greca, allontanandosi da Democrito per avvicinarsi all’atomismo immaterialista di Platone secondo cui le particelle piccolissime componenti la materia corrispondono a figure matematiche geometriche in cui entra in gioco un concetto di simmetria che i due fisici vedono molto simile a quello insegnato dalla fisica quantistica.

Si tratta in effetti di un paradosso: è materia composta da non-materia, questi solidi regolari di base sono forme immateriali, ben diversi dagli atomi materiali di Democrito: nella filosofia di Platone sono idee, creatività pulsante.

Heisenberg approfondisce anche il pensiero di Aristotele, e trova concetti simili al suo campo di studi: infatti il concetto di potentia è qualcosa che sta nel mezzo tra l’idea e la sua attuazione in atto, tra l’essere e il non essere, molto vicino all’onda di probabilità. Aristotele chiama la realtà energeia, e Heisenberg coglie la similitudine con la sua fisica secondo cui le particelle quantistiche per divenire reali hanno bisogno di energia. 

E di essere osservati: finché non lo sono rimangono in uno stato fluttuante di possibilità: Aristotele descrive forme che portano la materia nel mondo reale, come per la fisica dei quanti le misure rendono reali le infinite possibilità esistenti.

Si chiude così un anello millenario che collega la filosofia greca antica e l’essenza della spiritualità indiana alla fisica subatomica dei quanti: in ultima analisi l’anello esiste perché questi tre enti fondamentalmente cercavano di comprendere la stessa cosa: la realtà profonda, l’intima natura delle cose e dell’universo. Stupisce in particolare la complessità e la profondità della scienza spiegata dai Veda e dalle Upanishad e naturalmente ci si potrebbe chiedere il motivo di tanta accuratezza. Una domanda importante che richiede una risposta altrettanto esaustiva, che potrebbe giungere da ricerche multidisciplinari in atto.







BIBLIOGRAFIA

Fritjof Capra, Uncommon Wisdom, Flamingo, 1989
Giuseppe Gembillo, Werner Heisenberg. La filosofia di un fisico, Giannini, Napoli 1987
Johann Götschl et al., Erwin Schrödinger’s World View: The Dynamics of Knowledge and Reality, Kluwer Academic, ©1992.
Werner Heisenberg, Across the frontiers, Ox Bow Press, 1990
Werner Heisenberg, Physics and Beyond, Allen & Unwin, London, 1971
Werner Heisenberg, Physics and Phiosophy, Allen & Unwin, London, 1959
Lothar Schäfer, In Search of Divine Reality: Science as a Source of Inspiration, University of Arkansas Press, 1997
Carl Friedrich von Weizsäcker, Pioneer of Physics, Philosophy, Religion, Politics and Peace Research, Ulrich Bartosch, 2015

venerdì 20 maggio 2022

Alchimia e Medicina nel terzo millennio


File:Pineal gland.gif

Introduzione alla medicina del terzo millennio

      
Per secoli e secoli, filosofia materialistica ed idealistico-religiosa si sono combattute sulla scena del mondo, pretendendo ognuna di rappresentare la verità. Questa visione dualistica della vita, applicata alle scienze medico-biologiche, ha provocato una netta opposizione fra visione fisico-chimica e psicologica della realtà della coscienza umana. 

La psicologia, in particolare nella sua caratterizzazione psicoanalitica, ha da sempre rifiutato e negato la possibilità di conoscere le basi chimiche delle emozioni e degli stati di coscienza, ravvisando in ciò il timore del proprio tramonto. '

All'opposto, la concezione organicistico-materialistica aveva considerato l'elemento psico-mentale un semplice sottoprodotto del cervello fisico.

Anche la cosiddetta medicina psicosomatica, rimasta lontana dalla rapida evoluzione del sapere biologico di questi ultimi anni, poco ha contribuito alla comprensione dell'unicità biopsico-spirituale dell'essere umano, limitandosi per lo più alla sola valutazione degli effetti nervosi e neurovegetativi quale chiave delle relazioni psiche-corpo, trascurando invece pressoché del tutto le conoscenze derivanti dalla moderna psiconeuroendocrinologia e psiconeuroendocrino- immunologia. 


La concezione magico-alchemica del mondo ha, invece, da sempre sostenuto che sia la psiche che l'autocoscienza sono corpi che esistono indipendentemente dal corpo fisico quali realtà di materia ed energia sottili, ma al contempo che esiste per ogni stato emotivo e per ogni stato di coscienza un equivalente chimico, un sale nel senso di precipitato fisico-chimico (ormone, neuroormone, neurotrasmettitore, neuropeptide, citochina), che media a livello fisico le realtà sovrasensibili psichiche, mentali e spirituali, senza il quale non sarebbe possibile provare a livello di corporeità la gamma infinita degli stati emotivi e di coscienza dell'essere. 

Secondo la concezione alchemica del mondo, il cervello fisico è simile ad uno Zodiaco, ove ogni influsso celeste trova una sua precisa mediazione chimica di tipo neuro-trasmettitoriale o neuromodulante. 

L'alternanza di luce e di tenebre (primo atto creativo della Genesi) modula il cervello attraverso la ghiandola pineale, ritenuta dagli antichi filosofi la sede dell'anima, ed attraverso altri sistemi neurochimici, quali il sistema oppioide cerebrale, producente endorfine, enkefaline e dinorfine. 

Il sistema oppioide, che media i vari stati emotivi della vita inconscia, raggiunge la sua massima attività nelle ore diurne, mentre la ghiandola pineale, attraverso la produzione del suo principale ormone (la melatonina), raggiunge l'acme della sua funzione durante le ore di oscurità ed è relata agli stati di coscienza spirituale, vale a dire sovramentale. 

Anche se l'oceano della conoscenza della mediazione chimica degli stati di coscienza rimane ancora insondato, le ricerche condotte in questi ultimi anni, in particolare ad opera della psiconeuroimmunologia, hanno consentito di raggiungere una sapienza fino a pochi anni fa insperata.

Possiamo così riconoscere l'esistenza di due sistemi neurochimici fondamentali polari e complementari fra di loro: il primo è connesso alla vita inconscia e corrisponde al sistema oppioide, il secondo è connesso agli stati di amplificazione della coscienza in senso spirituale. 


