venerdì 22 luglio 2022

La sessualità come esperienza del divino

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Il vissuto sessuale quale parametro evolutivo
(Paolo Lissoni La Via per una Sessualità Spirituale)

Nello stato di natura, vale a dire nella condizione dell’uomo comune e della donna comune come divenuti sulla base della semplice evoluzione biologica darwiniana, non è possibile nessuna reale esperienza spirituale attraverso la sessualità: come mirabilmente intuito da Freud, e sinteticamente già preconizzato dallo stesso sant’Agostino, lo psichismo sessuale è sotto il potere dell’inconscio, che rappresenta l’opposto dello spirito, essendo lo spirito per definizione principio supremo di ogni possibile auto-coscienza.

Nessuna considerazione può essere fatta indipendentemente da una visione antropologica, la quale non è quasi mai esplicitata in modo evidente, ma è in ogni caso sempre e comunque presente, se non altro in forma implicita subliminare. La sola visione antropologica che consenta una riflessione sul divenire futuro dell’umanità è quella della persona umana quale unità di una trinità, costituita da corpo fisico, psiche (o anima) e spirito – intendendo per spirito non un’emozione forte né un pensiero elevato, bensì e solo l’autocoscienza d’amore.

Ora, partendo da una visione trinitaria della persona umana, emerge che, allo stato attuale dell’evoluzione, la donna è femmina nella psiche e maschia nello spirito, ragion per cui la spiritualità nella donna comune si manifesta solamente come razionalità, la quale, in realtà, non è che la parte più marginale e periferica della dimensione spirituale, nel senso che la razionalità non è che un ibrido fra psiche e spirito, non un principio puro.

Allo stesso modo, secondo l’attuale evoluzione biologica della specie umana, l’uomo è maschio a livello psichico e femmina nello spirito, ponendosi come tale a ricettacolo dello spirito, quasi che lo
spirito fosse una realtà esterna a se stesso e non l’essenza ultima di se stesso.

Tutto evolve e si trasforma, ma sopra ogni cosa è la sessualità a mutare ed evolvere nel tempo, al punto che ogni altro cambiamento nel divenire storico dell’umanità riguardante la cultura, la morale o altro, non è che la conseguenza di una modifica nel modo di vivere e concepire la sessualità rispetto alla identità ultima di se stessi in quanto specie umana.

All’opposto, la cultura dell’Occidente sembra considerare qualsiasi cambiamento nel divenire storico e biologico del genere umano tranne proprio quello della sessualità, della quale si osservano solamente gli aspetti più formali ed esteriori, vale a dire la sua componente quantitativa e morale, ragion per cui si ritiene implicitamente che la dinamica psico-relazionale eccitatoria sessuale non possa essere mutevole nel tempo, ma sempre identica a se stessa – dall’homo sapiens sino al santo in Cristo –, come se la sessualità fosse la sola realtà della vita umana destinata a essere sempre uguale malgrado il trascorrere del tempo, delle culture e, in definitiva, delle civiltà.

Da un’attenta analisi fenomenologica dell’identità umana, risulta invece evidente che tutti i cambiamenti nella struttura psichica e culturale dell’umanità non sono che gli effetti parziali di un lento ma progressivo passaggio da una sessualità sottoposta al dominio dell’Inconscio a una sessualità totalmente modulata dallo spirito, quindi dallo stato di amore spirituale, poiché lo spirito è amore, dal momento che Dio è amore e Dio è spirito, quindi per semplice proprietà transitiva lo spirito è amore.

La condizione della futura identità umana e, di conseguenza, della sua sessualità è sintetizzata nelle parole stesse di Gesù Cristo secondo quanto riferito nel ventiduesimo dei 114 Detti di Gesù, costituitivi del testo similcanonico del Vangelo di Tommaso, là ove viene affermato:
«Se cambierete l’alto con il basso e la sinistra con la destra e farete del maschio e della femmina in voi un solo essere, allora entrerete nel Regno dei Cieli». 
Il cambiamento nella relazione fra psiche e spirito in ogni persona umana (corrispondenti rispettivamente al principio femminile e maschile in ogni individuo umano), viene pertanto posto da Cristo non quale semplice estetismo, bensì quale condizione essenziale e presupposto per l’accesso al Regno di Dio, quindi è ciò che deve essere fatto se vogliamo che l’idea umana di santità corrisponda pienamente al criterio di santità suggellato da Cristo stesso.

La santità in Cristo presuppone pertanto un doppio cambio nella polarità psichica e spirituale, sia per l’uomo che per la donna. Viene così a configurarsi quella che sarà fenomenologicamente la struttura
del nuovo uomo e della nuova donna, la cui genesi dipende esclusivamente dalla centralità dell’amore a imitazione di Cristo, il quale, in ultima analisi, corrisponde all’essenza stessa di Cristo. 

Per effetto dell’intensità di un tale amore, ciò che è maschile diviene femminile e ciò che è femminile diviene maschile, per cui in definitiva il nuovo uomo o l’uomo del futuro sarà maschio nel corpo fisico, femmina nella psiche e maschio nello spirito e, allo stesso modo, la nuova donna o la donna del futuro sarà femmina nel corpo fisico, maschia nella psiche e femmina nello spirito, ragion per cui la vera mascolinità e la vera femminilità non risiedono nell’anima, ma nello spirito.

Essere maschio nello spirito significa identificarsi nella sola coscienza d’amore, in forza del quale essere dominante sopra ogni altra dominazione per irradiazione magnetica della medesima potenza d’amore. E allo stesso modo, essere femmina nello spirito significa essere ancella della divina gioia, che è il fondamento medesimo della realtà esistente, concepita dall’amore e per la gioia di essere.

