venerdì 27 maggio 2022

Fisica Quantistica nei Veda


I Veda sono una raccolta di testi sacri induisti riuniti in quattro raccolte fondamentali (Rig-Veda, Sama-Veda, Yajur-Veda e Atharva-Veda) che preservano la millenaria saggezza religiosa degli Arii, una popolazione stanziata nell’India nord – occidentale intorno al XX sec. a. C. 

La parte più antica, il Rigveda Samhita, risale a un’età tra il 1500 e il 1200 a. C. Si tratta di inni, poemi, mantra, racconti mitologici scritti in Sanscrito vedico, che nonostante siano annoverati tra i testi più antichi dell’umanità presentano aspetti estremamente interessanti per i fisici e matematici.


The DNA of Every Form Is Emptiness 


I Veda e il pensiero classico greco possiedono elementi comuni sia alla fisica quantistica che al concetto di Sincronicità. Niels Bohr, Werner Heisenberg e Erwin Schrödinger consultavano regolarmente i testi vedici, Platone e Aristotele, che trovavano di grande ispirazione per le loro ricerche, mentre Albert Einstein leggeva la Bhagavad Gita.

“L’accesso ai Veda è il più grande privilegio
Che questo secolo possa rivendicare, su tutti
i secoli precedenti.”
Robert Oppenheimer (1904-1967)

Nel 1929 Heisenberg passò un po’ di tempo in India (…)
Si rese conto che la relatività, l’interconnessione e
l’impermanenza costituivano la base stessa delle tradizioni spirituali
indiane: si trattava di aspetti fondamentali della realtà fisica
che erano stati estremamente difficili da assimilare da lui
e dai suoi colleghi fisici”

(Fritjof Capra, Uncommon Wisdom, Flamingo, 1989)

LE UPANISHAD

Tradizionalmente si ritiene che i commentari filosofici dei Veda, le Upanishad, risalgano a un periodo tra il IX e il II sec a. C. quindi aggiunte successive ai Veda. Nelle Upanishad si ritrovano diversi concetti propri della fisica quantistica, dalla cosmologia, al concetto di consapevolezza della realtà ultima e del tempo:

Dietro al palcoscenico del mondo esiste una realtà trascendente, infinita, adimensionale che viene limitata e malcompresa dai sensi umani, i quali possono solo dare un’idea molto parziale e fuorviante

Il tempo viene percepito dai sensi in maniera lineare e limitata e di conseguenza essi ne danno un’immagine concettuale errata. Le tecniche meditative hindu, buddhiste, ecc. servono a manifestare la vera consapevolezza della realtà libera dalle catene cognitive illusorie dell’essere umano.

I VEDA E LA FISICA CONTEMPORANEA

In effetti la cultura indiana antica e la filosofia dell’Induismo sono intimamente legati a concetti matematici, aspetto testimoniato oggi dalla naturale predisposizione dei popoli del continente indiano per questa materia: non è un caso che proprio in quest’area della Terra sia stato elaborato il concetto di zero (शून्य (śūnya), poi diffuso dai Musulmani in Occidente, che ha uno stretto legame con la ricerca della realtà profonda.

Infatti, la nozione matematica di zero è molto vicino all’idea di nulla, o di vuoto. Nei Veda il concetto di realtà ultima si identifica con lo stato di consapevolezza suprema, il Brahman, (Shunya or Shunyata nelle Scritture buddhiste. Brahman è il Dio immanente, trascendente, invisibile ed eterno, che non possiede forma, e infatti il termine Shunya significa sia zero che vuoto, o nulla e identificandosi con il Brahman assume sia il valore zero che infinito.

“La molteplicità è solo apparente.
Questa è la dottrina delle Upanishad.
E non solo delle Upanishad (…)”  
Erwin Schrödinger (1887–1961)

BRAHMAN E ĀTMAN

I Veda sostengono l’idea di Brahman come un campo enorme che costituisce la vera realtà dell’universo e non si divide in oggetti con dimensioni maggiori o minori ma rimane ciò che è alla base della realtà, ovvero la realtà stessa, pur manifestandosi in ogni forma e oggetto dell’universo visibile.

Esso è senza dimensioni e coincide fondamentalmente con il concetto di non località quantistica: si tratta di un concetto di Dio molto diverso da quello di altre religioni, specialmente quelle che si basano sulla Torah, il Corano e la Bibbia, ma in effetti non ne è nemmeno lontano. In Brahman sono compresenti tutti i piani dell’esistenza: divino, umano ed altri infiniti, superiori ed inferiori al piano umano, ritenuti illusori ma comunque ritenuti reali per gli esseri viventi che li abitano.