Il sistema oppioide, che opera attraverso la produzione di endorfine ed enkefaline, è relato allo stress, al controllo del dolore ed ai meccanismi di adattamento fisico e psichico. Questo sistema media la condizione di immunodepressione indotta dallo stress. L'altro sistema è costituito dalle interazioni fra ghiandola pineale, sistema gabaergico e sistema cannabinergico endogeno, secernente quest'ultimo anandamide, che rappresenta l'equivalente endogeno dei cannabinoidi. 

Questo sistema è connesso alla percezione del piacere, della gioia, della creatività, dell'immaginazione ed alla possibilità di amplificazione degli stati di coscienza. L'attuale scienza medica, mai come ora non più libera di esprimersi quale forza illuminante a causa del suo pressoché totale asservimento alle programmazioni di Mercato, sembra voler rifiutare tutto ciò che è connesso al piacere ed ai processi di espansione di coscienza. 

Vengono studiate le implicazioni chimiche del dolore, 
ma non quelle del piacere e dell'estasi spirituale. 

Vengono studiati gli stati emotivi connessi alle varie condizioni di immunodepressione, quali ad esempio la depressione, l'ansia e lo stress, mentre si finge che non esista l'amplificazione della funzione immunitaria indotta dal piacere o dall'espressione spirituale. Si nega in pratica la possibilità da parte dell'organismo umano di avere potenzialmente già in sé la chimica del paradiso. 

A questa viziatura umana e scientifica ha contribuito il pensiero religioso, come pure sta contribuendo la psicologia, che nega la realtà dello spirito e della chimica della gioia, per porsi a nuova religione. Proprio per questa sua visione sintetica fra chimica e spiritualità viene oggi rifiutata la concezione magico-alchemica del mondo. 

La conoscenza di alcuni organi è stata particolarmente penalizzata, deformata ed amputata dalla secolare dicotomia fra spirito e materia. Primo fra tutti il cuore, considerato una semplice pompa. 

Oggi, invece, la scienza sa che il cuore è in grado di modulare biologicamente la vita dell'intero organismo, avendo esso attività endocrina. Il principale ormone prodotto dal cuore è rappresentato dal peptide natriuretico atriale (ANP); esso esercita non solo effetti metabolici e cardio-vascolari, bensì anche ormonali, in particolare di regolazione dell'attività dell'ipofisi, ed azioni modulanti il sistema immunitario, soprattutto l'attivazione dei linfociti T.

Non è più pertanto solo romanticismo il ritenere che il cuore influenzi perfino la resistenza immunologica dell'organismo. Fra le varie discipline mediche, oggi la più perfetta è senza dubbio l'endocrinologia, essendo l'unica che fonda se stessa non su vecchie ipotesi meccanicistiche, bensì sulla perfetta .analisi delle infinite e meravigliose relazioni fra le varie sostanze provviste di attività ormonale o neurochimica. 


La nuova scienza medica fonderà se stessa non più sulla dottrina del caso, bensì sulla consapevolezza dell'esistenza di archetipi in biologia, così come nella dimensione psichica.

La Natura, cioè, costruisce se stessa secondo sequenze armoniche analogico- cabalistiche.


La trascrizione genetica dal DNA richiede 3 tipi di RNA, come tre sono gli aspetti del divino.
  • 4 sono le basi genetiche nucleotidiche, come 4 sono gli elementi dell'essere (terra, acqua, aria, fuoco);
  • 12 sono i nervi cranici, come 12 sono le costellazioni zodiacali;
  • 22 sono gli amino-acidi come 22 sono gli archetipi dei Tarocchi;
  • 7 sono le principali ghiandole endocrine, come 7 sono i centri maggiori dell'energia vitale (o chakra).
Con questa chiave di lettura analogica, la biologia del terzo millennio verrà ritrascritta ex novo e solo allora apparirà nel suo aspetto di sublime bellezza. L'evoluzione della medicina è ovviamente uno degli aspetti dell'evoluzione dell'umana coscienza e della sua fisicità. 

Fenotipicamente, l'uomo del futuro sarà molto simile come immagine fisica all'uomo del presente (e non certo con una testa gigantesca come alcuni isterici futurologi hanno preteso di vedere anzitempo). 

Profondamente diversa sarà invece la sua neurobiochimica. In particolare si stabiliranno nuove interazioni endocrine (specialmente fra ipofisi e pineale, che, da antagoniste, sempre più diverranno sinergiche, come pure fra pineale e timo) e nuove relazioni fra attività endocrina cardiaca e ghiandole endocrine, soprattutto fra cuore e ghiandola pineale.
  • Il primo millennio appartenne allo spirito; 
  • Il secondo millennio appartenne alla materia; 
  • Il terzo millennio apparterrà in egual modo ad entrambi, apparterrà alla fusione fra spirito e materia quale alchemico sposalizio fra chimica e spiritualità.
Queste saranno le caratteristiche della medicina del terzo millennio:
1) Fusione fra scienza e spiritualità, non più opposizione o al massimo, come ora avviene, tediosa tolleranza, sterile assemblaggio fra nozioni fisico-chimiche e realtà divine.
2) Fusione fra medicina ufficiale e medicine alternative, non nel senso di una anacronistica rivalutazione di antiche conoscenze medico-esoteriche, bensì comprensione scientifica dell'energia vitale, psichica e spirituale.
3) Conoscenza biochimica di ogni stato di coscienza, sia inconscio che sovrasensibile, come pure dei meccanismi chimici indotti da ogni tipo di terapia, ivi compresa la pranoterapia e le altre terapie bio-psico-magnetiche.
4) possibilità di indagare scientificamente e strumentalmente i corpi sottili dell'uomo, da quello bioenergetico sino alla stessa realtà dell'anima, con i suoi meravigliosi colori.
La medicina del futuro non si limiterà più alla cura dell'ammalato o alla prevenzione delle malattie, bensì agirà nel senso di migliorare la chimica stessa della vita: questo sulla base di una precedente e perfetta conoscenza della natura,non per sostituire ad essa una logica meccanicistica, bensì per pilotarne favorevolmente i limiti, secondo !'antico detto alchemico "Natura naturam adiuvat".

Sui tempi della configurazione e della realizzazione di una tale medicina futura, ciò dipende solo dalla dedizione e dall'amorevole servizio al genere umano da parte degli scienziati illuminati, nel momento in cui, opponendosi ad una civiltà che nega sia lo spirito sia la materia, assumeranno in sé i destini del genere umano quali nuovi ed eterni servitori del mondo.

