venerdì 28 luglio 2023

Simbolismo Alchemico di Maria


annunciazione



Simbolismo Alchemico di Maria

di Filippo Goti

E' indubbio come molti dipinti che ritraggono la narrazione sacra cristiana, e non a caso uso qui il termine cristiana in quanto mi riferisco a quella pluralità di espressioni religiose che sono nate dal cristianesimo (il quale è espressione spirituale e non formale), hanno valore e significato alchemico. 

Dove ovviamente, e correttamente, intendiamo l'alchimia come l'arte di mondare, separare, e trasmutare le varie componenti di quel mosaico cacofonico che è l'essere umano. 

L'arte sacra, con le sue codifiche avvenute dal VII secolo in poi, favorevolmente si è prestata a traghettare nel corso dei secoli messaggi iniziatici; e l'attento estimatore della stessa, a prescindere dal luogo e dal tempo, ha la possibilità di interpretare questi messaggi sapienziali tramite le forme, gli spazi, i colori intelligentemente miscelati dall’artista. 

Il quale artista è a sua volta "iniziato" all'arte in "botteghe", per tramite della continua frequentazione del maestro e del fertile connubio che in tali ambiti esisteva fra arte, scienza, cultura, e religione.

Scuole di arti e di mestiere, di cui fin troppo si sente la mancanza in un mondo di molteplici maestri senza chiavi, e che aiutavano il genio a esprimersi.


Il Rosso, il Blu e il Bianco nell'Arte Sacra




I capolavori del passato ci tramandano un'immagine della Madre di Gesù avvolta in un bianco splendente o in un blu che rimanda all'infinità del cielo, quando questi colori non sono entrambi utilizzati congiuntamente, assieme ad altri quali l'oro o il rosso. 

E' però indubbio che è nel blu e nel bianco che i maestri dell'arte sacra hanno immortalato la Maria di cui stiamo trattando, intravedendo in essi lo strumento con cui veicolare il loro messaggio. Ovviamente nell’arte sacra i colori rivestono una particolare importanza, e sono a loro volta il frutto di sapienti miscelazioni di metalli ed estratti, in una sorta di alchimia meccanica, che è preludio di un’alchimia d’intelletto e di spirito. 

E’ quindi opportuno nel riferirmi alla preponderanza del bianco o del blu, legata ai sacri vestimenti, adottare i termini Maria Bianca o Maria Blu.

Nel linguaggio iconografico il bianco rappresenta la purezza, l'inizio di una nuova vita non macchiata dal peccato, oppure una vita che è stata preservata o mondata dalla corruzione terrena. Nei vangeli troviamo il bianco nella vesta battesimale, così come il Cristo è avvolto di bianco durante la resurrezione. 

Numerosi sono poi gli angeli che scendono sulla terra in bianche vesti, rappresentando essi il pensiero divino che in quanto tale non può che essere puro in sé stesso.

E' quindi ovvio che la Maria Bianca rappresenti l'elemento della purezza così anche in rispetto ai dettami dogmatici quali l'Immacolata Concezione (Maria è stata concepita priva di ogni peccato e monda dalla corruzione della carne) Nascita verginale (Maria ha concepito Gesù senza conoscere uomo) Verginità perpetua (Maria non ha conosciuto uomini e non ha procreato dopo la nascita di Gesù).

Il Blu è l'altro colore con cui troviamo rappresentata Maria. Nel linguaggio sacro il blu, nelle sue varie gradazioni ed intensità, rappresenta il mondo spirituale come il rosso, ma con una profonda differenza. 

Mentre il Rosso è il colore dello Spirito, del divino in sé divino, il Blu rappresenta la creatura che liberandosi dalle passioni terrene, dalla corruzione di questo mondo, attraversa la soglia del divino. 

Troviamo questo colore quindi non solo nella rappresentazione di Maria, ma anche in quella degli Apostoli. Indubbiamente il blu rimanda anche all’idea stessa di vita, accogliendo in sé il colore delle acque e quello del cielo, ponendo l’accento quindi sulla natura umana e terrena della Maria. 

Mentre il bianco rimanda ad un’idea di staticità, il blu è un colore fortemente connesso al dinamismo, al mutare, alla trasformazione e alla vita impetuosa; per questo anche a mio avviso la sua affinità con il mercurio non può che essere piena.

Il Rosso è un colore che non di rado, seppur in misura inferiore al bianco ed al blu, accompagna le sacre rappresentazioni di Maria. Il Rosso è associato al fuoco spirituale, alla divinità amorevole che dall'alto dei cieli discende sulla terra, al sacrificio, all'azione di trasmutazione del fuoco. 

Il rosso è associato agli esseri spirituali, alle manifestazioni del divino tramite lo Spirito Santo, ed in genere è riservato allo stesso Gesù, in quanto la sua natura è anche divina. 

Qualora investa anche gli Apostoli o la stessa Maria, sottolinea come lo Spirito Santo sia disceso su di loro concedendo i suoi doni spirituali e ultrasensibili.

Il Rosso è il colore dei cherubini, i quali sono una schiera angelica posta oltre il trono divino, questo ad indicare la loro estrema vicinanza al potere e al pensiero divino.

Genesi 3,24 "E esiliò (il Signore Dio) l'uomo e pose a oriente del Giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante per custodire la via dell'albero della vita."

E’ un rosso, quello iconografico, che rappresenta un amore divino intenso a cui niente che è impuro si può opporre, un amore che è forza dirompente che tutto arde senza consumare ciò che è puro. 


Il Sale e Mercurio


Prima di procedere è bene ricordare come gli alchimisti solevano attribuire ai vari elementi, fasi dell'opera, colori ed oggetti, dei significati ed attributi spesso intercambiabili, in guisa della scuola di appartenenza o delle necessità comunicative. 

In quanto se variabile poteva essere il processo con i suoi elementi, il risultato dell'Opera non doveva mutare: la trasmutazione in oro del grossolano, la separazione di ciò che è puro da ciò che è impuro. 

Del resto l’arte alchemica è per l’appunto un’arte, e come tale non può e non deve essere imbrigliata in schemi fin troppo meccanici e ripetitivi, volendo essa stessa rompere le catene ove l’umana natura ci ha costretto. Via umida e via secca sono termini didattici, è male coglie a colui che pensa di imporre una manichea separazione fra le stesse. 

Nel processo alchemico spesso ci rendiamo conto che brucia maggiormente l’acqua, resa corrosiva, rispetto al fuoco a fiamma lenta. Il quale processo alchemico è costellato di rischi difficilmente calcolabili, poiché investe una serie quasi infinita di elementi, quasi mai inerti, di combinazioni e permutazioni.

Terminate le considerazioni precedenti, non rimane che chiederci a quali elementi dell'opera alchemica è associata Maria Madre?

Seguendo la logica dell'arte sacra, che vuole una Maria con addosso bianche vesti, o una Maria con la tunica o il velo blu, possiamo quindi introdurre il concetto della Maria Bianca e della Maria Blu. 

La prima riconducibile al Sale e la seconda al Mercurio,che come ricordava Gerhard Dorn (XVI secolo) il blu, nelle sue varie sfumature, è il colore del mercurio.

Il sale è elemento alchemico associato al corpo e alla materia per la sua qualità di cristallizzarsi, di raccogliere in forma i suoi elementi essenziali. Il sale nasce dall'evaporazione delle acque per mezzo del fuoco. 

Questa sua duplicità (acqua e fuoco) la ritroviamo nelle sue caratteristiche ambivalenti di elemento che induce conservazione, ma anche di distruzione tramite corrosione. 

Il Sale va quindi dosato secondo i bisogni e le necessità, e così come il sale volgare in virtù della cristallizzazione si organizza in forma, così il sale filosofico è quell'agente che sul piano sottile dispiega la forma adeguata attorno allo spirito. 

Questa la Maria Bianca, vergine e pura, che a seguito dell'annunciazione, concepisce Gesù: dando quindi forma all’essenza. 
Matteo 1:18  La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Luca 1:34  Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?»
Luca 1:38  Maria disse: «Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola». E l'angelo la lasciò.

Come in precedenza suggerito la Maria Blu è associata al mercurio. Questo elemento per gli alchimisti è la semenza del metallo, attraverso cui è possibile, con l'aggiunta delle adeguate misure e qualità ignee dello zolfo, conseguire ogni altro metallo, fra cui ovviamente l'oro alchemico. 

