venerdì 29 luglio 2022

Per Em Hru: il Libro Egizio dei Morti


Nefertiti - Per Em Hru 


Per Em Hru: il Libro Egizio dei Morti


Lo scopo di tutti i libri dell’altro mondo era di fornire ai morti una “Guida” o “Manuale”, che conteneva una descrizione delle regioni attraverso le quali le loro anime avrebbero dovuto passare per il loro regno nel regno di Osiride, o a quella parte del cielo in cui sorgeva il sole, e che avrebbe fornito loro le parole di potere e i nomi magici necessari per fare un viaggio senza ostacoli da questo mondo alla dimora dei beati.

Per un periodo di duemila anni nella storia dell’Egitto, i Libri dell’Altro Mondo consistevano solo di testi, ma intorno al 2500 a.C. gli artisti funebri iniziarono a rappresentare in modo pittorico le principali caratteristiche del “Campo della Pace”, o “Isole dei Beati”, e prima della fine della XIX dinastia, circa 1300 anni dopo, tutti i principali libri relativi al Tuat furono ampiamente illustrati.

Nelle loro copie che erano dipinte sui muri delle tombe reali, ogni divisione del Tuat era chiaramente disegnata e descritta, e ogni porta, con tutti i suoi guardiani, era accuratamente raffigurata. Sia i vivi che i morti potevano imparare da loro, non solo i nomi, ma anche le forme, di ogni dio, spirito, anima, ombra, demone e mostro che avrebbero potuto incontrare sulla loro strada e i copiosi testi che furono dati fianco a fianco con le immagini che consentivano al viaggiatore attraverso il Tuat – sempre, ovviamente, purché le avesse imparate – di partecipare ai benefici che erano stati decretati dal dio Sole per gli esseri di ogni sezione di esso.



Nei tempi primitivi ogni grande città d’Egitto possedeva il proprio Altro Mondo e, senza dubbio, i sacerdoti di ogni città fornivano agli adoratori dei loro dei “opportune” guide per la dimora dei suoi morti. All’inizio del periodo dinastico, tuttavia, scopriamo che il culto di Osiride era estremamente popolare, e quindi era naturale che un gran numero di persone in tutte le parti dell’Egitto dovesse sperare e credere che le loro anime dopo la morte sarebbero andate nel regno nell’altro mondo su cui regnò. 

Le credenze legate al culto di Osiride si svilupparono naturalmente dalle credenze degli egiziani predinastici, che, abbiamo tutti i motivi per pensare, trattarono in gran parte della magia sia “Nero”    che “Bianco”. 

Molte delle superstizioni, e la maggior parte delle idee fantastiche e semi-selvagge sugli dei e sui poteri soprannaturali racchiuse nella grande raccolta di testi religiosi chiamati PER-EM-HRU, furono ereditate dagli egiziani dinastici da alcuni dei più antichi abitanti del Valle del Nilo. 

Coloro che morirono nella fede di Osiride credettero nell’efficacia del libro PER-EM-HRU e si accontentarono di impiegarlo come “Guida” per un paradiso pieno di delizie materiali; il numero di coloro che erano “seguaci” di Osiride era molto grande sotto ogni dinastia in Egitto. 

D’altra parte, dalla IV dinastia in poi c’era una classe molto grande che non credeva in un paradiso puramente materiale e, stando così le cose, non sorprende che i Libri dell’Altro Mondo contenenti l’espressione delle loro opinioni debbano essere composti.



I principali libri degli Inferi in voga sotto la XVIII e XIX dinastia furono:
1. PER-EM-HRU, o, “[Il libro] dell’uscire di giorno”. 
2. SHAT ENT AM TUAT, o “Il libro di ciò che è nel Tuat”. 
3. La composizione a cui è stato dato il nome “Libro delle porte”. 
Ora il primo di questi, che è comunemente noto come “La recessione tebana del Libro dei morti”, ci ha fornito molte preziose informazioni sulle credenze che fiorirono in connessione con una forma antica dell’antico culto di Osiride nel Delta, e con la forma successiva del suo culto, dopo aver assorbito la posizione e gli attributi di Khenti-Amenti, una vecchia divinità locale di Abydos. 