Elementi Chimici del Corpo Fisico


Human Ingredients 




E Dio disse:  «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».  Dio creò l'uomo a sua immagine e a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.

 

Nella mitologia ebraica, abbiamo un duplice mito di Lilith l'uno legato al rapporto con Adamo nell'Eden ( il più complesso ), e l'altro al rapporto con Adamo fuori dall'Eden. Quest'ultimo mito, di tradizione midrashica, narra come Adamo separatosi da Eva, dopo la cacciata dall'Eden e la perdita dell'immortalità, si sia unito a numerosi spiriti, generando con loro. La leggenda più conosciuta, di radice ebraica vede Eva come prima moglie di Adamo e Creata da Dio assieme ad Adamo, anche se ne differisce per composizione: 

sabbia finissima Adamo ( terra sottoposta all'azione del fuoco ),
melma Eva ( terra sottoposta all'azione dell'acqua) 




Numero degli atomi nel corpo umano

Ma quanti atomi sono presenti nelle varie molecole che poi compongono il corpo umano? Si parla, naturalmente, di un numero enorme. In un essere umano dalla corporatura media, diciamo di 70 kg, ci sono 7 miliardi di miliardi di miliardi di atomi, ossia 7 seguito da 27 zeri oppure 7 x 10 elevato alla 27a.

Elementi principali


La maggioranza degli atomi che costituiscono il corpo umano è rappresentata da soli tre elementi: idrogeno (che rappresenta 65% degli atomi contenuti del corpo umano), ossigeno (24%) e carbonio (10%). Il restante 1% include vari elementi tra cui azoto, calcio, fosforo, zolfo e sodio.

Essenzialmente siamo fatti di vuoto

Ma non fatevi spaventare dai numeri: anche il corpo umano, così come qualsiasi altro oggetto o corpo solido, è fatto essenzialmente da vuoto in quanto questa è la caratteristica principale e strutturale di ogni atomo: la maggior parte di esso è fatto dello spazio vuoto che intercorre tra il nucleo in cui sono presenti il neutrone e il protone e la parte esterna, rappresentata dalle orbite dell’elettrone.
E se compattassimo gli atomi di tutti gli esseri umani?

Se, per assurdo, si potessero compattare tutti gli atomi del corpo umano, ossia se si potessero avvicinare gli elettroni al nucleo e compattare il tutto, tutta la razza umana potrebbe essere compressa nel volume di una zolletta di zucchero. Non un singolo essere umano, ma proprio tutta la razza umana con i suoi 7 miliardi di componenti circa.


Questi sono gli elementi principali costituenti il nostro corpo al 96%:
Ossigeno (8O) 65%
Carbonio (6C) 18%
Idrogeno (1H, da Hydrogen) 10%
Azoto (7N, da Nitrogen) 3%

          



Tabella atomica di un uomo medio di 70 kg circa:


Fonti e approfondimenti Nanomedicine Chapter 3 page 1 (IA)
Top 4 Bonkers things about the universe | Latest Features | physics.org (IA)
Questions and Answers – How many atoms are in the human body? (IA)

sabato 14 maggio 2022

Vesica Piscis e il Femminino Sacro


Vesica Piscis 


Vesica Piscis


Con il termine "Vesica Piscis" si indica una figura simbolica che deriva geometricamente dall'intersezione di due cerchi aventi lo stesso raggio ed i cui centri giacciono l'uno sulla circonferenza dell'altro. Il nome latino, che letteralmente significa "vescica di pesce", deriva dall'osservazione che la forma di questa figura ricorda quella della vescica natatoria dei pesci. 
 
Il simbolo era già noto in India, nell'antica Mesopotamia, in Africa e nelle civiltà asiatiche, ma si diffuse ampiamente soprattutto nel contesto cristiano, mediante l'associazione della figura del pesce a Cristo (con la figura dell'ichthys). 
 
Successivamente, nelle elaborazioni iconografiche che seguirono, soprattutto negli affreschi e nei codici miniati medievali, la ‘vesica' viene associata all'immagine del Cristo e della Vergine in maestà, nell'iconografia nota anche come "mandorla mistica".
 
 

La 'Vesica Piscis' e il Doppio Ternario

Questa figura ha differenti proprietà geometriche che l'hanno resa oggetto di numerose speculazioni filosofiche ed esoteriche nel corso dei secoli. Si può innanzitutto osservare che tracciando il tratto orizzontale mediano e unendo i suoi estremi con i due vertici, si vengono a formare al suo interno due triangoli equilateri uguali e contrapposti. In pratica, essi simbolicamente rappresentano il "Doppio Ternario", attivo e passivo, maschile e femminile, che portati l'uno sull'altro formano un altro ben noto simbolo della Tradizione: l'Esagramma, o Stella di Davide. 

Un altro simbolo molto diffuso e conosciuto, il Fiore della Vita, può essere visto come l'intersezione di sei ‘vesicae piscis'. Un notevole esemplare di vesica piscis è stato posto sul coperchio decorativo del pozzo del Graal a Glastonbury, all'interno del Giardino del Calice (Chalice Garden).
 
 
 

Le connessioni con il numero ‘153'

La particolare costruzione fa sì che il rapporto tra la sua altezza e la sua larghezza sia pari alla radice quadrata di 3, ovvero 1.7320508..., un numero irrazionale, illimitato ed aperiodico. Più precisamente, già Archimede di Siracusa dimostrò, nel suo trattato sulla misurazione del cerchio, che questo rapporto era compreso tra due ben determinati valori razionali:

Si può dimostrare che non esistono altre frazioni ottenibili con numeri minori di questi che diano un'approssimazione migliore per questo valore. Ebbene, il più piccolo di questi numeri, il 153, viene citato da Giovanni nel suo Vangelo (21:11) come numero di pesci miracolosamente catturati nella rete a seguito di un miracolo operato da Gesù dopo la sua resurrezione. 

Molti studi e speculazioni sono stati fatti su questo numero e sui suoi significati esoterici, e sul perché sia stato citato nel passo del Vangelo. Tutti sono concordi, infatti, che nel contesto del racconto del miracolo citare il numero esatto di pesci catturati non ha senso, anche se, come sostiene qualcuno, a quei tempi il reddito e le tasse da pagare per un pescatore era calcolato in base al numero ed alla taglia dei pesci catturati. Giovanni, tuttavia, non sta redigendo un libro contabile, ma sta scrivendo un Vangelo, ossia un libro di fede e di insegnamenti mistici.