Il mercurio è associato al femminile, alla passività, all'umidità, e alla fertile indifferenziazione. Il mercurio corrisponde quindi ai fluidi, all'acqua, ma anche al seme (per la tradizione occidentale il seme femminile, mente lo zolfo corrisponde al seme maschile). 

Il Mercurio non da forma a ciò che non è forma, niente esso attiva e raccoglie in se. In quanto il mercurio per sua primaria natura è polimorfo, ed assume esso ogni forma insita nel suo essere semenza metallica.



« Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù. E Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino". Gesù le disse: "Che c'è fra me e te, o donna? L'ora mia non è ancora venuta". Sua madre disse ai servitori: "Fate tutto quel che vi dirà". 

C'erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure. Gesù disse loro: "Riempite d'acqua i recipienti". Ed essi li riempirono fino all'orlo. Poi disse loro: "Adesso attingete e portatene al maestro di tavola".

 Ed essi gliene portarono. Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l'acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: "Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora". 

Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui. » 

(Vangelo secondo Giovanni 2,1-11)


L'angelo dell'Annunciazione e il Gesù delle nozze di Cana altro non rappresentano che lo zolfo, (il terzo elemento alchemico alla basa di ogni sostanza ed elemento, principio attivo e maschile), che combinandosi in modo ed intensità diverse determina nel primo caso il concepimento del Lapis-Cristo, e nel secondo caso la trasmutazione della materia (nel primo caso lo zolfo impone al sale di cristallizzarsi, nel secondo caso è il mercurio che ha azione di reagente o di acceleratore alla sua azione). 

Ovviamente i tre elementi sono comunque e sempre presenti, seppur in dose diverse in ogni processo, ed anche la loro apparente assenza va letta come non azione esplicita, ma potenziale. 

Così come nel simbolismo dell'arte sacra la successione dal bianco al blu, o dal blu al bianco per la madonna altro non è che la volontà di far risaltare la purezza come elemento necessario alla divinazione, oppure la sua condizione di privilegiata fra le creature e da cui la purezza. 



Nell'immaginario alchemico si procede dall'interno verso l'esterno (questa la successione, in quanto le prime fase sono interiori al crogiuolo), indica le fasi dell’Opera, e le dosi necessarie agli elementi dell'Opera. 

Così se è il bianco a costituire il vestito e successivamente abbiamo un velo azzurro, è suggerito come sia necessario prima immettere il sale nel crogiolo e successivamente il mercurio, oppure come nel caso dell’annunciazione abbiamo un Angelo, significa che la Lapis Bianca, rappresentata da Maria, deve essere ancora sottoposto alla forza dello Zolfo, al fine di concepire il Lapis Cristico.

Ai tanti che sostengono come la Maria Maddalena è sempre raffigurata di rosso, mentre Maria Madre di Gesù di bianco o blu, è bene ricordare che questo confronto ha ben poco senso, in quanto si pretendere una valutazione qualitativa, laddove questa non vi è rappresentando le due Marie momenti e vie diverse dell’Opera stessa. 

Del resto l'arte sacra ci tramanda innumerevoli opere dove Maria Madre ha vestimenti di color rosso, questo ad indicare come l'elemento spirituale inevitabilmente arda in lei, anche se l'iconografia classica si predilige porre maggiormente l'accento sul bianco ed il blu. 

E' pur bene riflettere, quando siamo davanti ad una sacra rappresentazione dei secoli passati, quale indumento assume il colore bianco, blu o rosso, e quale processione questi colori rappresentano: la veste è legata alla corporeità, il velo all'intelletto, il manto al diaframma fra ciò che è dentro e ciò che sta fuori.

L'opera alchemica, così come gli elementi alchemici, non è un ferreo alternarsi di operazioni fra loro slegate, ma è un costante e circolare calcinare, separare, riorganizzare, sublimare e trasmutare. Dove i vari elementi raccolgono attribuiti e qualità, seppur in intensità diversa, gli uni dagli altri.


Il sale e i suoi cubici cristalli sono tratti dall'acqua grazie all'azione del fuoco, ma è esso stesso fuoco che brucia sulla carne viva, che corrode gli elementi, che assorbe l'umido. Così come il mercurio assorbendo il sale, si purifica a sua volta, risultando capace di mondare da ogni incrostazione opprimente e velante l'oro. 

Vale qui in ultima analisi il detto che solamente chi ha l'oro può fabbricare l'oro.

Nel secolo XV apparve ad opera di un francescano errante di nome Ulmannus un testo alchemico dal nome Libro della Santa Trinità (1415-1419), che associa alle varie fasi ed elementi alchemici temi proprio della mistica e dell'iconografia cristiana. 

In questo testo alchemico, ancora oggi largamente indecifrato, si narra come l'Uomo sia nato dall'azione congiunta di un duplice Sole: Il Sole Spirituale ed il Sole Nero. 

Seppur non è questa la sede di narrare delle similitudini fra questo testo e la sapienza gnostica, rimanendo nel solco del presente lavoro è interessante notare come il Sole Spirituale sia un Rebis formato da Gesù "la pietra maschile della purezza", e da Maria "la pietra femminile della Grazia", la loro unione avviene nella plenitudine del Dio Padre "la pietra oleosa". 

Nel libro della Santa Trinità si sottolinea come anche Maria è consunstanziale al Padre, e non solo Figlio, in quanto anche lei sarebbe nata nello Spirito Santo. Dando quindi vita ad una matrice il cui dissolversi e coagularsi è il punto di origine di ogni essere ed ogni creazione. 

E’ interessante notare come la Maria tratta nell’immagine a corredo sia avvolta in vesti di un blu intenso, sottolineando quindi il suo carattere squisitamente mercuriale. Essa viene incoronata, sacralizzata, dal Cristo verde (sale), e dal Padre rosso (zolfo), durante un’azione congiunta.

Nel rinascimento i circoli neoplatonici, i mistici cristiani, si espressero attraverso ardite, quasi surrealiste, visioni del rapporto esistente fra Creatura e Mondo Divino, per cui non possiamo stupirci che in tale fervore culturale e sapienziale le vie proposte all’Opera Alchemica ricordano più un percorso individuale, che una strada maestra per molti.


Conclusione

Abbiamo visto, in questo lavoro introduttivo, come arte sacra, misticismo ed alchimia sono depositi dello scibile iniziatico fortemente connessi, e malgrado questo lavoro non intenda fornire espliciti suggerimenti operativi ma promuovere solamente delle riflessioni, è indubbio come un'Opera Reale non possa essere privata di questi apporti, così come del genio individuale.

Il tendere della Maria dal bianco al blu, dal sale al mercurio, da ciò che è cristallino a ciò che è metallica semenza, dal mondo organico a quello metallico, non è altro che il mutare di ogni elemento su questo piano. Elemento che in virtù della presenza della scintilla divina, zolfo, del fuoco trasmutatore, modifica il proprio stato e composizione in guisa di un'opera in perenne corso e senza soluzione di continuità. 

Così se è il sale che si rende forma e raccoglie lo Spirito disceso dal mondo superiore, in quanto su questo piano tutto deve avere una forma, ciò avviene perchè sussiste il mercurio passivo e femminile che incontra il mercurio maschile ed ativo, in modo tale che alla semenza divina pura in quanto pura essenza, si unisce la semenza femminile di una pietra pura poiché preservata dalla corruzione.

Così è la Maria Blu, in cui l'elemento mercuriale ha maggior rilevanza e presenza, che agisce nelle nozze di Cana, spingendo il figlio a manifestarsi e compiere il Miracolo. Del resto non è compito del mercurio, adeguatamente attivato dal sale, mondare e rendere espresso il Lapis, qui rappresentato dal Lapis-Cristo ?

Come la stessa Alchimia tramanda ed insegna gli elementi sono finiti a fronte di infinite combinazioni e permutazioni. Così il singolo elemento sottoposto all’azione ripetuta degli altri elementi, più e più volte modifica la propria composizione e qualità. 

Così la Maria Bianca e la Maria Blu possono essere intese come l’espressione di un unico elemento che ha attraversato varie fasi di lavorazione.