Gli altri due libri, tuttavia, sono importanti, ciascuno a modo suo, come il “Libro dei morti”, poiché gettano una notevole luce sullo sviluppo degli elementi materiali e spirituali nella religione dell’Egitto e commemorano la credenza nell’esistenza di numeri di dei primitivi, che sono sconosciuti al di fuori di questi libri. 

Il “Libro Am-Tuat”, nella forma in cui lo conosciamo, è stato redatto dai sacerdoti della confraternita di Amen-Ra a Tebe, con l’obiettivo esplicito di dimostrare che il loro dio era il signore di tutti gli dei, e il potere supremo in “Pet Ta Tuat”, o, come dovremmo dire, “Cielo, Terra e Inferno”. 

Il Tuat, o altro mondo, che immaginavano includeva il Tuat di ogni grande distretto dell’Egitto, vale a dire, il Tuat di Khenti-Amenti ad Abydos, il Tuat di Seker di Memphis, il Tuat di Osiride di Mendes e il Tuat di Temu-Kheper-Ra di Heliopolis.

Nel LIBRO AM-TUAT il dio Amen-Ra fu fatto passare attraverso tutti questi Tuat come il loro signore e dio, ei suoi sacerdoti insegnarono che tutti gli dei dei morti, incluso Osiride, vivevano attraverso le sue parole e che gli esseri del Tuat di cui godevano ogni giorno erano dovuti alla sua grazia e alla sua luce durante il suo passaggio attraverso le loro regioni e Circoli. 

Inoltre, secondo i dogmi dei sacerdoti di Amen-Ra, solo quelli che furono abbastanza fortunati da assicurarsi un posto nella corteccia divina del dio poteva sperare di attraversare il Tuat incolume, e solo quelli che erano i suoi eletti avevano la certezza di rinascere quotidianamente, con una nuova scorta di forza e vita, e di diventare di natura e sostanza simili con lui.



Dettaglio del Papiro di Ani, copia del "Libro dei morti" risalente alla XIX dinastia egizia (1250 a.C. circa).
Il Papiro di Ani è riccamente illustrato: qui, l'anima di Ani è condotta per mano dal dio egizio Horus

Il Libro dei morti è un antico testo funerario egizio, utilizzato stabilmente dall'inizio del Nuovo Regno (1550 a.C. circa) fino alla metà del I secolo a.C. Il titolo originale del testo, traslitterato ru nu peret em heru, è traducibile come Libro per uscire al giorno(altra possibile traduzione è Libro per emergere dalla luce). 

Il Libro dei morti si inserì in una tradizione di testi funerari che include i ben più antichi cosiddetti testi delle piramidi, tipici dell'Antico regno (XXVII–XXII secolo a.C.) e i cosiddetti Testi dei sarcofagi' risalenti al Primo Periodo Intermedio e al Medio regno (XXI–XVII secolo a.C.), che erano appunto inscritti su pareti di camere funerarie o su sarcofagi, ma non su papiri. 

Alcune delle formule del "Libro dei morti" derivano da tali raccolte precedenti, altre furono composte in epoche successive della storia egizia, risalendo via via al Terzo periodo intermedio (XI–VII secolo a.C.). I papiri delle varie copie del Libro dei morti, o di parte di esso, erano comunemente deposti nei feretri insieme alle mummie nell'ambito dei riti funebri egizi.

Non vi fu mai un'edizione canonica e unitaria del Libro dei morti e non ne esistono due esemplari uguali: i papiri conservatisi contengono svariate selezioni di formule magiche, testi religiosi e illustrazioni. Alcuni individui sembrano aver commissionato copie del tutto personali del Libro dei morti, scegliendo probabilmente, con una certa libertà, frasi e formule che ritenevano importanti per il proprio accesso nell'aldilà. 

Il Libro dei morti era quasi sempre redatto in caratteri geroglifici o ieratici su rotoli di papiro, e talvolta decorato con illustrazioni o vignette (aventi, talvolta, un notevole valore artistico oltreché archeologico e paleografico) del defunto e delle tappe del suo viaggio ultraterreno.

Vita dopo la morte

La natura della vita di cui il defunto avrebbe goduto dopo la morte è difficile da definire a causa delle differenti tradizioni all'interno del pensiero religioso egizio. Nel Libro dei morti lo spirito è condotto al cospetto di Osiride, che era confinato a regnare nel sotterraneo Duat, il mondo dei morti. 