Già Sant'Agostino, in uno scritto intitolato "De Diversis Quaestionibus Octoginta Tribus" (Su ottantatre diverse questioni), aveva posto l'attenzione su questo versetto del Vangelo e ne aveva fornito una spiegazione simbolica. Il Signore, spiega il santo di Ippona, aveva fatto all'umanità, sin dal principio, di due grandi doni: il Decalogo, ossia un gruppo di 10 comandamenti, e i doni dello Spirito Santo, che sono 7. Questi due valori, il denario e il settenario, combinati insieme danno il numero 17. 
 
Ora, è noto che 153 è un multiplo di 17 tramite il fattore 9 (153 = 9 x 17), ma è anche la somma dei primi 17 numeri, ossia:

153 = 1 + 2 + 3 + 4 + ... + 16 + 17
ossia è uno di quelli che in matematica vengono definiti "numeri triangolari".

Il numero 153 ha un'infinità di altre straordinarie proprietà matematiche. Ne citiamo solo alcune, tra le più curiose: è la somma dei primi cinque fattoriali (dove per "fattoriale" di un numero n si intende il prodotto di tutti gli interi che vanno da 1 a n: n! = 1 x 2 x 3 x ... x n), cioè:

153 = 1! + 2! + 3! + 4! + 5! = 1 + 2 + 6 + 24 + 120

Il 153 è anche un numero "narcisistico", cioè uno di quegli strani numeri che si possono ottenere da particolari combinazioni delle loro cifre componenti. In particolare, il numero 153 può essere ottenuto sommando i cubi delle sue cifre componenti:

153 = 1³ + 5³ + 3³ = 1 + 125 + 27

L'Ichthys e l'emblematica cristiana

Se si disegna la 'vesica' in posizione orizzontale, prolungando un poco oltre i tratti delle circonferenze ad una delle due estremità, si ottiene la forma stilizzata di un pesce. Questo simbolo si può trovare, ad esempio, tracciato su molte lastre tombali nelle antiche catacombe romane. È un emblema che viene chiamato 'Ichthys' (il nome greco del pesce) perché veniva usato dalle primitive comunità cristiane per dissimulare il nome di Cristo. 

Scritta in lettere greche, infatti, la parola "Ichthys" è l'acronimo della frase: "Iesus Christos Theios Yios Soter", cioè "Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore":

 
Successive trasformazioni iconografiche hanno portato, come già anticipato, alla rappresentazione di figure di Santi o Gesù stesso con aureole di questa forma, oppure immagini di Cristo e di Maria in Maestà interamente racchiuse all'interno di una grande mandorla. In questo caso si sfrutta una duplice valenza simbolica della forma: vista come mandorla, o più in generale come seme, essa allude alla generazione della vita e alla vita stessa, in memoria delle parole di Gesù: "Io sono la Via, la Verità e la Vita". 
 
Come intersezione di due cerchi, invece, essa rappresenta l'unione di due dimensioni, quella spirituale e quella terrena, nel quale Cristo, discendendo da Dio nella forma umana incarnata, si pone come mediatore, e pertanto viene rappresentato all'interno dell'intersezione, ovvero della 'mandorla'.

Geometria e architettura sacra

Molti sigilli di ordini religiosi, come ad es. quello dei Cavalieri Gaudenti, e sigilli di Gran Maestri sono stati racchiusi all'interno di forme a mandorla invece di forme rotonde, più usuali. Modernamente, la troviamo parimenti rappresentata nella forma dei collari indossati dagli officianti dei rituali massonici, ma è anche considerata la forma più appropriata per inserirvi le figure dei sigilli delle logge.

Questo perché la "vesica piscis" riveste un'importanza notevole anche all'interno del complesso della simbologia Massonica. Intanto, in architettura, ed in particolare in quella gotica, la forma della "vesica" viene usata come sistema geometrico per il proporzionamento. Questo sistema è stato descritto nel "Vitruvius" di Cesare Cesariano (1521), con il nome di "regola degli architetti germanici".

Sin dall'antichità era noto agli architetti ed ai costruttori che sono tre le forme geometriche essenziali, fondamento di tutte le altre forme: il cerchio, il quadrato e il triangolo. Di queste, il cerchio rappresenta l'elemento più sublime, per la sua perfezione: tutti i punti sulla circonferenza sono equidistanti da un punto centrale, ed inoltre esso non ha angoli, né spigoli, perciò non è possibile definirne né un inizio, né una fine. 

L'idea dell'infinità associata a quella della perfezione ha fatto associare alla figura del cerchio una valenza divina, e anche per questo il cerchio è stato da sempre simbolicamente associato al Cielo (le "sfere celesti" nascono da qui).  

Il cerchio è anche la figura più facile da tracciare su un terreno: basta piantare un piolo e legarvi una corda. Legando all'altro capo un punteruolo e tendendo la corda, girando nel contempo intorno al piolo, il punteruolo traccerà sul terreno una circonferenza perfetta.

Era altresì noto che per dividere esattamente a metà un segmento di linea retta, bisognava tracciare due archi di circonferenza, puntando il compasso (o piantando un piolo, nel caso dei costruttori) in ciascuno dei due estremi e usando come raggio la lunghezza del segmento. 

In questo modo unendo i punti di intersezione delle due semicirconferenze, la retta passante per essi andrà a tagliare il segmento iniziale esattamente a metà. Il risultato di questa operazione è che avremo tracciato intorno alla linea (o sul terreno) una ‘vesica piscis'.

Tra le altre numerose e straordinarie proprietà di questa costruzione, va citata almeno quella per cui per mezzo di essa possono essere calcolate geometricamente le radici quadrate di 2, 3 e 5, i valori fondamentali:

Il culto della Dea Madre e il Femminino Sacro

Guardando la 'vesica piscis' sotto un altro punto di vista, c'è ancora un altro significato simbolico molto importante, legato ai culti della fertilità. L'ovale, infatti, è anche un simbolo universale del Femminino Sacro, e la forma della vescica richiama anche quella della vulva femminile, il 'passaggio della nascita' e l'origine della vita. 

 

The Vesica Piscis represents the Divine Goddess, the womb of creation.
 