E’ quindi la prospettiva e la scienza alchemica che si riveste di elementi cristiani, oppure è il nucleo essenziale del mistero cristiano ad essere uno scrigno alchemico?

venerdì 21 luglio 2023

Ablutio e purificatio nell'Opera al Bianco

“Lasciar compiersi ogni impressione e ogni germe d’un sentimento dentro di sé,nel buio, nell’indicibile, nell’inconscio irraggiungibile alla propria ragione,e attendere con profonda umiltà e pazienza l’ora del parto di una nuova chiarezza. 
”Reiner Maria Rilke, Lettere a un giovane poeta

 

 


L’OPERA AL BIANCO
“l’ora del parto di una nuova chiarezza” di Simona Mazza

Introduzione

Nella semantica del colore, che rappresenta l’opus nella sua essenza, il bianco segue al nero, con un passaggio intermedio attraverso il blu. J. Hillman, in Psicologia alchemica1, indica il blu come “colore transizionale”, quando la disperazione cieca e senza speranza della nigredotrascolora nel blu della tristezza profonda. 

Dunque, ancora un colore notturno, il blu della notte stellata, la notte di Hölderlin, “triste e sfarzosa”, la notte di Pessoa, “solennissima e colma/ di una nascosta voglia di singhiozzare”, la notte di Neruda, “la notte, amata, ormeggia il tuo cuore al mio/ e che essi nel sonno sconfiggano le tenebre”, la notte di Ungaretti, “Quale canto s’è levato stanotte/ che intesse/ di cristallina eco del cuore/ le stelle. E ancora, e ancora. 

Questo è il blu notte, i ritmi lenti dei blues dell’anima, il luminescente buio dei poeti, dei musicisti, di pittori e artisti che hanno raffigurato le gamme azzurre della loro malinconia esistenziale.

Con il blu “la mente comincia a diventare psicologica, scopre che l’anima è un secondo strato delle cose (se non il primo in assoluto), che conferisce profondità metaforica e valore psichico alle cose come sono” (J. Hillman, 2010, Psicologia alchemica, Adelphi,Milano, 2013, pp.111-112).

Il blu solleva la coltre delle tenebre: si preannuncia l’albedo, che introduce il simbolismo della luna, dell’acqua, dell’argento e dell’imbiancamento sullo scenario della coniunctio elementorum.

Per gli alchimisti, che trascendono la visione dicotomica della realtà, ogni metallo è potenzialmente vivo, non oggetto ma soggetto, ogni metallo è un seme fecondante che contiene il proprio Deus absconditus. 

E l’argento è il seme della luna, alberga dentro la sua terra, porta della luna il segno femminile, la sua divina peculiarità di genere. “I termini usati per indicare l’argento in molte lingue assai diverse tra loro convergono sull’idea di bianchezza: (…) la radice (…) del latino argentum significa bianco, chiaro, lucente, luccicante” (Ibidem, p. 138).

Qual è l’azione dell’argento nel processo alchemico della trasformazione? Quale apporto dà all’opera, Deo concedente, per il suo compimento? “L’argentatura (…) produce nel materiale uno stato animico di bianchezza e lucentezza” (Ibidem).

L’imbiancamento, nello stato di albedo, non è il bianco dell’innocenza, del principio, non è una condizione virginale “soave e ritrosa”, come la descrive Hillman, non allude a ciò che ancora non ha avuto luogo, ma bensì è “un raffreddamento che deriva da violenti tormenti, da un lungo patire e da un calore intenso”. 

 L’argentatura alchemica va intesa “come stato di coscienza che proviene non già dall’anima, come semplicemente dato, bensì dal lavoro fatto su di essa” (J. Hillman, 2010, Psicologia alchemica, Adelphi, Milano, 2013, p.139). 

Proviene dal corpo psichico in stato di putrefazione, proviene dalla mortificazione dell’anima, dalla sua sepoltura nella materia plumbea, pesante, nera e opaca della sofferenza.

Dopo la dissoluzione – solve et coagula, è la procedura degli alchimisti per alimentare il processo in ogni sua fase – quando, finalmente, la rugiada cade in pioggia sottile sul corpo congiunto di Re e Regina, quando la colomba bianca si leva dal loro sepolcro, quando la luce lunare chiarifica il buio notturno della mente e il primo sole del mattino si solleva dall’abisso dell’inconscio, allora sul mondo si irradia luce d’argento: l’acqua con i suoi riflessi argentei, l’etere azzurrina per le elevazioni spirituali, la luce lunare che chiarifica il buio, l’alba che a poco a poco liquida la notte, dominano la scena. 

Le qualità essenziali dell’argento specchiato – la lucentezza, la sua capacità di ricevere le immagini e le fantasie, di “rispecchiare”, la sua possibilità di “riflettere” – ne irradiano il valore simbolico. L’argento è dunque il “seme”, l’origine, dell’attività immaginativa e l’immaginazione è il metodo per estrarre argento dalle miniere plumbee dell’interiorità, ovvero coscienza lunare, e così “imbiancare la mente”, liberarla dalla nera opacità della concretezza e del letteralismo (si veda J. Hillman, op. cit. cap.6). Sul piano animico, l’azione dell’argento corrisponde alla liberazione dell’anima dalla zavorra della materialità.

Nella fase bianca dell’opus, così come è raffigurata nel Rosarium Philosophorum, in particolare nell’immagine VIII, sopraggiunge un elemento di purificazione, portatore di luce e di energia, veicolato dal simbolismo dell’acqua. 

I significati dell’acqua sono incentrati su temi universali: essa è l’origine di ogni forma di vita, madre e matrice di tutte le cose, di tutte le possibilità di esistenza, è operatrice di purificazione, di guarigione e di rinascita. Il grande oceano da cui tutto proviene e a cui tutto ritorna. Leggiamo in Mircea Eliade:

“(…) l’acqua assorbe il male, grazie al suo potere di assimilare e disintegrare tutte le forme (…) tutto si ‘scioglie’ nell’acqua, ogni ‘forma’ si disintegra, ogni ‘storia’ è abolita (…). 

Ma tanto a livello cosmologico quanto antropologico, l’immersione nelle acque non equivale a una estinzione definitiva, è soltanto reintegrazione passeggera nell’indistinto, a cui succede nuova creazione, nuova vita, uomo nuovo…

 (Sul simbolismo dell’acqua si veda M. Eliade, 1948, “Le acque e il simbolismo acquatico”, cap.5, Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, Milano, 2012, pp.169-194).

La mundificatio sembra esprimere così una nuova intellegibilità della situazione psichica e, da un punto di vista psicopatologico, la fuoriuscita dalla depressione. 

Nell’acqua, infatti, la prima materia raggiunge la sua “trasparenza” e divengono così improvvisamente evidenti, trasparenti appunto, le relazioni tra le cose; la limpidezza di un’acqua attraversata dalla luce rende possibile guardare il fondo, come dire, vedere in trasparenza e in profondità. 

Del resto, la luce naturale dell’alba allude ad una “chiarificazione” spontanea del contesto psichico: quando comincia ad “albeggiare” si fa gradualmente visibile ciò che è in sé impercettibile e impensabile.

Con la benefica rugiada e la sua alba chiara, l’immagine della purificazione è tutta permeata da un senso di grazia e di restaurazione, non ancora una rinascita – per questo dovremo attendere l’opera al rosso – ma un risveglio, direi, quasi estatico. 

L’uscita dalla depressione ha molto da condividere con queste impressioni: esse accompagnano e caratterizzano il momento in cui, superato lo stato di sofferenza “insensata” (non riconosciuta nel senso) e di ritiro narcisistico, ci si riaffaccia al mondo, che si torna di nuovo ad abitare e ad investire di desiderio. In questo rinnovato interesse per la realtà e per la vita c’è qualcosa che ha a che fare con una coscienza aurorale. 

Mi riferisco a ciò che E. Cobb (1982) definisce come “il senso di meraviglia del bambino”, uno sguardo estatico sulla realtà che esprime e genera un’interrogazione fondamentale.

Nella sostanza purificatrice dell’aqua alba si esprime, dunque, il passaggio dal pensiero concreto al pensiero simbolico, e il superamento dell’atteggiamento letterale nei confronti della realtà psichica. Come nota Jung nel commento all’immagine, la mundificatio significa “eliminazione del superfluo” al fine di estrarre la forma pura, cioè l’ordine di relazione, dalla opaca naturalezza dei fenomeni. 

Gli alchimisti parlavano, infatti, di exstractio animae, un concetto che immediatamente rimanda al lavoro dell’interpretazione, volto ad estrapolare il pensiero latente, ma preferirei dire immanente, dalle oscure manifestazioni della psiche inconscia. 