Il primo e fondamentale sposalizio è quindi quello interiore fra il maschio e la femmina in ognuno di noi, vale a dire fra lo spirito e l’Anima, in assenza del quale non è possibile nessuna nuova reale sessualità fra l’uomo e la donna, il cui presupposto è appunto quello del cambiamento della identità maschile e femminile dal livello psichico, come nella specie umana attuale, a quello spirituale, come sarà nella futura umanità trasmutata e trasfigurata dall’amore che è il solo vero Cristo, l’unigenito di Dio.

Le nuove nozze chimiche nasceranno in definitiva dall’unione fra un uomo che sia già maschio a livello spirituale con una donna che sia già femmina a livello spirituale. Due sono pertanto le tipologie di matrimonio: quella legata alla dimensione psichica e quella legata alla dimensione spirituale. Trasferita la propria identità sessuale dal piano psichico a quello fondato sulla dimensione spirituale, allora e solo allora sarà possibile nell’amore fra uomo e donna riscrivere il proprio passato, l’uomo per la donna e la donna per l’uomo.

La sessualità da bisogno a esperienza del divino

Per l’attuale umanità, ancora lontana dal vivere in se stessa nel proprio cuore fisico l’amore di Cristo, la relazione fra uomo e donna è dettata fondamentalmente dal bisogno e, di conseguenza, tutti – dai sapienti ai meno colti – ragionano in termini di avere ancora bisogno o no di una relazione d’amore. Le persone portate al misticismo riflettono addirittura in termini di relazione fra uomo e donna come realtà storica transitoria, da dover superare e destinata a essere escatologicamente superata. 

Ovviamente ognuno, a secondo della sua cultura e della sua morale, darà più importanza a un aspetto o a un altro della vita relazionale fra uomo e donna. Ma, ponendosi nella condizione della neutralità cosciente della coscienza, dobbiamo prendere atto che esistono tre dinamiche di bisogno nella relazione
fra uomo e donna:
1. il bisogno pulsionale sessuale;
2. il bisogno affettivo di sentirsi amati;
3. il bisogno esistenziale, cioè l’avere una compagnia nel cammino
della propria vita e per i motivi più vari, dalla condivisione cul-
turale alla compartecipazione economica.
I tre tipi di bisogno sono sempre presenti in ogni tipo di relazione fra uomo e donna, seppur in percentuali diverse. Ovviamente, a seconda della propria strutturazione etico-culturale, ognuno darà più importanza a un tipo di bisogno, ma, dal punto di vista della pariteticità delle opinioni, ogni tipo di bisogno va considerato di uguale dignità, cioè dello stesso valore axiologico.

L’opposto della sessualità come bisogno non è la non sessualità, come in genere si tenderebbe implicitamente a credere, bensì una nuova sessualità, cioè un nuovo tipo di relazione fra uomo e donna
non più dettata dal bisogno, qualunque esso sia, ma da un nuovo criterio, lo stesso che fu all’origine della creazione dei sessi in Dio: quello di essere l’uomo per la donna e la donna per l’uomo specchio della vita e della vera identità di Dio stesso. 

Il motivo di questo è semplicemente legato al fatto che l’angelica, sublime e definitiva  metamorfosi dell’umana specie è realmente vivibile e conseguibile per volontà stessa di Cristo solamente attraverso un nuovo modo di   concepire e vivere la relazione fra uomo e donna e in nessun modo dal singolo sesso, uomo o donna che sia, pur grande che possa essere la loro santità. 

In altre parole, una volta che sia stato trasceso il bisogno della sessualità, spontaneamente o attraverso adeguate tecniche yogiche quali innanzitutto il Krya Yoga, una volta che si sia superato perfino l’umano bisogno di essere amati e, infine, una volta che si sia giunti dopo mistiche ascesi alla santità della singola persona, uomo o donna, il sigillo supremo dell’accesso alla vera vita dei Cieli torna a essere potere unicamente della relazione fra uomo e donna, di una nuova tipologia di relazione, non più dettata dal bisogno, ma dalla reinterpretazione in Dio del significato stesso dell’amore fra l’uomo e la donna quale sola vera comunicazione con Dio, con il Dio Trinità, come Dio è realmente in Se stesso al di là di ogni deformazione dettata dai pensieri e dalle emozioni umane.

Duemila anni e più di repressione della sessualità o di superamento della sessualità come bisogno pulsionale non hanno santificato l’umanità, ma l’hanno, all’opposto, portata sul baratro dell’auto distruzione.

Per nuova sessualità si intende la trasformazione della sessualità da semplice pulsione sottoposta al potere dell’immaginazione in- conscia in espansione della coscienza spirituale, la più alta vivibile sulla Terra quale Eden ritrovato ed eternalizzato nello stato dell’a more di Cristo. 

La nuova sessualità non deve limitarsi a essere una concezione intellettualisticamente perfetta, ma in definitiva utopica ed esistente potenzialmente solo in astratto, bensì deve essere vissuta e compresa sino al punto da essere tradotta in regole, le regole appunto della trasformazione scientifica della sessualità da pulsione in amplificazione massimale del medesimo amore divino.

E la prima di queste regole è in rapporto alla presenza o no di unvissuto d’amore simile a quello del sentire di Cristo, dal momento che, senza un tale tipo di amore, la sessualità resta una semplice pul-
sione, pulsione piacevolissima ma pur sempre pulsione inconscia e, come tale, antitetica alla vita dello spirito autocosciente.

