venerdì 15 marzo 2024

La “magia” del Caos, dal Libro Rosso di Jung

 # 3  From "The Red Book by C. G. Jung"


La “magia” del Caos, dal Libro Rosso di Jung 

“Mi trovo davanti a una buia caverna immerso fino alle caviglie in un nero luridume. Intorno a me aleggiano delle ombre. Sono attanagliato dalla paura ma so che devo entrare. Striscio attraverso una stretta fenditura nella roccia e giungo in una caverna più interna col fondo ricoperto di acqua nera, ma dall’altra parte scorgo una pietra che emana una luce rossastra a cui devo arrivare” (Viaggio infernale nel futuro. Il Libro Rosso, C.G. Jung)

Jung nel suo lungo viaggio visionario del Libro Rosso, nato per incontrare la sua Anima, ad un certo punto abbandona l’Intelletto e lo Spirito del tempo e dopo 25 giorni nel deserto entra nell’Inferno (della follia), arriva a quanto pare all’ingresso del Caos o dello Spirito del Profondo (l’Inconscio collettivo).


Il Caos nell’ermetismo e nella simbologia ermetica è rappresentato spesso dall’immagine del Drago o dalla stessa Caverna Oscura o Quercia cava (chēne, la cui radice è il greco chaino che significa aprirsi, essere spalancato e da cui si forma chaos, che designa non solo l’idea del caos e delle tenebre ma anche larga apertura ed abisso. Canseliet. L’Alchimia. Simbolismo ermetico e pratica filosofale).


Ma perché il Caos, la follia divina, come la designa Jung, hanno così importanza nella cultura ermetica e nello stesso viaggio onirico di Jung? In fisica, in particolare in termodinamica il caos ha un suo nome ed è entropia. 

L’entropia come misura, indicatore, nasce con la termodinamica, in particolare quando i principi della meccanica (determinismo, causa ed effetto e reversibilità) si mostrarono inadeguati a dimostrare cosa avveniva nello scambio di energia e calore tra due corpi di differente temperatura (quando cioè una certa quantità di energia si disperdeva e non poteva essere ri-utilizzata). 

Inizialmente considerata una semplice conseguenza degli attriti e delle dispersioni, ci si rese conto che si trattava di un vero e proprio principio fisico, oggi noto come “secondo principio della termodinamica”. Infatti mentre il primo principio afferma che in tutti i processi di un sistema isolato si conserva l’energia totale, il secondo principio ci dice invece che non tutti i processi conservativi sono possibili e che esistono infatti trasformazioni in cui non avviene la conversione di tutto il calore utilizzato in lavoro, il calore si disperde e in altre parole, l’energia impiegata sarà sempre maggiore di quella ricavata. 

 Fu Clausius a introdurre, nel 1865, la nozione di entropia, ed estese questo principio dei motori termici su scala cosmologica. Dunque quest’ultima esprime l’irreversibilità dei fenomeni naturali in quanto indice della degradazione dell’energia (al crescere dell’entropia, diminuisce l’energia utilizzabile). 

Quindi a differenza dell’energia che, in un sistema isolato, si mantiene costante, l’entropia, al contrario, cresce nel corso delle trasformazioni, fino a raggiungere un massimo. Lo stato di massima entropia segna il raggiungimento dell’equilibrio, e l’impossibilità per il sistema di compiere ulteriori trasformazioni.

Con il concetto di entropia (dal greco entropé, traducibile con “cambiamento interno”) si dimostra che i processi irreversibili scoperti da Fourier nella conduzione del calore, raggiungono portata cosmologica: “l’entropia diventa così un indicatore di evoluzione, esprime il fatto che in fisica esiste una freccia del tempo” (Prigogine). 

La scienza del calore immette un elemento nuovo rispetto alla meccanica: la freccia del tempo dei processi irreversibili. Boltzmann dimostrerà che, nel tempo, il sistema tende a raggiungere lo stato corrispondente alla massima probabilità, che coincide con il massimo disordine molecolare: la crescita dell’entropia viene così spiegata in base a considerazioni di tipo statistico. 