L’estrazione dell’anima dalla materia implica, perciò, anche la facoltà di sottrarre alla vivida concretezza dei sensi il proprio pensare e il proprio sentire, per produrre un’astrazione, ovvero una percezione simbolica. È chiaro, dunque, che l’idea della mundificatio, estrapolata dall’opus alchemico e rapportata al contesto dell’opus analitico, ne esprime proprio il cuore e il fondamento: l’ermeneutica del senso.

Spostandoci, infine, sul piano dello sviluppo filogenetico della coscienza, corrisponde a un salto evolutivo dell’essere umano:

“Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.”

Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno XXVI, 118-120.

venerdì 14 luglio 2023

Trasmutazione e sublimazione delle energie sessuali




Il problema del sesso, il problema di un sano comportamento nei riguardi dell’istinto sessuale si è sempre presentato all’umanità sin dagli inizi della civiltà. Ma, per varie ragioni il problema del sesso è oggi divenuto più impellente e viene affrontato pubblicamente e in modo consapevole.

Trasmutazione e sublimazione delle energie sessuali


di Roberto Assagioli
tratto da Rassegna Medica «L’Economia Umana», che lo stampò nel Vol. 6 del Nov.-Dic. 1964.

Il problema del sesso, il problema di un sano comportamento nei riguardi dell’istinto sessuale si è sempre presentato all’umanità sin dagli inizi della civiltà. Ma, per varie ragioni il problema del sesso è oggi divenuto più impellente e viene affrontato pubblicamente e in modo consapevole.

La crisi esistente nei rapporti fra i sessi non è un fatto isolato ma fa parte, e anzi si potrebbe forse dire che costituisca l’aspetto principale, della crisi generale che travaglia il mondo moderno.

I principi morali e religiosi sui quali era stata fondata la nostra civiltà, le leggi ed i costumi che erano ammessi ed accettati (anche se non sempre messi in pratica) hanno perduto, o vanno rapidamente perdendo, il loro prestigio, il loro potere normativo e regolatore; le giovani generazioni si ribellano, e spesso violentemente, contro di essi. 

La causa principale di tale crisi sta nel fatto che, mentre sono andati diminuendo il fervore religioso e la indiscussa accettazione delle concezioni teologiche e morali del passato, si è cercato di imporre quelle concezioni e quelle norme con severa autorità, con proibizioni e condanne.

Così nel campo sessuale prevaleva la tendenza a considerare gli istinti biologici e le passioni umane fondamentalmente cattivi ed impuri. Di conseguenza il metodo usato nei loro riguardi era quello della condanna e della repressione.

L’intero tema del sesso era considerato sconveniente, e si cercava di mantenere i giovani nella ignoranza il più a lungo possibile.

L’indebolirsi delle concezioni su cui si basava quell’atteggiamento e la constatazione dei suoi cattivi effetti sulla salute e sul carattere, hanno suscitato vari movimenti di rivolta. Vi è stato dapprima il «ritorno alla natura» celebrato da Rousseau e dai suoi seguaci. In seguito, la glorificazione del sentimento da parte dei movimenti romantici; la celebrazione delle concezioni edonistiche ed estetiche dell’antica Grecia e del Rinascimento. 

Allo stesso tempo vi sono state l’ondata di materialismo filosofico e pratico e la rivolta individualistica contro la società e le sue norme (Ibsen, ecc.). A tutto ciò si è aggiunto l’esteso influsso esercitato da Freud e dai suoi seguaci, i quali hanno molto insistito sugli effetti dannosi della repressione sessuale. 

Tutto questo ha concorso a stimolare e giustificare la soddisfazione incontrollata degli istinti ed impulsi, l’abbandono ad ogni passione, l’appagamento di ogni capriccio.

Ma il risultato di questa «liberazione» non ha prodotto l’attesa felicità e soddisfazione.

Mentre è valsa ad eliminare alcuni dei danni e delle sofferenze dei precedenti eccessi o atteggiamenti opposti, ha prodotto altre complicazioni, sofferenze e conflitti. I fautori dell’appagamento sessuale non regolato si sono accorti, o stanno accorgendosi, che gli eccessi sono, di necessità, seguiti da disgusto e da stanchezza, che istinti e passioni, anche quando non siano frenati da considerazioni morali, spesso non possono venire appagati per mancanza del compagno o di condizioni adatte.

Inoltre, spesso i vari istinti e le varie passioni vengono a conflitto tra loro, sì che l’indulgere all’uno richiede la repressione dell’altro. Ad es. l’indulgere all’istinto sessuale può cozzare con l’istinto di conservazione, creando un urto fra la sessualità e la paura.

Anche un esagerato senso di auto-affermazione (sia esso costituzionale o l’ipercompensazione derivante da un complesso di inferiorità) può creare conflitti, sia con l’istinto di conservazione fisica e la conseguente paura dei rischi, sia con l’istinto sessuale, cioè fra la ricerca del piacere e la brama del potere.

La mancanza di principi direttivi stabili, di una salda scala dei valori, rende l’individuo malsicuro, lo priva della fiducia in se stesso e lo rende influenzabile e dipendente da altri e dalle circostanze esterne. Ma i principi e le aspirazioni morali e spirituali non possono venire tanto facilmente eliminati, come molti sembrano ritenere; essi perdurano nell’inconscio e sono insiti, latenti nella vera natura spirituale dell’uomo. Quando vengono violati, essi, consciamente od inconsciamente, insorgono protestando e creando forti conflitti.

Questo quadro della situazione è stato tracciato, per chiarezza, in modo schematico; in realtà ci troviamo ora in un periodo di transizione, di confusione e di tendenze contrastanti.

In alcuni luoghi ed ambienti le vecchie condizioni persistono tenacemente; le vecchie concezioni, i vecchi metodi sono tuttora usati ed imposti ai giovani e questo suscita conflitti, non di rado violenti, fra le generazioni. In altri invece gli adulti hanno, più o meno di buon grado, «abdicato» ed ai bambini e ai giovani viene lasciata ampia libertà senza alcun intervento educativo.

Ma neppure questo metodo … o assenza di metodo, adottato soprattutto in America, ha dato risultati soddisfacenti: anzi ha non di rado conseguenze molto dannose. Perciò recentemente i migliori educatori e i genitori più consapevoli ed avveduti cercano di assumere atteggiamenti più comprensivi, ed usare metodi più equilibrati e più adeguati alle condizioni attuali.

Vediamo come, in questo quadro generale, si inserisca il problema del comportamento nel campo sessuale. Si potrebbe ritenere che una soluzione di compromesso fra il rigore eccessivo e la troppa indulgenza (sia da parte degli educatori, sia da parte degli stessi giovani) potrebbe essere quella giusta. Ma tale soluzione, pur evitando i maggiori inconvenienti di quelle estreme, non basta a risolvere i difficili problemi della vita sessuale.

Vi è però un’altra alternativa, vi è un modo più dinamico e costruttivo per affrontare quei problemi che, pur senza risolverli pienamente, può in molti casi dare risultati molto soddisfacenti.

Questo metodo si basa su di una proprietà fondamentale delle energie biologiche e psicologiche: la loro possibilità di trasmutazione.

Essa è analoga alle trasmutazioni che avvengono continuamente fra le energie fisiche: l’elettricità che si trasmuta in calore (stufe) ed in movimento (motori), il calore che si trasmuta in elettricità (macchine termo-elettriche), ecc. Vi è poi in chimica il processo della sublimazione, nel quale, per opera del calore, una sostanza solida passa allo stato gassoso lasciando in fondo al recipiente le scorie, e poi si solidifica in forma cristallina.

La vera natura del processo psicologico di trasmutazione e sublimazione non è ben nota, ma lo stesso può dirsi riguardo alle energie fisiche e chimiche. Così, ad esempio, non possiamo affermare di conoscere esattamente la natura essenziale dell’elettricità; però ne sappiamo abbastanza riguardo al suo modo di agire, alle sue manifestazioni ed alle leggi che la regolano, da poterla utilizzare in modi numerosi e spesso complicati ed ingegnosi, quali quelli della radio e della televisione.

Lo stesso avviene nel campo psicologico. Non è necessario accertare la natura essenziale delle energie psicologiche e delle loro trasmutazioni al fine di utilizzarle mediante una crescente conoscenza delle leggi che le regolano e servendosi di metodi opportuni e validi basati su quelle leggi. Possiamo perciò procedere senza pregiudiziali teoriche all’esame delle norme che debbono essere seguite per utilizzare le pulsioni sessuali che non possiamo o non vogliamo appagare.