Questo può essere facilmente visto in alcune figure di Sheela-Na-Gig, che possono essere viste su alcune chiese di origini molto antiche, soprattutto in Irlanda e in Inghilterra, dove la più aperta mentalità protestante ha permesso la loro sopravvivenza, nel chiaro intendimento di ciò che realmente esse rappresentano, e cioè simboli di fertilità. 
 
Queste figure femminili, infatti, vengono rappresentate nude e con le gambe allargate, apertamente mostrando i loro genitali simbolicamente molto sproporzionati rispetto alla figura. La vulva della Dea, in questi casi, è spesso rappresentata proprio come una 'vesica piscis', come si nota ad es. nella scultura sottostante, trovata sulla chiesa di St. Mary e St. David a Kilpeck, nello Herefordshire, Regno Unito.

La Sheela-Na-Gig di Kilpeck

Approfondendo la ricerca ci sia accorge che non sono aspetti separati di uno stesso simbolo quelli delineati fin d'ora, ma tutti sono interconnessi e rappresentano l'uno estensione dell'altro. La mandorla, come frutto o come seme, è da sempre un simbolo di fertilità, e come tale è stato associato, per es., alla dea frigia Cibele, ed al suo consorte Attis. Anche la ninfa greca Phyllis è stata trasformata dagli dei in un albero di mandorle. Il pesce, d'altronde, è anch'esso associato in molti casi ai culti della dea Madre. 

A Delfi, dove c'era l'oracolo di Apollo, la Pitonessa (o Pizia) profetizzava vaticini a chi lo consultava, ed il luogo era marcato da un omphalos di forma ovoidale. "Delphos", in greco, ha il doppio significato di "ventre" e di "delfino".

La Dea Madre cinese Kwan-Yin è una dea-pesce, e così anche la dea Afrodite che, dice la leggenda, nacque dalla spuma del mare. La dea indiana Kali, dopo aver inghiottito il pene di Shiva, diventa Minaksi, la "dea dagli occhi di pesce", in analogia alla dea egizia Iside, che dopo aver divorato il pene di Osiride diventa Abtu, il Grande Pesce degli Abissi.

E giungiamo così alle idee "eretiche" medievali, secondo cui la Maddalena viene vista come origine della Stirpe Reale, portando in grembo la discendenza avuta da Gesù. Maddalena è iconograficamente identificabile da un vaso che reca in mano: il vaso, o coppa, o Santo Graal, è una metafora del grembo materno, ricettacolo della vita. Nella tradizione provenzale è Maria Maddalena che, fuggendo da Gerusalemme su di una barca dopo la crocifissione di Gesù, approda in Francia portando con sé il Santo Graal.

La dinastia dei Merovingi, re e taumaturghi dotati di poteri di guarigione, è il frutto di questa discendenza divina: Meroveo, il capostipite, si dice sia nato metà uomo e metà pesce (il nome stesso significa, letteralmente, "uomo del mare"), come l'Oannes, figura mitologica dal torso umano e la coda di pesce. Basta fare un passo indietro per ricordare che il Cristo-Pesce (identificato nell'ichthys) è simboleggiato dalla 'vesica piscis' in posizione orizzontale, mentre la mandorla-grembo-vulva-coppa-Graal è la stessa 'vesica' in posizione verticale. 

A questo punto è chiaro come questo semplice ed in apparenza banale simbolo grafico racchiuda in sé, invece, una sapienza arcaica molto complessa.


venerdì 6 maggio 2022

Kundalini Yoga di Swami Sivananda


The Magical Powers of Kundalini 


Kundalini Yoga

da "Il trattato di Kundalini" di Swami Sivananda - 1971 by The Divine Life Trust Society 1981 by Editrice Vidyananda.

 
Se la Realtà ultima è l'Uno, che esiste nei due aspetti di quiescente godimento del Sé, e di liberazione da ogni forma e godimento attivo degli oggetti, cioè come Puro Spirito e Spirito nella materia, allora un'unione completa con la Realtà richiede quest'unità in entrambi i suoi aspetti.
 
Dev'essere conosciuta sia qui (iha), che li' (amutra). Quando giustamente compresa e praticata, c'è verità nella dottrina che insegna che l'uomo deve fare il meglio di entrambi i mondi. Non c'è vera incompatibilità tra i due, a condizione che l'azione è considerata in conformità con la legge universale di manifestazione. 
 
È considerato un falso insegnamento che la felicità nell'al di là si può avere solo con l'assenza di godimento qui, adesso, o nel cercare deliberatamente sofferenze e mortificazioni. L'unico Shiva, che è la Suprema Esperienza di Beatitudine, appare sotto forma di uomo con una vita fatta da un misto di piacere e dolore.
 
Si può ottenere la felicità qui, e la beatitudine della Liberazione qui e nell'al di là, se si realizza l'identità di questi Shiva in ogni atto umano. Ciò sarà conseguito facendo di ogni funzione umana, senza eccezione, un religioso atto di sacrificio e adorazione (yajna).
 
Nell'antico rituale vedico, il godimento per mezzo di cibo e bevanda era preceduto e accompagnato dal sacrificio e dal rituale cerimoniale. Questo godimento era frutto del sacrificio e dono degli dei. 
 
Nello stadio superiore della vita di un sadhaka, è offerto all'Uno da cui vengono tutti i doni e di cui i devata sono forme limitate inferiori. Ma anche quest'offerta comporta un dualismo da cui è libera la più elevata sadhana monista (advaita).
 
Qui la vita individuale e la vita del mondo sono viste come una. E quando il sadhaka mangia o beve o adempie qualunque altra delle funzioni naturali del corpo, fa questo dicendo e sentendo ' Shivoham '. Non è solamente l'individuo separato che agisce e gode in questo modo; è Shiva che fa così in e attraverso lui. 
 
Un tale individuo riconosce, come è stato detto, che la sua vita e il gioco di tutte le sue attività non sono una cosa a parte, da possedere e perseguire egotisticamente per i loro e il suo amor proprio, come se il godimento fosse qualcosa da rubacchiare alla vita con la sua sola forza e con un senso di separazione; ma la sua vita e tutte le sue attività sono concepite come parte dell'azione Divina nella Natura (Shakti), che si manifesta e opera nella forma dell'uomo. 
 
Egli realizza nel battito pulsante del suo cuore il ritmo che pulsa attraverso ed è il canto della Vita Universale.
 