Pertanto, l’ipotesi di una nuova sessualità, non più sottoposta al potere dell’Inconscio ma all’amore spirituale, presuppone quale requisito sine qua non il vivere già in sé per partecipazione l’amore stesso di Cristo o, quanto meno, anelare a esso come al bene e alla verità più grandi. In ogni caso, due sono le problematiche enigmatiche cui dover dare una risposta nella teorizzazione della possibilità di una nuova sessualità per l’umanità futura e le generazioni che verranno:

1. come fare coesistere nello stesso attimo lo stato d’amore spirituale con quello dell’eccitazione sessuale, non nei momenti preparatori né in quelli successivi alla relazione erotica, ma durante lo stesso rapporto.  Interrogativo, questo, che ha senso solo se per amore spirituale si intende non un semplice volersi bene emozionale, pur intenso che sia, bensì l’amore di Cristo come testimoniato dalla tradizione dei santi, vale a dire un vissuto di gioia estatica immensa associata a una compassione infinita per le miserie dell’umanità rispetto alla sua identità divina in potenza, tale da indurre un pianto irrefrenabile, che tuttavia nei secoli trascorsi sino a ora è sempre stato considerato come alternativo all’amore erotico, mentre, all’opposto, il problema non si pone neppure se per amore spirituale si intende un grande affetto o un’irresistibile attrazione. 

Il problema della coesistenza nello stesso momento fra amore estatico spirituale ed eccitazione sessuale riguarda ovviamente soprattutto l’uomo e, in definitiva, si traduce nell’avere un’erezione pur vivendo nel proprio cuore fisico una condizione celestiale d’amore, la stessa che vivono i santi nei momenti di rapimento mistico, durante il quale in genere non si ha nessun neppure vago pensiero sessuale.

2. Come fare coesistere la libertà personale dell’uomo e della donna con la loro unione spirituale che rende all’opposto inseparabili l’uno dall’altra, dal momento che l’amore che proviene dallo spirito libera l’uomo non dividendo, ma unendo. Il fatto che una nuova sessualità quale vissuto di santità spirituale possa essere concepibile solo in presenza di un amore simile al sentire di Cristo o, quanto meno, di un anelito a esso come al senso ultimo e sublime della stessa esistenza umana, limita una tale possibilità alla sola Chiesa cristiana, ragion per cui quella stessa Chiesa, che in   qualche modo aveva indotto una visione negativa del piacere sessuale e generato ogni forma di perversione e di morbosità trasgressiva, si ritrova ora a essere chiamata, proprio lei stessa e solo lei, a dare vita a un nuovo modo di concepire la dimensione sessuale rispetto a quella dello spirito.

Il primo pregiudizio da superare nel preannunciare una nuova sessualità riguarda innanzitutto la definizione stessa dell’identità sessuale, che da duplice, come da parte di tutti si ritiene, vale a dire           fisico-anatomica e psico-sessuale, viene reinterpretata come trina, esistendo anche un’identità sessuale a livello spirituale. 

In definitiva, nella persona umana si hanno tre tipi di identità sessuale: quella legata al sesso fisico, quella in relazione all’orientamento psico-sessuale e, infine, quella a livello spirituale, e questo secondo tre diversi livelli gerarchici, tali per cui l’identità a un livello superiore è dominante su quella a un livello inferiore, ragion per cui l’identità psico-sessuale sarà dominante su quella anatomica e,di conseguenza, se un uomo si sente psichicamente donna e una donna psichicamente uomo, si avrà un orientamento attrattivo verso il proprio sesso. 

Ma, a sua volta, l’identità sessuale spirituale è dominante su quella psichica e si identifica con quella fisico-anatomica, ragion per cui il comportamento omosessuale non è una variabile ineluttabilmente stabilita, bensì è un vissuto psichico perfettamente reversibile, ma solo in presenza di un risveglio spirituale e veramente spirituale è solo l’apertura del cuore all’amore nel modo in cui Cristo amava, amore effuso nel cuore di ogni persona umana per opera dello Spirito Santo. 

Infatti, nella nuova Sessualità non ha più nessuna rilevanza il passato con i suoi vissuti sessuali, le sue sofferenze e i suoi psichismi eccitatori, bensì riguarda unicamente il futuro a partire dalla condizione del presente e per tutti, da qualunque condizione psichica si parta, la meta non è che quella di vivere nell’unità fra uomo e donna l’amore stesso di Dio, che caratterizza la condizione angelica della vita del Paradiso.

Né la razionalità, né l’etica potranno mai cambiare il vissuto sessuale, bensì solo reprimerlo o soffocarlo, poiché solo l’amore spirituale può modificarne la matrice inconscia e riprogrammarne il senso.                    

Ma l’amore rappresenta esattamente la variabile suprema in grado di caratterizzare e sintetizzare l’essenza medesima della vita di una persona. La sola vera differenza fra gli esseri umani non è nella cultura, né nell’intelligenza più o meno geniale, né tanto meno nella posizione sociale, bensì e solo nella profondamente diversa intensità nella capacità di amare, la quale a sua volta non dipende né da capacità meritorie individuali, né dall’osservanza di una dottrina o dall’applicazione di una qualche tecnica para-iniziatica particolare più o meno segreta, bensì e solo dal libero lasciarsi conformare e plasmare dall’amore di Cristo, che non si genera nell’uomo stesso ma è sempre e solo conferito dall’Alto. 