Tutti i mondi e gli universi esistenti e possibili, sono quindi un modo in cui Brahman si manifesta: tuttavia sono illusori e in pratica eventi imprevisti che esistono nel Brahman in potenza ma diventano forma e immagine nel momento in cui qualcuno li osserva.

Ātman, che nella filosofia orientale può essere assimilata al concetto individuale di anima, identifica la proiezione soggettiva della realtà profonda, il Brahman: Ātman è la coscienza spirituale dell’individuo. Tuttavia non è altro che una manifestazione separata e individuale dello stesso Brahman, e quindi in ultima analisi sono la stessa cosa.

Entrambi sono definiti come stati complementari di consapevolezza: mentre Ātman si manifesta come coscienza individuale in un luogo e tempo specifici, immanente, localizzato e localizzabile. Brahman è lo stato trascendente senza tempo, né dimensioni.

Se il Brahman, la suprema consapevolezza, è immateriale, senza forma, trascendente e senza tempo, non localizzato e non localizzabile, l’unico modo per percepirlo è proprio sperimentare questa consapevolezza cognitiva.

Si può dire che l’insegnamento fondamentale delle Upanishad colto da Schrödinger, consiste nel divenire consapevoli che non esiste molteplicità, che le suddivisioni in particelle minori della materia sia una illusione che si risolve nel Brahman, e che la coscienza limitata di Ātman funziona in complementarità con la coscienza universale di Brahman. 

Questo implica la compresenza in ogni particella elementare di un qualche grado di consapevolezza, una condizione conosciuta nella filosofia occidentale come Panpsichismo che dai presocratici fino al Rinascimento e a Leibniz, sembra tornare con regolare frequenza.Erwin Schrödinger

Erwin Schrodinger, riassunse così l’illusorietà del multiforme “La pluralità che percepiamo è solo un’apparenza, non è reale. La filosofia dei Veda ha cercato di chiarirlo con una serie di analogie, una delle più attraenti è il cristallo dalle molteplici sfaccettature che, pur mostrando centinaia di piccole immagini di quello che in realtà è un unico oggetto esistente, non moltiplica realmente quell’oggetto (…). La molteplicità è solo una apparenza (…)”

BRAHMAN, ĀTMAN E FUNZIONE D’ONDA

Ė ora chiaro il motivo per cui i Veda risultano di enorme interesse per i fisici: in particolare l’insegnamento vedico, o meglio la “scienza vedica” trova un esatto corrispettivo nella così chiamata Funzione d’Onda, che descrive una particella nello spazio in tutti i suoi vari stati possibili, anche nel passato, nel presente e nel futuro. 

Ovvero una particella ha la potenzialità di manifestarsi in infiniti stati in potenza, Brahman coincide con lo stato della funzione d’onda della particella, mentre Ātman corrisponde al collasso della Funzione d’Onda, ovvero nel momento in cui si misuri la particella essa cesserà di essere definita dalla Funzione d’onda per acquisire uno degli infiniti stati possibili.

“Quando leggo la Bhagavad-gita e rifletto su come Dio ha creato questo universo tutto il resto mi sembra così superfluo… Sostengo che il sentimento religioso cosmico è il motivo più forte e nobile per la ricerca scientifica.”
Albert Einstein (1879-1955)

I VEDA E IL CAMPO UNIFICATO

In fisica si considerano materia ed energia come espressione di quattro forze fondamentali: forza nucleare forte, forza nucleare debole, forza elettromagnetica e forza di gravità; il modello classico della fisica concepisce un universo costituito da energia e materia solida, quest’ultima costituita atomi e parti subatomiche, materia misurabile e definibile. Si descrive un mondo che corrisponde alla nostra quotidianità, formato da blocchi di materia separati nel tempo e nello spazio e distinti dalla mente umana: l’uomo percepisce quindi ciò che vede e sente come separato da sé.

Una delle conquiste della fisica quantistica è il concetto di campo unificato, ovvero la concezione di un unico campo alla base delle forze fondamentali. Esso è la fonte iniziale di ogni cosa visibile in natura: tuttavia trascende l’esistenza, si potrebbe tentare di immaginarlo come un campo di informazione pura, autosufficiente che presenta caratteristiche insolite che sconfinano nella metafisica, quali intelligenza e dinamismo infiniti.