Trascurare o negare i bisogni del corpo, pensare a esso come a qualcosa di non divino, significa trascurare e negare la vita più grande di cui è parte, e contraffare la grande dottrina dell'Unità di tutto e dell'identità ultima di Spirito e Materia. Governati da un tale concetto, anche i più bassi bisogni fisici assumono un significato cosmico. Il corpo è Shakti; i suoi bisogni sono i bisogni della Shakti.
 
Quando l'uomo gode, è la Shakti che gode tramite lui. In tutto quanto egli vede e fa, è la Madre che guarda e agisce, occhi e mani sono i Suoi. Il corpo intero e tutte le sue funzioni sono Sue manifestazioni. Realizzare pienamente Lei in questo modo è perfezionare quella particolare manifestazione di Lei che è lui. 
 
Quando l'uomo cerca di essere maestro di se stesso, cerca questo su tutti i piani - fisico, mentale e spirituale - né questi possono essere divisi, poiché sono tutti correlati, essendo solo aspetti differenti dell'unica Coscienza onnipervadente. 

Chi è più divino, si può chiedere, chi trascura e rigetta il corpo o la mente affinché possa ottenere qualche immaginaria superiorità spirituale, o chi giustamente ha cura di entrambe come forme dell'Unico Spirito che essi rivestono? 
 
La realizzazione è più velocemente e veramente ottenuta discernendo lo Spirito in e come ogni essere e le sue attività, che scartando e mettendo da parte questi come esseri non spirituali o illusori e impedimenti nel sentiero. 
 
Se non concepiti rettamente, possono essere impedimenti e causa di cadute; altrimenti diventano strumenti di realizzazione; e quali altri sono lì a portata di mano? È così, quando le azioni sono fatte nel giusto sentimento e stato d'animo (bhava), questi atti danno godimento; e ripetuto e prolungato bhava produce a lungo andare quell'esperienza divina (tattva-jnana) che è la Liberazione.
 
Quando la Madre è vista in tutte le cose, è infine realizzata come Colei che è al di là di tutte queste.
 
Questi principi generali hanno la loro più frequente applicazione nella vita del mondo, prima di entrare propriamente nel sentiero dello yoga. Lo yoga qui descritto è, comunque, anche una applicazione di questi stessi principi, in quanto si afferma che con tale mezzo si ottengono sia bhukti che mukti (godimento e liberazione).
 
Con i processi inferiori dell'hatha yoga si cerca di ottenere un perfetto corpo fisico, che sarà pure uno strumento veramente adeguato attraverso cui possa funzionare la mente. Di nuovo, una mente perfetta si avvicina e, in samadhi, passa nella stessa pura Coscienza.
 
L'hatha yogi cerca un corpo che sarà forte come l'acciaio, salubre, libero dalla sofferenza e perciò di lunga vita. Egli è maestro del corpo - maestro di entrambe, vita e morte. La sua forma luminosa gode la vitalità della gioventù; vive finché ha volontà di vivere e godere nel mondo delle forme. 
 
La sua morte è morte volontaria (iccha-mrityu); quando fa il grande, meraviglioso ed espressivo gesto della dissoluzione (samhara-mudra), egli se ne diparte grandiosamente. Ma, si può dire, gli hatha yogi si ammalano e muoiono. In primo luogo, l'intensa disciplina è difficile e rischiosa, e può essere perseguita solo sotto la guida di un guru qualificato. La pratica solitaria e senza successo può condurre non solo a malattia, ma alla morte. 
 
Chi cerca di conquistare il Signore della morte corre il rischio, fallendo, di una più veloce conquista da parte Sua. Naturalmente, non tutti quelli che tentano questo yoga hanno successo o incontrano la stessa misura di successo. 
 
Quelli che falliscono incorrono non solo nelle infermità degli uomini normali, ma anche in altre portate dalle pratiche che sono state mal perseguite o per cui non sono idonei. Inoltre, quelli che hanno successo, ne hanno in varia misura.
 
Uno può prolungare la sua vita fino alla sacra età di 84 anni, altri fino a 100, altri ancora più in là. In teoria almeno, quelli che sono perfetti (siddha) partono da questo piano quando vogliono. Non tutti hanno la stessa capacità o opportunità, per mancanza di volontà, forza corporea o circostanze.
 
Non tutti possono volere o essere in grado di seguire le strette regole necessarie al successo. Né la vita moderna offre in generale le opportunità per una cultura fisica così completa. Non tutti gli uomini possono desiderare una tale vita o pensare che il guadagno vale la difficoltà richiesta. 
 
Alcuni possono desiderare di essere liberati dal loro corpo, e questo il più velocemente possibile. Si dice perciò che è più facile guadagnare la Liberazione che l'Immortalità! La prima può aversi per mezzo di altruismo, distacco dal mondo, disciplina morale e mentale.

Ma conquistare la morte è più difficile, perché questi atti e qualità da soli non serviranno. Colui che riesce tiene la vita nel palmo di una mano e, se fosse uno yogi coronato dal successo (siddha), la Liberazione nell'altra; egli ha godimento e Liberazione. 

È l'Imperatore, il Maestro del mondo, e il possessore della Beatitudine che è al di là di tutti i mondi. Perciò, gli hatha yogi affermano che ogni altra sadhana è inferiore all'hatha yoga!

L'hatha yogi che opera per la Liberazione lo fa tramite laya yoga sadhana o kund

alini yoga, che dà sia godimento che Liberazione. In ogni centro in cui desta Kundalini, egli fa esperienza di forme speciali di beatitudine e guadagna poteri particolari. PortandoLa allo Shiva del suo centro cerebrale, egli gode la Beatitudine suprema che nella sua natura è quella della Liberazione, e che quando stabilita in permanenza è la stessa Liberazione sciolta da corpo e mente.

L'Energia (Shakti) si polarizza in due forme, e cioè statica o potenziale (Kundalini), e dinamica (le forze operanti del corpo come prana). 

Sotto ogni attività c'è una base statica. Il centro statico nel corpo umano è il centrale Potere del Serpente nel muladhara (supporto-base). È il potere che è il supporto statico (adhara) del corpo intero e di tutte le sue dinamiche forze praniche.

Questo centro (kendra) di Potenza è una forma grossolana di Chit o Coscienza; cioè, in se stesso (svarupa) è Coscienza; ed appare come un Potere che, come forma più elevata di Forza, è una manifestazione di essa. 