Il valore della scelta individuale risiede unicamente nel riconoscere o no questo amore quale valore supremo di ogni libertà, di ogni gioia e di ogni sapienza. Chinon conosce l’amore e lo rifiuta teme una tale radicale verità sulla differente capacità di amare quale sola vera differenza fra gli esseri umani, perché essa viene a infrangere il fragile mito dell’uguaglianza  in dignità fra gli umani, dal momento che la sola vera dignità è quella dello spirito e la dignità spirituale deriva a sua volta solo dal grado di anelito all’amore come al senso più alto della propria esistenza. 

Tutte le psicologie del mondo negano o meglio fingono di non considerare il criterio dell’amore per perdersi invece in emozioni e pensieri, che altro non sono se non semplici e mutevoli maschere, rispetto cui le persone umane sono sostanzialmente identiche fra loro. 

Un’eventuale differente dignità spirituale viene riconosciuta dal mondo al massimo solo in relazione alla presenza o meno di principi etici, maanche l’etica è una maschera, mentre solo l’amore è condizione eterna della identità di una persona lungo il cammino della sua esistenza. La centralità dell’amore a imitazione di Cristo nella genesi di una nuova futura sessualità non ha motivazioni religiose fideistiche, scientifico-spirituali, dal momento che è solo l’amore, inteso qua le condizione di estatica compassione irradiante dal cuore fisico, a poter conferire all’uomo e alla donna un cambiamento radicale nella percezione dell’altro sesso e del suo senso rispetto all’idea d Dio. 

La sessualità fra uomo e donna non è una scelta umana, ma divina, è certamente il sommo piacere dal punto di vista umano, ma nella mente di Dio questo sommo piacere corrisponde alla stessa beatitudine del Paradiso. In altre parole, non vi è nulla di esperienzialmente più grande sul piano spirituale dell’amore sessuale fra uomo e donna nello stato di coscienza dell’amore stesso di Cristo in quanto esperienza del Paradiso perché è già vita del Paradiso e nel Paradiso dell’aldilà non vi è un amore più grande, per il semplice fatto che nell’amore in Cristo fra uomo e donna, di cui è simbolo eterno la triade costituita da Gesù Cristo, Giovanni e Maria sul Golgota, già si esprime pienamente il divino, essendo Dio solo che rende possibile l’amore.

In definitiva, “santità del sesso”, nel senso di santità attraverso la relazione sessuale fra uomo e donna, significa vivere sin d’ora anticipatamente per effetto di una infinitamente progressiva espansione del vissuto d’amore del Cristo che è in noi l’idea archetipica in Dio  dell’uomo e della donna nell’Eden prima del peccato originario. 

Vivere sin d’ora non più solo metaforicamente, ma esperienzialmente il medesimo sentire di Adamo nel momento in cui vide Eva per la  prima volta, un sentire incomparabilmente superiore rispetto a ogni altro precedente sentire dinnanzi alle pur perfette armonie del Creato, tanto da esclamare «Carne della mia carne», sentimento, questo, di identificazione assoluta d’amore, che sarà riaffermato poi anche da Paolo nella Prima lettera ai Corinzi, là ove parla di appartenenza del corpo dell’uomo alla donna e del corpo della donna all’uomo, ove per appartenenza non si deve intendere il possesso, bensì la percezione perfettamente auto-cosciente di essere il corpo della persona amata la carne dell’altra parte di se stessi, per cui in definitiva nessuno è più prossimo della donna amata.

Si parla spesso a livello popolare di legame spirituale fra uomo e donna, ma il più delle volte non si va al di là di una pur nobile emozione psichica, perché l’unione spirituale fra uomo e donna è veramente tale solo nel momento in cui si giunge alla percezione di sentire il corpo della persona amata come il proprio stesso corpo, l’essere se stessa al maschile per la donna e l’essere se stesso al femminile per l’uomo. Finché non si vive un tale stato di coscienza non si può ancora parlare in senso proprio di unità spirituale fra uomo e donna, bensì e soltanto di semplice emozione empatica attrattiva.

Quando ci si interroga su quale mai possa essere stato nella storia del genere umano il complimento più bello fatto da un uomo a una donna, in genere si pensa ad autori quali Dante Alighieri o, più re-
centemente, alle parole di una canzone di un qualche autore moderno, quando invece nessuno fu più grande di Adamo nel decantare la donna in relazione all’idea originaria di Dio. 

Lo stadio supremo della santità in Cristo non è ancora quello pur grande di essere già per effetto del vivere in sé l’amore stesso di Cristo il nuovo Adamo e la nuova Eva, bensì è quello che porta a vivere una nuova relazione d’amore fra uomo e donna, a tal punto da ripresentare nel presente, sancire e vivere percettivamente ed esperienzialmente il medesimo amore fra Cristo e la sua Chiesa irradiata dallo Spirito Santo, riflesso a sua volta dello stesso amore intra-trinitario di Dio, sino quale meta suprema a esperimentare nella propria carne per dono dall’Alto il medesimo stato di essere della divina Trinità. 

Dio non è un essere esteriore a noi, ma è la sorgente della nostra vita, come non lo è l’altro sesso, che è invece carne della propria carne. Se il vero amore infuso al genere umano da Cristo nel momento della sua morte è il sentire l’altro, il prossimo, come un altro se stesso, in relazione all’al- tro sesso si traduce nella percezione dell’altro sesso come l’altra par- te di se stessi. In questa nuova relazione d’amore in Cristo l’uomo è immagine di Cristo e la donna immagine dello Spirito Santo e icona della Chiesa. 