Alcune formule avrebbero dovuto aiutare il ba e l'akh del morto a congiungersi con Ra nel suo attraversamento del cielo sulla barca solare, e a sconfiggere il perfido demone Apopi (Formule 100–2, 129–131, 133–136. Nel Libro dei morti il defunto è inoltre rappresentato mentre accede ai Campi dei giunchi (Aaru), una "copia paradisiaca", perfetta e felice della vita terrena (Formule 109–10, 149]

Il morto si sarebbe trovato al cospetto della Grande Enneade: gli dei Atum, Shu, Geb, Osiride, Seth e le dee Tefnut, Nut, Iside e Nefti. Sebbene la vita nei Campi dei giunchi sia rappresentata come gioiosa e opulenta, è anche evidente che le anime avrebbero dovuto svolgervi tutti i lavori manuali della vita in terra: per questi motivo le tombe erano riempite con decine o centinaia di statuette (ushabti) di servitori ricoperte di formule, incluse nel Libro dei morti, perché svolgessero ogni attività manuale al posto del defunto che le possedeva. 

È chiaro che il defunto non si sarebbe limitato ad accedere in un luogo dove, secondo la concezione egizia, risiedevano le divinità, ma che egli stesso si sarebbe trasformato in un'entità divina; vari passaggi del Libro dei morti menzionano il morto come "[nome] l'Osiride".

Il tragitto per il mondo dei morti descritto dal Libro dei morti è particolarmente irto di difficoltà e insidie. Il defunto avrebbe dovuto superare una serie di cancelli, caverne e colli sorvegliati da divinità sovrannaturali: terrificanti entità armate di lunghi coltelli, raffigurate in forme grottesche (uomini dalle teste d'animali minacciosi, oppure feroci chimere d'aspetto orrendo) I loro nomi, per esempio "Colui che vive sui serpenti" o "Colui che danza sul sangue", sono egualmente grotteschi. 

Queste creature avrebbero dovuto essere ammansite recitando apposite formule contenute nel Libro dei morti: una volta pacificate non avrebbero più costituito una minaccia per lo spirito, anzi l'avrebbero protetto a loro volta. Altre creature sovrannaturali che il defunto avrebbe incontrato erano i "Macellatori", incaricati di massacrare i malvagi per conto di Osiride: il Libro dei morti indicava il modo migliore per non destare la loro attenzione. Anche comuni animali terrestri avrebbero costituito una minaccia per i defunti lungo il cammino per l'aldilà: coccodrilli, serpenti, scarafaggi

Suddivisione

Quasi ogni copia del Libro dei morti era un pezzo unico, poiché conteneva una commistione di formule scelte dal corpus di quelle disponibili a discrezione del committente e proprietario. Per la maggior parte della storia del Libro dei morti non esisté una struttura ordinata e definita. Difatti, prima dello studio pionieristico condotto dall'egittologo francese Paul Barguet nel 1967 sui temi ricorrenti fra i testi, gli egittologi erano dell'opinione che non esistesse alcuna struttura interna al Libro dei morti. 

Solo a partire dal "periodo stico" (VI secolo a.C.) si ebbe un'ordinata suddivisione del testo. A partire dalla "recensione saita" i Capitoli del Libro dei morti vennero generalmente suddivisi in quattro sezioni:

Capitoli 1–16: il defunto è posto nella tomba e discende nel Duat: contemporaneamente, il suo corpo mummificato si riappropria della facoltà di muoversi e parlare.

Capitoli 17–63: spiegazione della origine mitica degli dei e dei luoghi; il defunto torna a nuova vita così da poter sorgere e rinascere con il sole mattutino.

Capitoli 64–129: il defunto percorre il cielo sulla barca solare; al tramonto raggiunge l'oltretomba per comparire di fronte a Osiride ed essere giudicato.

Capitoli 130–189: essendo stato giudicato degno, il defunto prende potere nell'universo come uno degli dei. La sezione include inoltre vari capitoli sugli amuleti protettivi, sulle provviste di cibo e su luoghi 
importanti.

Il Libro dei morti (EA 10793/1) di Pinedjem II, sommo sacerdote di Amon (ca. 990–969 a.C.), intento, a destra, a presentare offerte a Osiride. British Museum, Londra.