Come c'è distinzione (sebbene alla base identici) tra la suprema Coscienza Quiescente e il suo Potere attivo (Shakti), così quando la Coscienza si manifesta come Energia (Shakti) possiede gli aspetti gemelli di Energia potenziale e cinetica. Non ci può essere partizione di fatto nella Realtà.

Per L'occhio perfetto del siddha il processo del divenire è una lode al Signore (Abhyasa). Per l'occhio imperfetto del sadhaka, cioè l'aspirante al siddhi (perfetto compimento), per l'aspirante che si affatica ancora nei piani più bassi e che s'identifica variamente con essi divenire è tendere ad apparire, e un'apparenza è reale.

Il kundalini yoga è un rendimento della Verità vedantica da questo pratico punto di vista, e rappresenta il processo del mondo come una polarizzazione nella stessa Coscienza. Questa polarità che esiste nel e come corpo è distrutta dallo yoga, che disturba l'equilibrio della coscienza corporea, coscienza che è il risultato del mantenimento di questi due poli.

Il corpo umano, il polo potenziale di Energia che è il supremo Potere, è incitato all'azione, per cui le forze dinamiche (Shakti dinamica) sostenute da esso sono spinte a ciò, e l'intero dinamismo così generato si muove verso l'alto per unirsi con la calma Coscienza nel loto più alto.

C'è la polarizzazione della Shakti in due forme - statica e dinamica. Questa polarizzazione tra la pura Chit e la Forza che è racchiusa in essa si osserva con evidenza nella mente e nell'esperienza. Questa Forza o Shakti sviluppa la mente attraverso un'infinità di forme e mutamenti nel puro e illimitato Etere della Coscienza - Chidakasa.

Quest'analisi mette in mostra la Shakti primordiale nella stessa forma bipolare di prima, statica e dinamica. Qui la polarità è assai fondamentale e rasenta l'assolutezza, sebbene si deve naturalmente ricordare che non c'è quiete assoluta eccetto nella pura Chit. L'Energia Cosmica è un equilibrio relativo e non assoluto.

Lasciando la mente, prendiamo la materia. L'atomo della scienza moderna ha cessato di essere un atomo nel senso di una unità indivisibile di materia. Secondo la teoria dell'elettrone, l'atomo è un universo in miniatura che somiglia al nostro sistema solare. Al centro di questo sistema atomico abbiamo una carica di elettricità positiva, attorno a cui gira una nuvola di cariche negative chiamate elettroni.

Le cariche positive si tengono a freno reciprocamente, cosicché l'atomo è in una condizione di energia equilibrata e generalmente non si disperde, sebbene può far ciò nella dissociazione, che è la caratteristica di tutta la materia, e che si manifesta chiaramente nella radioattività del radio.

Qui abbiamo di nuovo una carica positiva in riposo al centro, e cariche negative in movimento attorno al centro.

Quanto è stato detto riguardo l'atomo si applica all'intero sistema cosmico e all'universo. Nel sistema solare, i pianeti ruotano attorno al sole, e questo sistema è probabilmente (considerato nell'insieme) una massa che si muove attorno a qualche altro centro relativamente statico, finché arriviamo al Brahma-bindu che è il punto di assoluto riposo, attorno al quale girano tutte le forme e per mezzo del quale tutte sono mantenute.

Similmente, nei tessuti del corpo vivente, l'energia operante è polarizzata in due forme di energia - anabolica e catabolica, una tendente a cambiare e l'altra a conservare i tessuti; la condizione attuale dei tessuti è semplicemente la risultante di queste due attività coesistenti.

In breve, quando si manifesta, la Shakti si divide in due aspetti - statico e dinamico - il che implica che non potete averla in una forma dinamica senza averla nello stesso tempo in una forma statica, molto simile ai poli di un magnete In ogni data sfera di attività di forza dobbiamo avere, secondo il principio cosmico di una base statica, la Shakti a riposo o ' avvolta a spirale '.

Questa verità scientifica è illustrata nella figura di Kali, la Madre Divina che si muove come Shakti cinetica sul petto di Sadasiva, che è la base statica di pura Chit priva d'azione, mentre la Madre Gunamayi è tutta attività.

La Shakti cosmica è la collettività (samashti), in relazione alla quale la Kundalini nei corpi particolari è la Shakti individuale (vyashti). Come ho già detto, il corpo è un microcosmo (kshudra-brahmanda).

Nel corpo vivente c'è perciò la stessa polarizzazione di cui ho già parlato.

L'universo è sorto da Mahakundalini. Nella sua forma suprema Lei è in riposo, avvolta attorno e una (come Chidrupini) con lo Shiva-bindu. Lei è allora in riposo. Quindi si snoda per manifestarsi.

I tre giri di cui parla il kundalini yoga sono i tre guna, e i tre giri e mezzo sono Prakriti e i suoi tre guna, assieme ai vikriti. I suoi cinquanta giri sono le lettere dell'alfabeto. Man mano che si snoda, scaturiscono da Lei i tattva e i matrika, madri dei varna. Ella si muove così, e continua a muoversi nei tattva creati anche dopo la creazione; poiché questi, essendo nati dal movimento, continuano a muoversi.

Tutto il mondo (jagat), come implica il termine sanscrito, si sta muovendo. Ella continua ad essere creativamente attiva fino a quando non ha evoluto il prithvi, l'ultimo dei tattva. Prima ha creato la mente, e poi la materia.

Quest'ultima diviene sempre più densa. È stato suggerito che i mahabhuta sono le densità della scienza moderna: la densità dell'aria associata con la velocità massima della gravità; la densità del fuoco associata con la velocità della luce; la densità dell'acqua o fluido associata alla velocità molecolare e alla velocità equatoriale della rotazione della terra; e la densità della terra, quella del basalto associata con la velocità newtoniana del suono.

Per quanto sia, è certo che i bhuta rappresentano una crescente densità di materia fino a raggiungere la sua tridimensionale forma solida. Quando la Shakti ha creato l'ultimo prithvi tattva, che c'è ancora da fare per Lei? Niente. Quindi si riposa di nuovo.