Inoltre il modello classico è sostituito da una visione completamente diversa, in cui la materia non si considera solida ma semplicemente una vibrazione perturbata, una sorta di condensazione in un grande campo unificato.

Werner Heisenberg (1901–1976) introdusse nel 1927 il Principio di Indeterminazione, secondo cui è possibile stabilire con precisione la posizione o la traiettoria di una particella ma non entrambi simultaneamente in quanto la semplice osservazione produrrebbe un cambiamento: per esempio se si volesse utilizzare un microscopio per osservare la particella potremmo ingrandire sempre più ma alla fine per vederla saremo costretti ad illuminarla cioè irradiarla con un fascio di fotoni, che possedendo energia ed impulso finirebbero per imprimere alla particella stessa un moto differente e diversa energia.

In altre parole, nel momento in cui un osservatore tenta di misurare o determinare la posizione introduce un cambiamento. Quindi un osservatore non può mai essere passivo e introduce una indeterminazione.

Inoltre le particelle possono assumere a volte forma corpuscolare altre volte ondulatoria, il che porta all’impossibilità di descrivere matematicamente e con precisione traiettoria e posizione di una particella: è possibile solo descriverla in termini di ampiezze di probabilità, come una curva o un campo che indica la probabilità statistica della posizione e del moto.

In definitiva la fisica quantistica rivela un mondo completamente differente da quello newtoniano, composto da campi energetici che provengono da un unico campo unificato: ciò introduce una enorme novità in molti campi della ricerca umana, in quanto ogni singolo essere vivente non è più una entità unica e differente dalle altre ma si rivela un punto focale di intelligenza all’interno del campo unificato.

Inoltre questo stato illustra la completa interconnessione tra gli individui, e tra essi e l’universo, un richiamo agli insegnamenti di Giordano Bruno: questa visione della realtà costituisce una vera e propria rivoluzione dalla portata ancora più ampia di quella galileiana e copernicana perché sconfina in campi riguardanti la morale, la teologia, e coinvolge la sfera personale di pensiero di ogni individuo.

I Veda tuttavia fanno un passo oltre, insegnando che il campo unificato da cui tutto si genera, comprese le leggi fisiche dell’universo, è pura intelligenza, pura coscienza e pura consapevolezza, che essendo totalmente risvegliata a sé stessa è una pura singolarità. In altre parole la fonte da cui ogni cosa si genera materialmente è la coscienza, o consapevolezza universale.

“Per un parallelo alla lezione della teoria
atomica dobbiamo rivolgerci a questo tipo
di problemi epistemologici con cui già pensatori
come il Buddha e Lao Tzu si sono confrontati,
cercando di armonizzare la nostra posizione in
qualità di spettatori e attori nel grande dramma
dell’esistenza.”
Niels Bohr (1885–1962)

IL CONCETTO DI SINCRONICITÀ: 
UNUS MUNDUS, DEJAVU ED ENTANGLEMENT

Carl Gustav Jung, allievo di Freud e grande esperto di spiritualità orientale, riconosceva l’esistenza di fenomeni psichici particolari che denominò coincidenze significative: queste avevano luogo per esempio quando si pensava a un amico lontano e proprio in quel momento questo amico chiamava al telefono. 

Alcune di esse erano talmente circostanziate da far pensare a una coincidenza legata a un significato preciso, non casuale, come quando Jung stava prendendo appunti sul sogno che una sua paziente gli stava raccontando riguardante un particolare tipo di coleottero ed ecco che proprio quel coleottero entrò in quel momento dalla finestra.

Lo studioso elaborò la teoria secondo cui questi eventi senza alcun collegamento causale si attraggono tra loro come calamite perché connessi a un livello più profondo della normale realtà della vita, come se fossero parte di due universi distinti che venivano in contatto in quel momento.

“Jung approfondì questa tematica dal 1932 grazie al padre della fisica quantistica Wolfgang Pauli che all’epoca era suo paziente. Dall’incontro di queste due menti straordinarie nacque il concetto di Sincronicità, la teoria secondo cui due eventi sincronici, che non rientrano nelle normali coincidenze e che avvengono nel medesimo istante, siano intimamente correlati rientrando nel tipo di comportamenti descritti dalla fisica quantistica,

Gli eventi che potevano essere inclusi nelle coincidenze significative sono quindi connessi e possono influire uno sull’altro come suggerisce l’entanglement.