La prima norma consiste nell’adottare un atteggiamento obiettivo verso la sessualità, cioè che da un lato sia esente dalle tradizionali reazioni di paura, di falso pudore, o di condanna, e dall’altro sia libero dal fascino che esercita, fascino accresciuto artificialmente dal lavorio dell’immaginazione e dagli stimoli delle pubblicazioni e dei film che sfruttano ignobilmente la sessualità a scopi di lucro.

L’istinto sessuale, come ogni altro, non è per se stesso né buono né cattivo. È una funzione biologica e come tale non è immorale, ma si potrebbe dire pre-morale. È una funzione della massima importanza poiché assicura la continuità delle specie animali e dell’umanità.

Negli animali è soggetta ad una naturale, ciclica auto-regolazione. Nell’umanità civilizzata quella funzione si è andata complicando per varie ragioni: il suo crescente collegamento con varie funzioni psicologiche, quali l’emozione, i sentimenti, l’immaginazione e gli influssi delle norme morali e degli usi sociali, l’hanno in parte inibita, in parte stimolata, in modo eccessivo, innaturale, talvolta anche morboso.

L’atteggiamento obiettivo verso il sesso deve perciò essere duplice: da un lato si devono eliminare le condanne e le paure eccessive che, come ha dimostrato la psicoanalisi, hanno per effetto di reprimere l’impulso sessuale nell’inconscio; dall’altro occorre mantenere un calmo ma fermo dominio, seguito da un attivo processo di trasmutazione, in tutti quei casi in cui la sua naturale espressione non sia possibile o desiderabile.

I processi di trasmutazione e sublimazione psicologica erano noti ed usati anche nel passato. Per parlare soltanto dell’Europa, essi sono descritti sotto i veli di un complesso e talvolta oscuro simbolismo negli scritti degli alchimisti medievali sui quali Jung ha fatto interessanti studi. Altri dati importanti si possono trovare in vari libri di ascetica e mistica; sono stati citati ed acutamente commentati da Evelyn Underhill nel suo libro Mysticism.

Venendo ai tempi moderni e alla indagine scientifica del tema, ricordiamo la seguente importante dichiarazione del Freud: «Gli elementi dell’istinto sessuale sono caratterizzati dalla capacità di sublimazione, di sostituire il loro fine sessuale in un altro di tipo diverso e socialmente più degno. Alla somma di energie in tal modo acquistata per le nostre creazioni psicologiche dobbiamo probabilmente i più alti risultati della nostra cultura». (Freud, Uber Psychoanalyse. Lepzing und Wien -Deutike, 1910, pp. 61-62) [1].

Tale affermazione è doppiamente importante. In primo luogo mostra chiaramente il fondamentale errore di considerare l’aspetto fisico ed istintivo della sessualità separatamente ed indipendentemente dai suoi vari aspetti psicologici, fra cui quelli emozionali. Eppure questo errore viene commesso da vari studiosi dominati da preconcetti materialistici. Un esempio tipico di ciò sono le ben note Relazioni Kinsey sul comportamento sessuale. Una simile considerazione puramente zoologica è del tutto unilaterale, e, mentre è stata raccolta una copiosa massa di fatti, l’aver trascurato o negato il loro rapporto vitale con gli aspetti psicologici del sesso, che è quello veramente umano, vizia le conclusioni tratte da quei fatti.

Già mezzo secolo fa James Hinton aveva argutamente osservato che trattare del grande fatto dell’amore sessuale soltanto dal lato fisico sarebbe come pensare, durante un concerto di Sarasate, solo alle budella di gatto e alle code di cavallo usate per le corde del violino e per i crini dell’arco (vedi il libro di Mrs. Havelock Eiris, Three Modern Seers, Hinton, Nietzsche and Carpenter – Stanley Paul and Co., London, 1910).

Se indaghiamo qual è la natura della sessualità, troviamo che essa ha tre aspetti principali:

1. sensuale: il piacere fisico prodotto dall’unione dei corpi;
2. affettivo: l’unione di due personalità;
3. creativo: la concezione di un nuovo essere.

Ognuno di questi tre aspetti può essere trasmutato o sublimato in modi consoni alla sua natura specifica.

La trasformazione delle energie sessuali ed affettive può avvenire in due direzioni. La prima può essere detta «verticale». Quando l’espressione fisica dell’amore è impedita, le sue manifestazioni emotive possono essere accentuate ed elevate fino a raggiungere talvolta un alto livello di amore ideale «platonico». Ma anche indipendentemente dagli ostacoli alla libera e piena espressione dell’amore, una sua trasformazione avviene in modo normale e spontaneo fra i coniugi armonicamente uniti.

Dapprima predominano per lo più le manifestazioni sessuali e passionali, ma nel corso degli anni e dei decenni questi aspetti si calmano e tendono a produrre o alimentare, sentimenti di tenero affetto, mutua comprensione, apprezzamento e comunione.

Un tipo specifico di sublimazione «verticale» si trova nelle vite dei mistici di ogni tempo, luogo e religione.

Le loro autobiografie offrono dati molto interessanti sulla natura di tale processo, delle sue crisi, e sulle vicissitudini e sofferenze che implica, così come sulle gioie che ne compensano gli strenui sforzi. Si può spesso notare i vari stadi attraverso cui il loro amore umano, viene gradatamente riorientato e trasmutato in amore per un Essere superiore, quale il Cristo, o per Dio medesimo.

Alcuni usano ampiamente il simbolismo dell’amore umano e parlano di «fidanzamento», «nozze» ed unione spirituale. In termini psicologici si può esprimere ciò come il rapporto sempre più stretto, ed infine l’unione, la sintesi fra l’io o sé personale ed il Sé spirituale. Il primo rappresenta il polo femminile o negativo; il secondo il polo positivo, maschile.

Ma prima di procedere dobbiamo soffermarci ad esaminare alcune confusioni ed incomprensioni che esistono su questo fatto.

Mentre il processo di trasmutazione e sublimazione può essere spesso osservato, non è lecito dedurne che l’amore spirituale sia «semplicemente» prodotto dalla sublimazione, né che sia possibile «spiegare» una manifestazione psicologica o spirituale superiore rintracciandone le supposte origini biologiche o istintive. 

Non è giusto considerare il misticismo quale un prodotto od un sottoprodotto del sesso, come hanno tentato di fare alcuni studiosi.

Da un lato troviamo molte persone, la cui normale vita sessuale è inibita, nelle quali non vi è alcun segno di misticismo; dall’altro vi sono esempi di persone che vivono una vita sessuale normale e si formano una famiglia, mentre allo stesso tempo hanno esperienze mistiche genuine.

La vita e la coscienza spirituale appartengono ad uno specifico livello psicologico ed hanno una «qualità» loro propria e non derivata.

Le energie trasmutate si elevano ad essa dal «basso» apportando un contributo di vitalità e di «calore», per così dire, ma non creano né spiegano la vita superiore.

Il terzo aspetto della sessualità, quello creativo, può essere sublimato nella direzione «verticale» promovendo e favorendo il processo di rigenerazione, di auto-creazione (psicosintesi spirituale) nel quale consiste lo sviluppo, l’evoluzione psicospirituale dell’essere umano.

La seconda specie di trasmutazione può essere detta «orizzontale» o estroversa. Anche questa si può attuare in tre modi.

Il primo consiste nel trasferimento verso altri piaceri dei sensi, dal semplice godimento dei cibi, al gioioso contatto con la natura ed ai piaceri estetici, all’apprezzamento del bello mediante la vista e l’udito.

Il secondo modo è un’estensione o allargamento del sentimento d’amore verso una sola persona fino ad includere un numero sempre più grande di esseri umani. Così l’amore si espande per circoli concentrici i quali includono gruppi sempre più vasti. Nel suo aspetto di compassione, si riversa sui sofferenti, poi procede ad una ulteriore trasmutazione e diviene un impulso ad attività sociali e umanitarie. 

Esso si manifesta anche come cameratismo ed amicizia verso coloro con i quali esista una comunanza di scopi e di attività. Infine, può raggiungere sfere sempre più ampie fino ad irradiarsi come amore fraterno verso tutti gli uomini e ancor più oltre, verso tutte le creature viventi.