A riposo, ancora, vuol dire che assume una forma statica. La Shakti, tuttavia, non è mai esaurita, cioè svuotata in qualcuna delle sue forme. Perciò, Kundalini Shakti a questo punto è, per così dire, la Shakti rimasta (sebbene ancora un plenum) dopo che è stato creato il prithvi, l'ultimo dei bhuta.

Abbiamo così Mahakundalini a riposo come Chidrupini Shakti nel sahasrara, il punto di assoluto riposo; e quindi il corpo, in cui il centro statico relativo è Kundalini in riposo, e attorno a questo centro si muovono tutte le forze corporee.

Queste sono Shakti, e tale è Kundalini Shakti. La differenza tra loro è che le prime sono Shakti in movimento in specifiche forme differenziate; mentre Kundalini Shakti è indifferenziata, residua Shakti a riposo, cioè avvolta a spirale. Ella è avvolta a spirale nel muladhara, che significa ' supporto fondamentale ', e che è nello stesso tempo sede del prithvi - l'ultimo tattva solido - e della Shakti residua o Kundalini.

Il corpo può quindi essere paragonato a un magnete con due poli. Il muladhara, in quanto sede di Kundalini Shakti, una forma comparativamente grossolana di Chit (essendo Chit-Shakti e Mayashakti), è il polo statico in relazione al resto del corpo, che è dinamico. L'operare del corpo presuppone ed ha necessariamente tale supporto statico; da qui il nome muladhara.

In un certo senso, la Shakti statica nel muladhara è necessariamente coesistente con la Shakti del corpo che crea ed evolve, perché l'aspetto o polo dinamico non può mai esistere senza la sua controparte statica. In un altro senso, è la Shakti residua rimasta dopo tale operazione.

Che succede allora con la pratica di questo yoga? La Shakti statica è stimolata dal pranayama e da altri processi yogici e diviene dinamica. Così, quando completamente dinamica, cioè quando Kundalini si unisce con Shiva nel sahasrara, la polarizzazione del corpo scompare. I due poli sono uniti in uno e c'è lo stato di coscienza chiamato samadhi.

Naturalmente, la polarizzazione avviene nella coscienza. Il corpo continua effettivamente ad esistere come oggetto di osservazione per gli altri; la sua vita organica continua; ma la coscienza umana del corpo e di tutti gli altri oggetti è ritirata perché la mente, per quel che riguarda la sua coscienza, ha cessato di funzionare, essendo stata ritirata nel suo campo, che è la Coscienza.

Com'è sostenuto il corpo? In primo luogo, sebbene la Kundalini Shakti è il centro statico del corpo intero, come un completo organismo cosciente, tuttavia ciascuna parte del corpo e le loro cellule costituenti hanno i loro centri statici che sostengono tali parti o cellule.

Ancora, la teoria degli stessi yogi è che Kundalini ascende e che il corpo, come organismo completo, è mantenuto dal nettare che fluisce dall'unione di Shiva e Shakti nel sahasrara. Questo nettare è un'emissione di potere generato dalla loro unione.

La potenziale Kundalini Shakti viene solo parzialmente e non completamente convertita in Shakti cinetica; e tuttavia, poiché la Shakti - anche nel muladhara - è un'infinità, non è esaurita; il deposito potenziale rimane sempre pieno.

In questo caso, l'equivalente dinamico è la conversione parziale di un modo di energia in un altro. Se però il potere avvolto a spirale nel muladhara divenisse totalmente snodato, ne risulterebbe la dissoluzione dei tre orpi - grossolano, sottile e causale - e di conseguenza videhamukti, la Liberazione senza corpo; perché la base statica relativa a una particolare forma di esistenza, secondo questa ipotesi, avrebbe completamente ceduto.

Quando la Shakti lo lascia, il corpo diventa freddo come un cadavere, non a causa di esaurimento o privazione del potere statico nel muladhara, ma per la concentrazione o convergenza del potere dinamico generalmente diffuso su tutto il corpo, così che l'equivalente dinamico che è innalzato sulla base statica di Kundalini Shakti è solo il diffuso quintuplice prana portato a casa - ritirato dagli altri tessuti del corpo e concentrato lungo l'asse.

Così, generalmente, l'equivalente dinamico è il prana diffuso su tutti i tessuti; nello yoga esso è fatto convergere lungo l'asse, l'equivalente statico di Kundalini Shakti, permanente in entrambi i casi.

Una parte del prana dinamico già a disposizione è fatto agire alla base dell'asse in maniera opportuna, per la qual cosa il centro base o muladhara diviene, per così dire, supersaturato e reagisce sull'intero potere dinamico (prana) diffuso del corpo, ritirandolo dai tessuti e convergendolo lungo la linea dell'asse.

In questo modo, il diffuso equivalente dinamico diviene l'equivalente dinamico concentrato lungo l'asse. Secondo questa opinione, ciò che ascende non è l'intera Shakti, ma un'emissione come di lampo condensato che alla fine raggiunge il Parama-Shivasthana.

Qui il Potere centrale che sostiene l'individuale coscienza del mondo è immersa nella suprema Coscienza. La coscienza limitata, trascendendo gli effimeri concetti della vita mondana, intuisce direttamente la Realtà immutabile che sottostà all'intero flusso fenomenico.

Quando Kundalini Shakti dorme nel muladhara, l'uomo è desto al mondo; quando Lei si sveglia per unirsi, e si unisce, con la suprema Coscienza statica che è Shiva, allora la coscienza è addormentata per il mondo ed è una con la Luce di tutte le cose.

Il principio fondamentale è che quando desta, Kundalini Shakti, Lei o la Sua emissione, cessa di essere il Potere statico che sostiene la coscienza del mondo, cosa che fa solo fintanto che dorme; e una volta messa in movimento è attirata verso l'altro centro statico, nel loto dai mille petali (sahasrara), che è Lei in unione con la Coscienza di Shiva o Coscienza dell'estasi oltre il mondo della forma.

  • Quando Kundalini dorme, l'uomo è desto a questo mondo. 
  • Quando Lei veglia, egli dorme - cioè, perde ogni coscienza del mondo ed entra nel corpo causale. 
  • Nello yoga, egli passa al di là nella Coscienza senza forma.

Gloria, gloria a Madre Kundalini, che mediante la Sua Infinita Grazia e Potenza, conduce gentilmente il sadhaka di chakra in chakra, illumina il suo intelletto e gli fa realizzare la sua identità con il supremo Brahman! Possano le Sue Benedizioni essere su tutti voi!