sabato 8 ottobre 2022

Vanitas vanitatum et omnia vanitas


Cabinet de reflexion - Vanitas vanitatums 


Vanitas vanitatum et omnia vanitas

"ritornerai dalla terra da cui sei stato tratto, poiché tu sei polvere e in polvere ritornerai" (Genesi 3,19)
Vanitas vanitatum et omnia vanitas (in italiano, "vanità delle vanità, tutto è vanità") è una locuzione latina. Come Nihil sub sole novum, la frase è tratta dalla versione in latino del Qohelet (o Ecclesiaste), un libro sapienziale della Bibbia ebraica e cristiana - in cui ricorre per due volte (Ecclesiaste 1, 2; 12, 8[)

La costruzione ridondante «vanitas vanitatum» ("Vanità delle vanità") è, in realtà, un calco linguistico dall'ebraico havel havalim. Nella lingua biblica questo tipo di ripetizioni ha un valore superlativo, per cui la traduzione letterale della frase sarebbe la più grande vanità (analogamente, il Cantico dei Cantici significherebbe il più bel Cantico, il Re dei Restarebbe per il Re più potente, e il Sancta Sanctorum starebbe per il (luogo) più santo).




Goethe e Schopenhauer

La poesia di Goethe 'Ich hab' mein Sach aut Nichts gestellt' ['Ho puntato la mia carta sul nulla'] ci dice che solo dopo che sarà stato costretto a deporre tutti i possibili desideri e a far ritorno alla nuda esistenza l'uomo potrà ottenere tutta la serena tranquillità e moderazione necessarie per trovar sopportabile il presente e, con esso, la vita intera. (Arthur Schopenhauer, Taccuino italiano, p. 31)

Tra Goethe e Schopenhauer vi erano quasi quarant'anni di differenza. Ciononostante il poeta nutriva per il giovane filosofo, che aveva conosciuto personalmente a Weimar, stima e considerazione (pur trovandone ostico il carattere caparbio). Dal canto suo, Schopenhauer ebbe per Goethe grandissima ammirazione: tutte le sue opere traboccano di citazioni goethiane, e costante è il riferimento al Goethe grande scienziato oltre che grande poeta. In particolare, Schopenhauer, nello scritto 'La vista e i colori', approfondì e sviluppò la 'Teoria dei colori di Goethe'.

VANITAS! VANITATUM VANITAS! 

Ho puntato la mia carta sul nulla.
Evviva!
Per questo tutto mi va così bene.
Evviva!
E chi vuol essere mio compagno
brindi e canti con me, e con me vuoti
il bicchiere fino in fondo.
Avevo puntato sui beni e il denaro.
Evviva!
Per questo persi l'allegria e il coraggio.
Ahimè!
Si spendevano soldi a destra e a manca,
e come li agguantavo da una parte
quelli mi riscappavano dall'altra.
Volli puntare allora sulle donne.
Evviva!
E me ne vennero guai a non finire.
Ahimè!
L'infedele se ne cercò un altro:
la fedele mi venne a noia;
la migliore non era disponibile.
Quindi puntai su viaggi e traversate.
Evviva!
Così lasciai i costumi nostrani.
Ahimè!
E dovunque restai insoddisfatto:
il cibo insolito, il letto scomodo,
e nessuno mi capiva davvero.
Puntai in seguito sulla fama e gli onori.
Evviva!
Ed ecco subito uno con più meriti.
Ahimè!
Siccome avevo voluto distinguermi
la gente mi guardava di traverso:
per nessuno avevo agito giusto.
Puntai allora sulla lotta e la guerra.
Evviva!
E qualche volta ci riuscì di vincere.
Evviva!
Invademmo la terra del nemico,
non andò granché meglio all'alleato,
e io ci rimisi una gamba.
Ora ho puntato tutto sul nulla.
Evviva!
E mi appartiene l'intero pianeta.
Evviva!
Sono finiti canti e banchetti.
Ora bevetemi tutti i fondi
fino all'ultima stilla.