Risulta allora evidente che una simile reinterpretazione della trasformazione in Cristo della sessualità umana presuppone una ricomprensione non solo del significato medesimo dell’opera salvifica di Cristo, ma anche e innanzitutto della Trinità di Dio, identificando infine nello Spirito Santo il principio femminile di Dio, unico modo questo per comprendere finalmente che la sessualità è inscritta dall’eterno nella stessa divina Trinità. 

Il senso ultimo della Passione di Cristo secondo il Vangelo di Giovanni non è che quello di rifondare nel proprio amore quale ul- timo atto supremo prima della morte la comunione sacra fra l’uomo e la donna, ponendola a solo vero fondamento della sua Chiesa; per cui la Chiesa di Cristo non è la semplice somma algebrica degli uo- mini e delle donne credenti in Cristo, bensì in senso cattolicamente ecclesiale è l’insieme delle relazioni fra uomo e donna che si ricono- scono in Cristo quale sorgente stessa del proprio essere. 

Ora la nuova relazione fra uomo e donna nel Cristo d’amore si compie sacramentalmente nel momento della penetrazione vaginale e questo non per motivi né naturalistici, né etico-morali, bensì e solo per il fatto di essere la vagina l’archetipo della comunicazione fra il Cielo e la Terra, in quanto via che le anime percorrono per discen- dere sulla Terra e, di conseguenza, per risalire al Cielo dello spirito eterno, da cui ogni cosa proviene. 

La santità del sesso fra storia ed escatologia Prima di Cristo la sessualità non era sacra e la donna, neppure nella massima espressione della propria affascinante sensualità, non era ancora una vera sacerdotessa. In particolare nella stessa Grecia, ma- dre di ogni filosofia, veniva negata alla sessualità fra uomo e donna una qualsiasi valenza spirituale. 

Questo in Occidente, mentre nell’e- stremo Oriente e in India la sessualità era stata da sempre vissuta come condizione simil-divina, tuttavia il più delle volte soltanto a livello teoretico-intellettualistico, concependola quale espressione dell’unione fra i due principi cosmici maschile e femminile, secon- do quindi una modalità che, di fatto, escludeva o trascendeva la soggettività psicologica e storica sia dell’uomo che della donna. Per quanto invece riguarda il vicino Oriente, certamente unica nel suo genere era la tradizione cananea, che era giunta a elaborare l’idea della donna quale sacerdotessa del sesso. 

Era questo il caso delle co- siddette “prostitute sacre” che presiedevano ai vari templi cananei, contro le quali si scagliava l’indignazione dei profeti dell’antica Isra- ele, che consideravano i riti sacri cananei come una grave forma di idolatria e temevano che questo inquinasse la vocazione alla santità del popolo ebreo. All’opposto, da Cristo in poi, il sesso è santificato e la donna viene elevata alla dignità potenziale di profetessa, quindi non solo più di semplice sacerdotessa. 

Questo solamente da Cristo in poi, ovviamente concependo Cristo non quale semplice maestro di etica, bensì come colui che ha infuso nel genere umano lo spirito stesso di Dio, che è amore. L’opera salvifica di Cristo può pertanto venire ora riformulata in forma più consona per l’uomo moderno in termini di dono all’umanità dell’amore stesso di Dio. 

Cristo è l’amore di Dio, ragion per cui l’avere donato se stesso all’umanità altro non significa che avere donato al genere umano l’amore divi- no. L’umanità prima di Cristo non sapeva, né avrebbe potuto amare Dio, poiché Dio può essere realmente amato solo con il suo stesso amore, che l’umanità non aveva e non conosceva, fino al momento in cui Cristo lo rese carne e genetica della nuova umanità. 

Il fatto che Gesù secondo il Vangelo di Giovanni abbia iniziato la sua vita pubblica a Cana e in occasione di un matrimonio (del quale non sono neppure noti gli sposi, a conferma della valenza chiaramente simbolica della vicenda) non può non fare pensare agli antichi riti erotici della terra di Canahan, da reinterpretare come profetici di quanto Cristo avrebbe poi realizzato, cioè trasmutare la sessualità umana fra uomo e donna in reale esperienza liturgica quale accesso supremo al tempio della vita divina.

Prima dell’evento di Cristo la persona umana era una dualità di cor- po e anima, per cui, come tale, non poteva essere pienamente imma- gine di Dio, essendo Dio uno e trino. Solo da Cristo in poi la persona umana possiede lo spirito, che è amore, essendo Cristo l’amore di Dio, rendendola in questo modo in potenza realmente una e trina a imma- gine di Dio. L’infusione al genere umano dell’amore di Dio da parte di Cristo esigeva la sua Morte per universalizzare Se stesso e questo e solo questo è il senso salvifico della passione e morte di Cristo. 

Ora, se Dio è uno e trino, e se la persona umana è stata resa trinitaria da Cristo attraverso l’effusione del suo spirito d’amore, il rapporto fra uomo e donna assume il crisma della santità solo configurandosi quale unità di una trinità, vale a dire quale triade sequenziale di unione spirituale, unione psichica (o animica) e fisico-sessuale, secondo quindi una sequenza che dai Cieli dello spirito viene a trasfigurare la Terra e, in essa, la storia dell’umanità, per cui non esistono due differenti destini, il destino degli uomini e il destino delle donne, bensì e solo un unico destino, quello del genere umano. 