La terza specie di trasmutazione delle energie sessuali è quella che si compie come attività creativa di natura artistica o intellettuale.

Il grande filosofo Arthur Schopenhauer ha così affermato questo fatto: «Nei giorni e nelle ore in cui la tendenza alla voluttà è più forte … appunto allora anche le più alte energie spirituali possono venire intensamente suscitate; esse restano inattive quando la coscienza ha ceduto alla bramosia; ma mediante un valido sforzo la loro direzione può essere mutata, e allora la coscienza invece che da quelle brame tormentose viene occupata dall’attività delle più alte energie intellettuali e spirituali».

Sembra che vi sia una profonda somiglianza fra l’energia sessuale – il cui fine naturale è la creazione fisica – e le energie creative operanti ad altri livelli dell’essere umano. La creazione artistica è uno dei modi nei quali più facilmente e spontaneamente si attua la sublimazione. Possiamo trovarne numerosi esempi nelle biografie di grandi artisti, scrittori e musicisti. Ne citeremo soltanto uno, particolarmente significativo.

Come è noto, Richard Wagner ebbe un appassionato amore per una donna maritata, Matilde Wesendonck, alla quale dava lezioni di musica e nella quale trovava una comprensione ed una devozione per il suo genio, che gli mancavano da parte della moglie Minna. Dopo breve tempo essi decisero di rinunciare a realizzare il loro amore, e Wagner lasciò Zurigo ed andò, o piuttosto fuggì, a Venezia. 

Dapprima era disperato ed aveva idee di suicidio, ma ben presto egli si mise a scrivere il testo e la musica del Tristano e Isotta, in una specie di frenesia creativa. Egli portò a termine l’opera entro pochi mesi, durante i quali scrisse molte lettere a Matilde ed anche un diario, dedicato a lei, che vennero pubblicati dopo la morte di lui. 

Leggendoli si può chiaramente notare il graduale raffreddamento della sua passione, via via che questa si estrinsecava nella poesia e nella musica dell’opera. Quando questa fu compiuta egli aveva talmente superato la passione che poté scrivere a Matilde in termini piuttosto tepidi e superficiali. In seguito egli le fece anche una breve visita puramente amichevole.

Wagner fu cosciente di quel processo di sublimazione e lo promosse consapevolmente, come risulta da una lettera a Liszt: «Poiché nella mia vita non ho mai goduto la vera felicità dell’amore, voglio fare un monumento a questo bellissimo fra tutti i sogni, nel quale l’amore dovrà esser pienamente appagato, dal principio alla fine. Sto elaborando un “Tristano e Isotta”».

La trasmutazione e sublimazione è quindi un processo che spesso si svolge spontaneamente, ma esso può venir promosso e favorito in modo consapevole e deliberato, mediante l’applicazione delle leggi scoperte dalla psicologia dinamica moderna e l’uso delle tecniche basate su queste leggi.

Ecco alcuni dei metodi per raggiungere quello scopo :

1. Un saldo e cosciente dominio delle energie da trasmutare, evitando però ogni condanna e ogni timore riguardo ad esse, che potrebbero produrre la loro repressione nell’inconscio. Il non condannare gli impulsi istintivi, non vuol dire non riconoscere la propria responsabilità per le conseguenze individuali e sociali di uno sfogo non regolato.

Il dominio e la trasmutazione (e questo vale anche per le energie combattive e gli impulsi aggressivi) possono esser favoriti da attività fisiche, come un’intensa attività muscolare, e da speciali esercizi di respirazione ritmica. 

Un mezzo più elevato ed efficace consiste nel considerare e riconoscere ogni essere umano quale un «Tu» da rispettare ed apprezzare, o meglio, da amare, e non un «oggetto» per l’appagamento dei nostri impulsi e desideri, un «qualcosa» da dominare, possedere o sfruttare.

Questo giusto rapporto verso i nostri simili, questo rispetto della personalità umana è alla base di ogni coscienza spirituale ed è stato efficacemente riaffermato da Martin Buber nel suo libro «I and Thou».

2. L’evocazione, lo sviluppo e l’espressione di tutti gli aspetti dell’amore personale e spirituale – amore per il proprio compagno o compagna; amore per gli altri, dai prossimi ad una cerchia sempre più vasta; compassione verso gli infelici ed i sofferenti d’ogni genere (tutti quelli che sono negli ospedali, nei manicomi, nelle prigioni…); amore rivolto verso l’alto, verso Esseri superiori e verso Dio. 

Si deve promuovere soprattutto l’espressione dell’amore mediante dimostrazioni affettive e partecipazioni ad attività altruistiche ed umanitarie.

3. La decisa proiezione del proprio interesse, della propria aspirazione, del proprio entusiasmo in un’attività creativa che attiri ed assorba le nostre energie. A questo scopo possono servire varie tecniche espressive, quali il disegnare, lo scrivere, le movenze (danza, ecc.) ed ogni genere di attività inventive e costruttive, anche di carattere pratico e tecnico.

4. L’uso di simboli. Questi hanno un grande potere di attrazione su tutte le nostre energie, coscienti ed inconsce, e favoriscono in modo specifico il processo di trasmutazione. Jung ha affermato che «lo strumento psicologico che trasmuta l’energia è il simbolo» (Contributions to Analytical Psychology, 1928).

 Molti e vari sono i simboli che hanno un’azione anagogica (elevatrice). Fra i più efficaci «modelli» ideali umani, possono venire usati due tipi di essi, diversi, anzi in un certo senso opposti. Un uomo può visualizzare un eroe, un saggio, un santo o un essere umano-divino quale il Cristo, oppure l’immagine di una donna ideale quale la Beatrice dantesca o la Madonna. 

A sua volta una donna può prendere quale «modello» il più alto tipo di femminilità che possa immaginare, oppure l’immagine di un Uomo ideale. Il potere di tali immagini è espresso nel detto indiano: «Il Gange (fiume sacro) purifica quando sia visto e toccato, ma gli Esseri santi purificano col solo venir ricordati». 

Un simbolo efficace è la pianta di loto che trasmuta il fango e l’acqua dello stagno nella forma e nei colori del suo fiore, mediante la propria vitalità e l’azione dei raggi del sole. Il simbolo del moto di ascesa viene usato dal Desoille nel suo metodo del «Rêve éveillé». 

Il Kretschmer ha indicato varie tecniche immaginative per promuovere il processo di sublimazione. Altri simboli di trasformazione si producono nei sogni e nel disegno libero. Jung ed i suoi discepoli (specialmente E. Harding e F. Wickes) li hanno studiati ed applicati ampiamente.

5. La compagnia, in intima comunione, di persone o gruppi che abbiano attuato o cerchino di attuare la sublimazione. Come vi sono catalizzatori chimici, così vi sono i «catalizzatori umani», il cui influsso e irradiazione, e l’«atmosfera» spirituale che creano, promuovono o facilitano molto le trasformazioni psicologiche.

L’importanza ed il valore delle trasmutazioni e della sublimazione dovrebbero venire sempre più riconosciuti e l’uso di esse favorito al massimo grado nell’educazione, nella psicoterapia ed in ogni disciplina di auto-formazione e di sviluppo spirituale.

Quei processi possono venire paragonati alla regolazione delle acque di un grande fiume; col risultato di impedire disastrose inondazioni o la formazione di zone paludose malsane nel terreno circostante.

Con adeguati incanalamenti e chiuse, sarà permesso ad una parte delle acque di raggiungere in sicurezza e non ostacolate la loro naturale destinazione, mentre una quantità sempre crescente verrà trasformata in elettricità per essere usata come forza motrice a scopi agricoli e industriali.

In modo simili, le energie istintive, che, con le loro irruzioni, o con le loro attività celate nell’inconscio, producono incalcolabili sofferenze individuali e sconvolgimenti sociali, possono divenire fonti di grande valore umano e spirituale.


Note

1. Molti altri psicologi hanno riconosciuto la realtà della sublimazione psicologica e ne hanno trattato più o meno ampiamente. Fra essi citeremo Havelock Ellis, McDougall, Hadfield. Uno studio accurato con numerose citazioni e dati bibliografici si trova nel vol. Sublimation di J. Trevor Davies. In Italia, – oltre a un nostro articolo pubblicato nel 1911 nella Rivista di Psicologia, – Sante De Sanctis ha trattato della sublimazione nei capitoli IV e V del suo libro La Conversione Religiosa (Bologna, Zanichelli).

venerdì 7 luglio 2023

Visione alchemica del maschile e femminile (l’androginia)

Psychology of the male and female 


Visione alchemica del maschile e femminile (l’androginia)


Come studioso di psicologia complessa e del profondo, mi è capitato volte più di riflettere sul concetto degli “opposti” e della rispettiva integrazione del principio maschile e femminile (androginia).