Per esemplificare: il fatto che il calore fluisca spontaneamente da un corpo freddo ad uno più caldo non è, in linea di principio, un evento impossibile, ma un evento altamente improbabile, con una probabilità vicina a zero, per questo non viene mai osservato.

Ma se l’universo, nel suo complesso, evolve verso stati di massimo disordine, come spiegare l’emergere di strutture altamente complesse ed organizzate, quali gli organismi viventi che, dal punto di vista di Boltzmann, corrispondono a stati altamente improbabili? 

Prigogine (scienziato russo di fama mondiale, padre dell’epistemologia della complessità, si occupò della termodinamica dei sistemi complessi, le cui ricerche lo portano a formulare, nel 1967, il concetto di struttura dissipativa, e nel 1977 il premio Nobel per la chimica) è convinto che il principio d’ordine di Boltzmann sia inadeguato per rendere conto non solo dell’esistenza dei sistemi viventi, uomo compreso, ma anche di una vasta classe di fenomeni, che avvengono nella materia inanimata, e a cui egli ha dato il nome di strutture dissipative. 

Le strutture dissipative sono state al centro della ricerca scientifica di Prigogine. In condizioni normali, come si è detto, un sistema termodinamico evolve verso una situazione di equilibrio, corrispondente ad un massimo di entropia, stato oltre il quale non sono più possibili ulteriori cambiamenti. In certe circostanze tuttavia, il sistema può stabilizzarsi in uno stato dinamico assai lontano dal punto di equilibrio. 

L’esempio forse più semplice di tali equilibri dinamici è rappresentato dalle cosiddette cellule di Bénard: queste strutture si formano in un fluido posto in mezzo a due superfici orizzontali, di cui la superiore è mantenuta a temperatura più bassa dell’altra. Se la differenza di temperatura tra queste due superfici supera un certo valore critico, si creano dei moti convettivi, che vanno a formare strutture esagonali (cellule di Bénard). 

È chiaro che lo stato di turbolenza che si viene ad instaurare non va inteso come puro caos, in quanto le molecole del fluido non si muovono in modo disordinato, ma secondo moti collettivi, che coinvolgono contemporaneamente milioni di elementi: siamo dunque di fronte ad una struttura organizzata, che si è creata spontaneamente a partire da uno stato omogeneo.



In questo caso l’entropia del sistema diminuisce anziché aumentare, e si osserva con regolarità un fenomeno che nella teoria di Boltzmann sarebbe altamente improbabile. Avviene che, in certe condizioni di lontananza dall’equilibrio, una minima perturbazione nel sistema, anziché smorzarsi nel giro di poco tempo, viene amplificata, generando turbolenze che, in casi come le cellule di Bénard, danno luogo a strutture ordinate.

“L’instabilità detta “di Bernard” è un esempio lampante di come l’instabilità di uno stato stazionario dia luogo a un fenomeno di autorganizzazione spontanea” (Prigogine)

Un altro esperimento conferma questa “tendenza” del sistema caotico a organizzarsi, evidenziato da Prigogine, quello degli orologi chimici. Ci sono due tipi di molecole nella soluzione, quelle “rosse” e “blu”. A causa del moto caotico delle molecole, ci aspetteremmo che il recipiente dovrebbe sembrarci “violetto” con lampi irregolari di rosso o di blu. 

Ma questo non succede il sistema è tutto blu, poi improvvisamente il suo colore diventa rosso, poi ancora blu […]. Per cambiare colore tutte in una volta le molecole hanno bisogno di “comunicare”. Il sistema deve agire come un tutto. Le strutture dissipative probabilmente ci aprono la porta di uno dei più semplici meccanismi di comunicazione. 

Fenomeni come questi, teoricamente previsti e sperimentalmente osservati, inducono a rimettere in discussione la visione riduzionista dei sistemi fisico-chimici, in quanto “il sistema deve agire come un tutto”. Inoltre viene riscoperto il concetto di “comunicazione” tra le parti del sistema, come interazione tra i singoli elementi (le molecole) e la forma complessiva dell’insieme (la soluzione)


Un altra caratteristica osservata è quella della presenza di biforcazioni nei diagrammi della loro evoluzione. Si tratta di punti di instabilità, in corrispondenza dei quali il sistema può imboccare due strade diverse, in conseguenza di variazioni infinitesime nell’intorno del punto. 