Al di là di ogni fondamentalismo religioso, in assenza dell’amo- re cristico, che è estasi di compassione, la sessualità resta relegata alla sfera psichico-emozionale e non può in nessun modo diventare esperienza della realtà spirituale. 

Del resto, se così non fosse e se il fare della sessualità un’esperienza dello spirito dipendesse solo sem- plicemente dalle capacità umane, non sarebbe certamente sfuggito ai grandi sapienti della filosofia dell’antica Grecia, che invece non riconobbero mai alla sessualità la dignità della conoscenza spirituale. 

Onde evitare fraintendimenti libertini, conviene allora affermare subito in forma esplicita che qualunque riflessione sull’ipotesi di una reinterpretazione spirituale dell’unione sessuale fra uomo e donna presuppone che uomo e donna (o quanto meno l’uomo) vivano già in loro una tipologia d’amore quanto meno vagamente affine all’a- more vissuto da Cristo, affine all’amore che è Cristo. 

Ora, se per amore cristico intendiamo non una generica filantropia o un’aspeci- fica attenzione al prossimo, bensì e solo uno stato di estasi di com- passione, di estasi in quanto compartecipazione della medesima vita beata di Dio e compassione dinnanzi a un’umanità che ha dimen- ticato di essere stata concepita da Dio, risulta evidente che un tale amore è attualmente vissuto da una percentuale infinitamente bassa rispetto agli oltre sei miliardi di esseri umani. Vivere questo tipo di amore significa essere già nel futuro ed essere il futuro, poiché solo l’amore a imitazione di Cristo è escatologia vivente, ma questo riguarderebbe solo alcune migliaia di uomini e donne rispetto alla vastità del pianeta. 

Si rischierebbe di teorizzare per l’ennesima vol- ta una Chiesa di soli santi ed escludere dalla nuova vita portata da Cristo la quasi totalità del genere umano, limitandosi alla tenue spe- ranza di poter vivere pienamente l’amore stesso di Cristo solo nel dopo morte, il tanto enigmatico aldilà. La Chiesa è invece costituita da santi e peccatori; verità, questa, cui la storia ecclesiale è da sem- pre rimasta fedele, né diversamente avrebbe potuto comportarsi dal momento che è lo stesso Cristo ad avere affermato di essere venuto non per i santi, ma per gli ammalati nello spirito, cioè i peccatori. 

Avviene allora che la partecipazione intima alla vita della Chiesa e ai suoi sacramenti, in particolare all’eucarestia, ha il potere di vicariare la mancanza del vissuto cristico dell’amore, che di fatto accomuna la quasi totalità del genere umano. Di conseguenza, l’ipotesi di una trasfigurazione spirituale della sessualità cessa di essere utopia escatologica e diviene esperienza possibile, ma solo per coloro che vivo- no nel seno della Chiesa amandola come se fosse il vero Se stesso. Infatti, si diventa santi solo ecclesiasticamente, cioè come Chiesa, non singolarmente per effetto di ascetismi o di esperienze simili. 

Quale spiritualità e quale sessualità Preso atto che oggi ormai tutti parlano di spiritualità del sesso, al- cuni in senso simil-religioso e altri, la maggior parte, in senso solo naturalistico, non ha allora più senso chiedersi se esista realmente o no una spiritualità del sesso, ma all’opposto, dando per scontato che esista, la vera domanda – che dovrebbe venire fra l’altro spontanea a coloro che veramente vivono e soffrono a causa del problema del contrasto esistente fra piacere sessuale e mistica spirituale – non può essere che una sola: «A quali condizioni la relazione sessuale fra uomo e donna può essere esperienza dello spirito?» 

È ovvio che la risposta non può essere quella soggettivistica del pensiero personale o delle esperienze personali, dal momento che in ogni cosa, ma soprattutto in ambito sessuale, la mente umana tende sempre a descrivere come più nobile, romantico e simil-spirituale il proprio vissuto sessuale rispetto alla realtà effettiva nella vita di ogni giorno, a tal punto che il più delle volte si chiama momento di estasi un semplice benessere erotico personale. 

La risposta non deve neppure essere morale, né infine religiosa, ma fenomenologico-spi- rituale, partendo da una sincerità assoluta nei confronti di se stessi e del proprio vissuto psichico. Pertanto, senza dover invocare dottrine religiose o ideologie para-filosofiche precostituite rispetto alla reale esperienza, ma sulla base della semplice e sola auto-sincerità, appare evidente che il vissuto psichico durante il rapporto sessuale è profondamente diverso da un momento di estasi spirituale. 

Ovvia- mente, questo presuppone che la persona abbia avuto esperienza sia in ambito sessuale che in ambito mistico-spirituale, o che, quanto meno in relazione al vissuto spirituale, sappia distinguere il senti- mento della devozione da quello della scettica indifferenza, e il sen- timento del ringraziamento da quello del possesso e del ritenere che tutto sia dovuto e non donato. 

Certamente, una condizione di amore sentimentale e di affetto è presente prima del rapporto, ma du- rante il rapporto o comunque nello stato di eccitazione erotica ogni sentimento simil-spirituale sembra svanire in un profondo oblio. Tutto ciò è spiegabile e comprensibile sulla base delle semplici co- noscenze della psicanalisi freudiana, che hanno dimostrato essere la sessualità umana per la gran parte sotto un controllo dell’inconscio. 