Questo permise a Jung e Pauli di cominciare ad intravvedere uno schema, una sorta di matrice nel caos, come se fosse l’evidenza di un disegno intrinseco alla realtà a più livelli: esso segnala l’esistenza di un ordine comune, che collega ogni elemento dell’universo.

Come la fisica riconosce l’esistenza di molte più dimensioni e universi di quelli che vediamo, così Jung ipotizza che eventi come quelli di cui stiamo parlando abbiano luogo quando questi universi vengono a contatto. Ė qualcosa che sta dietro alla nostra realtà, come un palcoscenico dietro al palcoscenico, e lo chiamò Unus Mundus.

Attivare l’inconscio significa risvegliare il divino, la devi, Kundalini, significa dare inizio allo sviluppo del sovra-personale all’interno dell’individuo per accendere la luce degli dèi: Kundalini... è il sovra-personale, il non-Io, la totalità della psiche, e soltanto grazie a lei possiamo raggiungere i cakra più alti in senso metafisico e cosmico” (Jung – La psicologia del Kundalini- Yoga – Bollati Boringhieri, pag. 114, 115).

Jung si era convinto che queste coincidenze, come un déjà-vu, o altre simili, fossero collegate a un livello più profondo; un po’ come pinnacoli ghiacciati che emergono dal mare potrebbero apparire elementi singoli e si rivelano invece parte dello stesso iceberg quando si osservi più in profondità sotto la superficie dell’acqua. Pensava per esempio che l’umanità avesse creato un’enorme biblioteca comune in cui risiedevano i simboli più antichi, che chiamò archetipi. E le menti sarebbero collegate. Come tutto nell’universo.

Esperimenti successivi confermarono questa visione della realtà definendola nel concetto di Entanglement, o Correlazione Quantistica: due particelle subatomiche inizialmente interagenti vengono poste a grande distanza l’una dall’altra e continuano ad essere correlate, come se fossero la stessa particella. 

L’Entanglement ha implicazioni molto profonde che arrivano a toccare personalmente ogni individuo, anche nelle credenze più radicate: potrebbe spiegare per esempio come sia possibile, per chi crede, che Dio ascolti tutte le preghiere istantaneamente; essendo tutti legati a un livello enormemente profondo si è tutti uno solo e diversi nello stesso momento. Non vi è più distanza da coprire.”

L’ILLUSIONE SENSORIA

“Ė nelle Upanishad che pongo le mie domande…”
Niels Bohr

Molti in secoli e millenni precedenti avevano avuto la medesima percezione, da Platone col mito della caverna, a Giovanni Scoto, Gerhard Dorn, Kant fino a Schopenhauer in età moderna, e infine Jung: fisica, filosofia psicanalisi, religione, nel profondo sono la stessa cosa, o aspetti apparentemente differenti della medesima sostanza che si manifesta in modo differente, parziale ed illusorio quando percepite dai sensi umani.

Schopenhauer aveva identificato il concetto che la vita sia sogno e il velo di Maya (l’illusione) impedisce di acquisire la vera essenza della realtà. Heisenberg, Hoppenheimer (che studiò il Sanscrito per riuscire a leggere la Bhagavad Gita e i Veda in lingua originale), Einstein, Jung e Pauli, avevano in qualche modo sollevato il velo, acquisendo consapevolezza intellettuale (diversa dalla percezione diretta) del multiverso e della realtà del Campo Unificato ma nel modo necessariamente limitato in cui la mente lo poteva elaborare: si tratta di risultati di enorme rilevanza nelle sue conseguenze.


Il fatto che le particelle materiali assumano il valore di onde o corpuscoli a seconda delle situazioni conferma il fatto che la materia come la vediamo è una sorta di inganno olografico creato dall’osservatore ma non ha un corrispettivo nella realtà profonda che è molto diversa. 

Quindi la realtà che osserviamo non è altro che una grande illusione che se compresa, percepita, permette la presa di coscienza che siamo tutti nel profondo interconnessi al medesimo campo unificato, o Brahman.

Sintetizzando: la materia non è ciò che vediamo e riteniamo solido ma è formata da onde di energia. La coscienza dell’uomo può far collassare le funzioni d’onda e può addirittura influire sulla realtà stessa. La separazione tra gli individui ma anche tra gli oggetti materiali è un’illusione che impedisce la percezione della realtà profonda, la consapevolezza del tutto. Di conseguenza tempo e spazio, ma anche la differenza tra passato presente e futuro si annullano, e divengono coesistenti.