La teoria junghiana della Tensione degli opposti (Tipi psicologici, 1921) sia speculare all’antica tradizione orientale del Tantra.

L’androginia della personalità, come meta dell’integrazione del sé

Viviamo in una società nella quale il genere sessuale (maschile, femminile) è diventato uno stereotipo culturale che inquadra l’essere umano in un preciso contenitore, un habitus, un’etichetta: o bianco o nera.



Sono regolati dallo stereotipo comportamenti e tendenze sociali come la concezione che i soggetti di sesso femminile siano più votate alla relazione, mentre quelli maschili siano più inclini alla competizione, oppure la timidezza è più tollerata nelle femmine piuttosto che nei maschi.

Rigidi schemi di una società estroflessa che ha perduto il contatto con le profondità di un mondo interiore dove certe polarità, come appunto maschile e femminile, giocano un ruolo fondamentale per la psiche di ogni essere umano.



Il sistema nervoso centrale nella specie umana è costituito da almeno 100 miliardi di neuroni, ciascuno dei quali stabilisce decine di migliaia di contatti con altri neuroni, e un numero ancora più grande di cellule di sostegno (cellule gliali).

Il cervello (o encefalo) è l’organo più complesso e misterioso del nostro organismo: 1.300-1.500 grammi di tessuto gelatinoso. Ogni cellula nervosa (i neuroni), sviluppa in media 10 mila connessioni con le cellule vicine, attraverso le sinapsi.

Gran parte dello sviluppo del cervello umano si realizza nell’utero materno: molte strutture cerebrali si trovano in stato di maturazione avanzata alla nascita. Il primo abbozzo dell’encefalo è già presente nell’embrione umano a tre/quattro settimane dal concepimento: il tubo neurale, dalla cui estremità superiore si differenzierà successivamente l’encefalo con i due emisferi. 

Nel corso dei primi cinque mesi di gestazione le cellule nervose proliferano attivamente (fino a 250.000 neuroni per minuto) e migrano nella loro sede finale. Con il sesto mese di vita fetale la produzione di neuroni è ormai terminata nel cervello umano, e i successivi sviluppi del cervello nella fase finale della gravidanza e nei primi tre anni di vita consistono soprattutto nel differenziamento delle cellule nervose, nella formazione delle connessioni tra neuroni e nella eliminazione dei neuroni in sovrappiù attraverso un processo di morte cellulare programmata. 

Tali connessioni continueranno a crescere e andranno modificandosi anche dopo la nascita, soprattutto dopo che abbiano subito l’influenza delle esperienze sensoriali e dei rapporti tra l’individuo e il mondo esterno.


Negli anni ’70 due psicologhe Block e Bem convergono sul fatto che l’obiettivo finale dello sviluppo dell’identità sia un senso del sé: «in cui avvenga un riconoscimento del genere sufficientemente sicuro da permettere all’individuo di manifestare qualità umane che la nostra società, fino a ora, ha etichettato come non propriamente maschili o non propriamente femminili» (Block, 1973, p.512).

Così, un pieno raggiungimento della maturità personale implica un’integrazione androgina di agenticità e senso della comunità all’interno della personalità di ognuno.[1]

L’androginia per C.G. Jung e il Tantra

Cristiana Tretti, studiosa di buddhismo indo-tibetano e di mistica ebraica, nel video introduce il concetto del Tantra come armonizzazione suprema della nostra interiorità, un bilanciamento di maschile e femminile allo scopo del superamento della concezione duale dell’esistenza. 

Nella filosofia buddhista tantrica maschile e femminile corrispondono a precisi simboli che derivano dalla tradizione del tantrismo indù (IV d.C.). La polarità femminile per la cultura induista è chiamata Shakti che costituisce il potere attivo della divinità maschile: Shiva.



Shiva Shakti, maschile e femminile

Maschile e femminile per la tradizione Indù

L’energia femminile divina (Shakti) è l’energia che da vita all’intero cosmo che nella corrente induista è vista in uno stato o di superiorità o di subordinazione rispetto all’energia maschile Shiva. Invece per il tantrismo della filosofia buddhista le due energie sono paritetiche. 

Questo aspetto si traduce per l’iniziazione indù alla via verso la detenzione del potere sulla realtà, mentre nel buddhismo le due energie paritetiche guidano l’adepto all’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri.

In sintesi in ambito della tradizione indù:il femminile può essere letto simbolicamente come la forza dinamica trasformatrice, forza creatrice del cosmo, ciò che è conoscibile.

Il maschile rappresenterebbe la sapienza imperturbabile, il pensiero astratto dotato di luminosità, stato di contemplazione, sapienza accessibile solo attraverso un arduo percorso ascetico.


La dea Kalì danza sul corpo del dio Shiva. Il dio immerso nello stato contemplativo, la dea danzando al di sopra del dio risveglia e rende manifeste e operative le sue valenze altrimenti inaccessibili

Sempre in ambito indù, Il femminile è ritenuto messaggero o porta verso i mondi celesti, ciò che pone a contatto con il divino e dona il potere trasformativo.

Il maschile dona la sapienza e il distacco. il femminile rappresenta la polarità negativa, mutevole e illusoria della realtà, il maschile la polarità positiva e l’orientamento verso ciò che è immutabile della psiche.

Il femminile mette al mondo il cosmo, potenza cosmogonica, il divino che assume forme. Il maschile è statico, catalizzatore del principio femminile (seme), mette in moto la Shakti.

Quando la Shakti si manifesta in forma distruttiva, ha il compito di arginare o distruggere potenze negative che minacciano l’ordine cosmico.


Visnu Nārāyaṇa, in contemplazione, costruttore di mondi


Jung: Il femminile è l’anima

Il carattere essenziale del femminile è dinamico, trasformativo, rende fertile il processo di trasformazione psichica. Il femminile, anima, psiche è una costellazione di complessi (tra cui quello dell’Io), l’insieme delle esperienze dell’individuo: le esperienze passate, le esperienze di adattamento (persona = maschera), conduttore di immagini personali al quale l’individuo parteciperebbe a livello energetico.

Dalla relazione che l’Io (ego) stabilisce con la molteplicità ne deriva la qualità rigenerante o patologica della psiche. Ecco che si ripresenta la duplice accezione del femminile: creatrice o distruttrice; l’irrazionale come meta-razionale (creatore) o anti-razionale (distruttore).


Elia e Salomè (Libro Rosso, Jung)

Elia e Salomè che Jung incontra in uno stato meditativo (immaginazione attiva) mentre scrive il Libro Rosso, rappresentano il logos e il sentimento che andranno poi ad integrarsi nella sintesi degli opposti.



La trasformazione vivificante del principio femminile (Kundalini)


Ven. Lama Paljin Tulku Rinpoche sottolinea come maschile e femminile non siano fuori dall’essere umano, ma espressioni della sua condizione strutturale. Il mito non va cercato fuori, altrimenti si perde la visione tantrica delle energie effettive. 

Che esistono a prescindere dalle concettualizzazioni culturali. Colui che intraprende un cammino di ricerca interiore deve entrare in contatto con queste energie cercando di mantenerle in equilibrio. 

Il senso della ricerca che ci costituisce deve permetterci di lavorare al riequilibrare di noi stessi; attraverso la pratica costante, verso la chiara luce della mente.

Bibliografia

1 – G. V. Caprara, Personalità, Raffaello Cortina Editore, 2003, p. 278-279.

sabato 1 luglio 2023

Le Siddhi in "Il sentiero della non dualità"


Attaining the Siddhis (Super Natural Powers) 



LE SIDDHI
Incontro con Raphael

D. Quando si parla di yoga, o di dottrine orientali, immediatamente vengono alla mente i cosiddetti “poteri”, le siddhi. Ma che cosa sono questi poteri?

R. In riferimento a questo soggetto possono nascere tante confusioni e malintesi. Di là dalla giusta posizione coscienziale verso i vari tipi di yoga o di dottrine tradizionali, occorre riconoscere che molti concepiscono la stessa Realizzazione come realizzazione o acquisizione dei cosiddetti “poteri”.