Tutto questo ci porta allora a concludere che non esiste nessuna naturalistica spiritualità nel sesso. E questo è un primo errore, vale a dire ritenere che la sessualità nella condizione di natura sia già di per se stessa un’esperienza spirituale e, affinché ciò avvenga, possa essere sufficiente un minimo di affettività amorevole o di dolcezza. Certamente sarebbe meraviglioso che lo fosse, certamente a livello filosofico è bello che lo sia, ma a un’auto-analisi sincera tutto questo viene smentito dall’evidenza esperienziale esistenziale. 

Errore op- posto è quello di rassegnarsi a pensare che la sessualità umana sia destinata a restare tale in eterno, che cioè non esista un’evoluzione nella auto-comprensione della propria sessualità da parte del genere umano rispetto a ogni altro aspetto della vita umana, al quale viene invece riconosciuta un’effettiva e continua evoluzione. 

Esiste una sola possibilità per porre progressivamente fine all’ancestrale separazione e atavica opposizione fra sessualità e spiritua- lità, causa questa di tutti i mali del genere umano in quanto matrice ultima degli stessi: vivere in sé nel proprio cuore fisico l’amore di Cristo, non tanto o non solo l’amore per Cristo, quanto piuttosto l’a- more stesso che Cristo viveva, vivibile in ogni caso a sua volta solo attraverso il medesimo amore per Cristo, effuso nella storia duemila anni fa e donato in eterno per opera dello Spirito Santo a chiun- que lo ricerchi quale senso ultimo della propria esistenza. Infatti, la spiritualità del sesso è vivibile soltanto nella condizione ecclesiale dell’amore di Cristo. 

Una sessualità spiritualizzata non è pertanto un fatto privato, bensì un atto ecclesiale, che agisce come fermento sulla stessa mistica ecclesiale in forza della unicità della Chiesa, non potendo esso andare perso provenendo solamente da Dio quale uni- co stato di essere come tale in grado di ricondurre la creatura a Dio. 

Uomo e donna che si amino con la medesima intensità dell’amore ecclesiale di Cristo non sono allora più una semplice coppia, ma una Chiesa, intendendo per Chiesa una qualsiasi comunione d’amore fraterno fra almeno due o più persone, fondato sul medesimo amore di Cristo e in grado per questo di irradiare a sua volta amore per il semplice fatto di viverlo spiritualmente nel proprio cuore quale uni- co vero tempio esistente. 

Senza questa forma di amore qualunque ipotesi di spiritualità del sesso non è che un’illusione emozionale o una teorizzazione intellettualistica, cui non corrisponde nessuna re- ale esperienza. È ovviamente implicito che la nuova sessualità quale esperienza della vita stessa dello spirito riguardi solamente il rappor- to fra uomo e donna, e questo non perché l’omosessualità sia contro natura o una malattia o comunque una sessualità abnorme e meno piacevole, bensì per il semplice fatto che ad avere valenza spirituale è solamente la Trinità costituita dall’uomo, dalla donna e da Dio stesso, come in origine nell’Eden di ogni sogno di gioia. 

Secondo quanto già affermato in un testo cristiano anonimo siriano del III secolo, l’uomo è immagine di Cristo, la donna è immagine dello Spirito Santo e nella loro relazione si manifesta il Padre di ogni paternità, ovviamente non un uomo comune e una donna comune, bensì ed esclusivamente un uomo e una donna che si siano liberamente posti a imitazione di Cri- sto a servizio dell’evoluzione spirituale del genere umano, quindi in definitiva un diacono e una diaconessa, non essendo in sintesi il dia- conato che il libero servizio al volere di Dio. 

E ciò che Dio vuole per il genere umano è la gioia, la libertà e, in ultima analisi, la vita stessa. La veridicità di una reale spiritualità del sesso, oltre che da un corretto modo di porsi la domanda su quali siano le condizioni che la rendano realmente e non solo intellettualisticamente possibile, è pure deducibile dagli stessi frutti derivanti da un’ipotetica esperienza di sessualità spirituale. In altre parole, la seconda domanda da porsi dopo avere meditato assiduamente e compreso quali siano le condi- zioni per fare dell’atto sessuale un’esperienza dello spirito, è quella su quali siano gli effetti di una vera esperienza spirituale attraverso l’amore sessuale fra uomo e donna su di sé e nella relazione con la società, con il mondo e la storia. Tali effetti sono sintetizzabili in almeno quattro eventi: 

1. l’amplificazione dell’amore universale; 
2. il verificarsi di fenomeni extra-sensoriali fra l’uomo e la donna, quali la telepatia e la percezione a distanza del vissuto animico della persona amata; 
3. l’espansione della coscienza e della comprensione dell’anima umana, quindi in definitiva della medesima conoscenza umana- mente conseguibile; 
4. il servire l’evoluzione del genere umano come se fosse vita della propria vita, rinunciando a ogni personale conoscenza, a ogni privatistico potere, a ogni personale carrierismo e, in definitiva, perfino alla propria privata evoluzione spirituale, anche perché l’evoluzione spirituale non dipende da meriti e capacità personali, ma all’opposto è un dono dello spirito dall’Alto, che a sua volta si dona solo a coloro che si pongono a servizio dell’umanità nel modo in cui Cristo servì il suo prossimo, senza avere da parte umana nessun secondo fine interessato che non sia la medesima felicità nella libertà della verità del genere umano. 

In assenza di simili frutti carismatici e santi occorre fortemente duitare che la supposta esperienza di sessualità spirituale sia effetti- vamente tale e non virtualmente astratta in senso intellettualistico. 