FELICITÀ Ė CONSAPEVOLEZZA DELLA VERA REALTÀ

“Se sei depresso vivi nel passato, se sei ansioso vivi nel futuro, se sei in pace vivi nel presente.” 
Lao Tzu

Secondo le Upanishad la felicità non è uno stato emozionale ma uno stato esistenziale di consapevolezza: non è una condizione di fuga dalle sofferenze ma la percezione che porta all’essere liberi dalla sofferenza, sollevando così il velo di Maya, l’illusione, così da poter percepire il tutto.

La fisica dei quanti rivela che non può esistere una realtà indipendente dall’osservatore, anzi l’universo avrebbe bisogno di un osservatore per esistere. Per i Veda lo stato di Samadhi, la percezione o stato contemplativo assoluto in cui il pensiero afferra immediatamente la forma dell’oggetto senza l’aiuto delle categorie e dell’immaginazione, si raggiunge proprio quando si annulla la distanza tra osservatore e realtà ed entrambi si fondono, realizzando la vera natura delle cose.

IL PENSIERO CLASSICO GRECO E LA FISICA QUANTISTICA

“La fisica moderna ha deciso definitivamente per Platone.
Le più piccole unità di materia non sono oggetti fisici.
Sono forme, strutture, o – nel senso di Platone – idee”.
Werner Heisenberg

Nella loro straordinaria indagine alla ricerca della realtà profonda Heisenberg e Schrödinger rileggono la filosofia greca, allontanandosi da Democrito per avvicinarsi all’atomismo immaterialista di Platone secondo cui le particelle piccolissime componenti la materia corrispondono a figure matematiche geometriche in cui entra in gioco un concetto di simmetria che i due fisici vedono molto simile a quello insegnato dalla fisica quantistica.

Si tratta in effetti di un paradosso: è materia composta da non-materia, questi solidi regolari di base sono forme immateriali, ben diversi dagli atomi materiali di Democrito: nella filosofia di Platone sono idee, creatività pulsante.

Heisenberg approfondisce anche il pensiero di Aristotele, e trova concetti simili al suo campo di studi: infatti il concetto di potentia è qualcosa che sta nel mezzo tra l’idea e la sua attuazione in atto, tra l’essere e il non essere, molto vicino all’onda di probabilità. Aristotele chiama la realtà energeia, e Heisenberg coglie la similitudine con la sua fisica secondo cui le particelle quantistiche per divenire reali hanno bisogno di energia. 

E di essere osservati: finché non lo sono rimangono in uno stato fluttuante di possibilità: Aristotele descrive forme che portano la materia nel mondo reale, come per la fisica dei quanti le misure rendono reali le infinite possibilità esistenti.

Si chiude così un anello millenario che collega la filosofia greca antica e l’essenza della spiritualità indiana alla fisica subatomica dei quanti: in ultima analisi l’anello esiste perché questi tre enti fondamentalmente cercavano di comprendere la stessa cosa: la realtà profonda, l’intima natura delle cose e dell’universo. Stupisce in particolare la complessità e la profondità della scienza spiegata dai Veda e dalle Upanishad e naturalmente ci si potrebbe chiedere il motivo di tanta accuratezza. Una domanda importante che richiede una risposta altrettanto esaustiva, che potrebbe giungere da ricerche multidisciplinari in atto.







BIBLIOGRAFIA

Fritjof Capra, Uncommon Wisdom, Flamingo, 1989
Giuseppe Gembillo, Werner Heisenberg. La filosofia di un fisico, Giannini, Napoli 1987
Johann Götschl et al., Erwin Schrödinger’s World View: The Dynamics of Knowledge and Reality, Kluwer Academic, ©1992.
Werner Heisenberg, Across the frontiers, Ox Bow Press, 1990
Werner Heisenberg, Physics and Beyond, Allen & Unwin, London, 1971
Werner Heisenberg, Physics and Phiosophy, Allen & Unwin, London, 1959
Lothar Schäfer, In Search of Divine Reality: Science as a Source of Inspiration, University of Arkansas Press, 1997
Carl Friedrich von Weizsäcker, Pioneer of Physics, Philosophy, Religion, Politics and Peace Research, Ulrich Bartosch, 2015