Prima di tutto dovremo fare delle distinzioni: in termini psicologici un potere rappresenta una facoltà o una capacità della materia stessa, può considerarsi una qualità o un suo attributo; in termini filosofici il “potere” designa una “possibilità” dell’ente di esercitare o manifestare un atto.

Dovremo fare ancora una precisazione tra ciò che viene detto “potere psichico” e facoltà psicologica che è più propriamente riferita alla mente in genere. La percezione mentale, che tutti hanno, è una facoltà psicologica, riguardante l’aspetto psiché e non soma.

Il potere psichico, in quanto tale, rappresenta lo sviluppo di particolari “sensi” o organi sensoriali che danno la capacità di “sentire”, “vedere” su piani che trascendono il fisico denso. Come a livello fisico abbiamo i cinque sensi che ci mettono in contatto con il piano materiale-grossolano, così a livello del sottile superfisico abbiamo altri sensi che ci mettono in contatto con tale livello o piano esistenziale.

Oltre alla vista fisica abbiamo la vista psichica (chiaroveggenza); oltre all’udito fisico, con cui percepiamo i suoni fisici, abbiamo l’udito psichico (chiarudienza) con cui percepiamo suoni sottili che sfuggono alla percezione dell’udito fisico. Diremo, il potere psichico è una facoltà della “psiché” come realtà autonoma dal fisico-soma.

I più cercano i poteri psichici per due motivi:
1. perché, essendo essi una semplice estensione nei piani sottili psichici dell’io empirico, questo non viene intaccato, anzi viene espanso e irrobustito. I più cercano l’espansione dell’io non la sua soluzione e trascendenza;

2. perché rappresentano una compensazione alla debolezza, alla mancanza e privazione inerente all’io.

Così, a livello fisico molti cercano la ricchezza, che è un potere materiale, per sentirsi più forti, più sicuri, più egoici. Non avendo trovato la sicurezza e la pace in se stessi, si compensano con la ricchezza. 

Sappiamo infatti che questa diventa una grande compensazione per coloro che non sono. Anche il “potere” intellettuale può essere una compensazione. La ricchezza del potere psichico risponde a questa necessità, compensa molte deficienze e manchevolezze dell’io empirico perché, in verità, esso non è.

Però, se i poteri psichici appartengono all’io, e l’io mondano (come spesso viene definito per distinguerlo dal Sé-spirito) è caratterizzato dall’incompiutezza e relatività, allora i poteri a lui inerenti appartengono al dominio dell’avidya, per parlare in termini del Vedanta.

Che un ente possa essere chiarudiente, chiaroveggente, levitante, telepatico o psicometrico conta poco, perché egli si trova, opera ed è pur sempre nella sfera dell’avidya.

Chi cerca il potere psichico in quanto tale potrebbe essere un interessante soggetto per la psicanalisi.
A volte questi soggetti sciupano un’intera esistenza per diventare dei mediocri chiaroveggenti, sensitivi, “medium”, ecc.

In riferimento ai poteri psichici vi è un aneddoto molto illuminante sul Buddha.

Si racconta che il Buddha entrando in un luogo boscoso incontrò un meditante “santone”. Questi, alla vista del Buddha, gli andò incontro pregandolo di dare un giudizio sulla sua ascesi protratta per tanti anni.

Nei pressi scorreva un grosso fiume e il “santone”, levitando, attraversò le acque. Quando ritornò al cospetto del Buddha sollecitando qualche parola, il Buddha, per nulla turbato, chiese: “Quanto tempo hai impiegato per acquisire questo potere di levitazione?”. Il “santone” rispose: “Venti anni”. E il Buddha: “Io con cinque rupie attraverso questo fiume con una barca in cinque minuti”.

Il “potere” non è Realizzazione dell’atman perché, essendo una facoltà, appartiene alla prakrti.

Il “potere” opera nella sfera della dualità, esso implica un ente detentore del potere, una potenza, un oggetto su cui esercitare il potere. Il potere, operando nel mondo duale e molteplice, non è fonte di ananda, non è fonte di Compiutezza-pax profunda, la quale è connaturata all’Essere.

Il più grande potere che si possa avere è quello dell’Illuminazione o del satori, della paravidya, della gnosi; potere che non appartiene più al dominio dello psichico, ma a quello dello spirituale propriamente detto. In questa sfera l’individuale, con i suoi giocattoli-poteri, non esiste più, perché è completamente trasceso.

D. Si conoscono però dei veri Santi che esercitano poteri.

R. Essi sono tali non perché esercitano i poteri, ma perché sono Illuminati. Se poi di tanto in tanto si servono di alcune facoltà psichiche è più per impressionare l’emotivo delle masse, che invero hanno necessità di queste cose, che per additare il sentiero dell’Illuminazione.

A un Santo il potere può servire solo come momentaneo mezzo per attirare delle persone incredule, mentre a una semplice individualità il potere serve come fine e come compensazione psicologica.

D. Si diceva prima che un potere è una facoltà che esercita una influenza sull’ambiente; che differenza c’è tra questa influenza e quella del Santo?

R. La differenza è grande. L’influenza di un potere opera:

1. sul psicofisico (individuato);
2. sul piano della forza-energia;
3. nel campo della dualità soggetto-oggetto;
4. sul piano della volontà dell’io;
5. per acquisire un vantaggio fisico o psicologico.

L’influsso del Realizzato opera:

1. sul piano spirituale (universale);
2. sul piano della “innocenza”, della non-resistenza. L’influsso del realizzato è un effluvio che si espande naturalmente, come il profumo di un fiore;
3. nel campo del puro Soggetto, poiché non si pone attenzione all’oggetto. Il Realizzato non cerca e non desidera né vuole influire sugli altri;
4. sul piano della non-volontà o non-desiderio perché non ha finalità egoiche;
5. quindi, sul piano della pura “donazione”, del puro Amore, dal momento che è la sua particolare vibrazione coscienziale a risuonare.

Così, mentre il potere psichico opera nella sfera dell’individuato, quello spirituale opera nella sfera del sovra individuale o universale. L’influsso del Realizzato diventa un “campo magnetico” al centro del mondo, quello dello psichico è un semplice rapporto tra un singolo soggetto e un oggetto.

D. Possiamo allora dire che il Realizzato “vibra” sat-cit-ananda, mentre lo psichico deve esercitare una forza, una facoltà per ottenere determinati effetti?

R. Certo. Il Realizzato è Coscienza pura senza sovrapposizioni, è Essere, mentre lo psichico è un’individualità che parla ad altre individualità mediante strumenti di “persuasione”.

D. Il potere può esercitarsi per semplice vanità?

R. Sì. È la più innocente delle possibilità anche se è la più fatua. La vanità può rientrare sempre nel “vantaggio” psicologico che si riceve.

D. In definitiva i poteri-facoltà sono “accidenti” della prakrti?

R. Sì. Di contro, sat, cit, ananda non sono attributi o accidenti dell’Essere, ma sono natura dell’Essere, sono consustanziali all’Essere.

La Beatitudine-compiutezza non è un potere psichico, l’Intelligenza o la Coscienza non sono un potere psichico, lo è invece la facoltà del percepire sensoriale dietro cui opera appunto l’Intelligenza universale, l’Essere e la Coscienza.

Il potere rappresenta ancora l’esercizio di una facoltà che può nascere e morire, esserci e non esserci. Opera, abbiamo detto, sul piano della dualità, quindi del non-essere. Il sat-cit-ananda è l’Essere sempre esistente perché appartiene appunto al non-divenire.

Il potere opera sul piano della necessità, mentre il sat-cit-ananda opera sul piano della libertà.
La ricchezza materiale o psichica serve per acquisire qualcosa che non si ha; chi tutto possiede dentro di sé non cerca alcuna ricchezza né materiale né psichica.

D. Il sentiero metafisico si oppone a questi poteri?

R. Non può opporsi, essendo essi facoltà-potenze della stessa prakrti. Può ovviamente non condividere l’uso che spesso se ne fa. Anche Gesù si è servito dei poteri, e questi non solo venivano usati saggiamente, ma neanche appartenevano alla sfera dello psichico, rappresentando questo solo un canale della volontà universale. La Coscienza universale si serviva del “fenomeno” per determinati fini, ovviamente non individuali.

Raphael, Le Siddhi in Il sentiero della non dualità, edizioni Asram Vidya