In altre parole, il vero amore fra uomo e donna deve riconciliare la persona umana sia nei confronti di Dio sopra ogni cosa che con il genere umano nei suoi due sessi, quindi innanzitutto con l’altro sesso, non più percepito come altro ed estraneo, ma come l’altra identità di se stessi. Spiacente per gli intellettuali, i filosofi e i teologi, spiacente per gli ebrei, i buddisti, gli induisti e gli animisti, spiacente infine per gli stessi psicologi, ma il sogno di una nuova sessualità fra uomo e donna quale compimento di ogni esperienza spirituale è condizione esclusiva della Chiesa di Cristo: non per razzismo elita- rio, ma per il semplice fatto che l’amore richiesto per trasmutare la pulsione sessuale in dimensione della beata vita divina non appartie- ne già per natura alla specie umana prima che fosse effuso da Cristo quale spirito di Dio nel momento della sua morte. 

Solo all’uomo che ha amato realmente sopra ogni cosa e fin dall’infanzia la Chiesa di Cristo, soffrendo a causa di questo, sarà dato e donato dallo Spirito Santo di amare la donna come se fosse la stessa mistica anima della totalità universale della Chiesa. Rispetto alla vera spiritualità del sesso, due sono gli errori fonda- mentali presenti in filosofie simili, ma in realtà assolutamente diverse: 1. considerare un bene sia la spiritualità che la sessualità, ma in forma separata fra loro e non unitiva, quindi semplicemente come accostate fra loro, a tal punto che il vissuto di un tipo esclude quello dell’altro tipo; 2. considerare sessualità e spiritualità come un vissuto unitario, secondo tuttavia una visione naturalistica della sessualità e non Cristo-centrica, tale per cui è la spiritualità a venire abbassata a livello della emotività pulsionale del sesso anziché essere la sessualità a venire innalzata alla dimensione di esperienza dello spirito. 

La difficoltà maggiore che si oppone al nuovo modo di concepire l’unione amorosa fra uomo e donna è quella del superamento della riduzione della relazione sessuale a semplice storia personale, indi- pendente di fatto dalla ricerca di Dio o addirittura antitetica a essa, come è stato sino a ora per l’Occidente. Ma a partire dall’alba del III millennio non ha più senso che l’ane- lito a essere amato da una donna da parte dell’uomo e di essere ama- ta da un uomo da parte di una donna e la ricerca di Dio o comunque di una dimensione spirituale siano due realtà diverse o addirittura alternative l’una all’altra, dal momento che uno è l’amore come uno è Dio nella trinitaria sussistenza ipostatica di Padre, Figlio e Spirito Santo, perché la sfera più alta della spiritualità deve essere trovata proprio nella relazione con l’altro sesso nella misura in cui essa non escluda più il divino e cessi di essere solamente una pur lieta storia personale, diversamente il desiderio solo pulsionale della donna co- stituisce adulterio verso Dio per il semplice fatto che nel momento in cui si desidera una donna, Dio in quell’attimo non esiste più, è divenuto un Altro. Ora, per vivere l’identità nell’amore fra attrazione per l’altro sesso e anelito a Dio in forma solo anticipatoria sintetica è sufficiente che almeno l’uomo abbia già in sé il vissuto cristico dell’amore. 

Ma, per vivere stabilmente una tale condizione di espe- rienza di Dio proprio attraverso l’amore per l’altro sesso, occorrono due ben precise condizioni: 1. che entrambi, uomo e donna, abbiano già quanto meno un’a- pertura alla percezione dell’amore di Cristo, cioè un’apertura del centro energetico, o chakra, del cuore, secondo la termino- logia della tradizione vedhica. 

Per questo l’archetipo supremo ed eterno della santità del sesso è rappresentato dall’unione fra Maria, madre di Cristo, e Giovanni ai piedi della Croce, a testi- monianza del fatto che la santità del sesso è possibile solo in una condizione simile a quella fra Giovanni, il discepolo amato, e Maria quale Immacolata Concezione, che rappresentavano l’uomo e la donna più santi viventi allora sulla Terra, posti per questo a nuove colonne del tempio della Chiesa vivente, l’uo- mo più santo in quanto rinato nell’amore di Cristo e la donna più santa in quanto nata senza nessuna opposizione a Dio fin nel profondo della sua psiche; 2. che entrambi esprimano già coscientemente l’altra parte di sé, la parte femminile l’uomo e la parte maschile la donna, quindi che ognuno dei due sia già uno nei due principi maschile e fem- minile, come affermato da Cristo stesso nel ventiduesimo Det- to del Vangelo di Tommaso: «Se farete del maschio e della fem- mina in voi un solo essere, allora entrerete nel Regno dei Cieli». All’opposto, la tanto decantata unità di due metà, il maschio e la femmina, non porta a nessuna vera comunione spirituale, ma lascia che restino metà le due metà. Nella comunione spirituale fra uomo e donna già viventi in se stessi l’unità dei due principi maschile e femminile, l’uomo diviene maestro della donna nella dimensione dello spirito e la donna diviene maestra dell’uomo nella dimensione dell’anima. 

L’uomo amerà nella donna l’uni- versalità della vita, sola vera Chiesa nell’idea originaria di Dio, e la donna percepirà se stessa come Chiesa, amando nell’uomo che ama il Cristo che vive in lui. Ora, una teorizzazione non psicologica né etica, ma ontologica della sessualità presuppone una rivisitazione teologica dell’identità iposta- tica dello Spirito Santo e in definitiva della medesima Trinità di Dio, solo modo questo per rifondare la relazione fra uomo e donna non più su una generica imitazione della Sacra Famiglia di Gesù, Giusep- pe e Maria, ma sulla stessa divina Trinità