Un esempio intuitivo in meccanica può essere dato dal pendolo rigido, cui è impressa una velocità iniziale tale da farlo giungere con velocità nulla sulla verticale: in corrispondenza di tale punto critico esso potrà o ricadere all’indietro instaurando il caratteristico moto oscillatorio, oppure procedere in avanti, cominciando a roteare intorno al suo perno. 

La differenza tra queste due possibilità sta in oscillazioni infinitesime intorno al punto di equilibrio instabile, e dunque in un elemento irriducibilmente casuale. Ma i sistemi chimici esaminati da Prigogine presentano un numero notevole di punti di biforcazione, che danno al diagramma di evoluzione una forma ramificata o “a cascata”: questo fa sì che il cammino del sistema sia irriducibilmente legato alla sua “storia”, ossia alle “scelte” fatte in corrispondenza delle biforcazioni, una situazione dunque molto diversa rispetto a quella della dinamica tradizionale.


Lo spazio della materia vivente, come quello delle strutture dissipative, è uno spazio “aristotelico”, non isotropo, in cui si determinano direzioni, specializzazioni delle parti, gradienti di sistema, come è possibile vedere nei processi di embriogenesi. 

Possiamo dire dunque che i problemi della non-linearità e delle strutture dissipative costituisce un campo i cui sviluppi potranno dare un contributo decisivo nella spiegazione del fenomeno della vita, compensando alle insufficienze del paradigma riduzionista darwiniano: “Una volta che le condizioni per l’auto-organizzazione siano soddisfatte, la vita diventa altrettanto prevedibile quanto l’instabilità di Bénard o la caduta di un sasso”. 

Queste scoperte inducono a modificare profondamente l’immagine del mondo proposta dalla fisica classica: l’universo non si presenta più come una macchina, insieme eterno di traiettorie determinate, ma nemmeno come un motore termico, in cui tutto va verso il decadimento; nella natura è insita una sorta di imprevedibilità “creatrice”, una combinazione di caso e necessità, necessità delle leggi deterministiche lungo le traiettorie, ed elemento casuale nei “punti di biforcazione”, che, in determinate condizioni, può dare origine alla varietà delle strutture ordinate, di cui noi stessi siamo un esempio. 

Dunque si può parlare di “ordine dal caos”, come recita anche il titolo inglese dell’opera di Prigogine: Order out of Chaos. Tutto ciò impone una nuova caratterizzazione del tempo: il tempo della meccanica classica e relativistica è una semplice variabile nelle equazioni del moto, fluisce in modo uniforme, non è apportatore di novità, in quanto tutta l’informazione è contenuta nelle condizioni iniziali. 

Oggi invece si impone un nuovo concetto di tempo, poiché la maggioranza dei fenomeni fisici chimici e biologici non si spiegano in termini di “leggi” ma di “processi”, in cui il tempo è continuamente apportatore di nuove informazioni, poiché nel tempo si determinano le “scelte” del sistema, che vanno a costituire la sua “storia”, secondo una evoluzione non predicibile a partire dalle condizioni iniziali.

L’osservazione dei fenomeni naturali ha permesso agli antichi alchimisti di conoscere in parallelo quello che accade nell’uomo, il rapporto tra ordine e disordine, di quanto la materia prima, un altra “metafora” del caos, sia necessaria in ogni “trasformazione”, di come nell’aumento del caos o entropia è implicita la nascita di un nuovo ordine. 

Ad esempio un altro simbolo è quello della vergine Nera. Il colore del caos associato alla forma a cui è destinato, quella forma perfetta, immacolata (la vergine) che genera il suo figlio migliore (il lapis), proprio quell’ordine nuovo che dal caos prende forma.

Ma ritorniamo al Libro Rosso: “Dalla luce rossa del cristallo si sprigionò un riverbero di sangue, e quando sollevai la pietra per scoprirne il segreto si svelò davanti ai miei occhi questo orrendo spettacolo: nel profondo di quel che ha da venire c’era l’assassinio. Il biondo eroe giaceva ucciso. Il coleottero nero è la morte che è necessaria al rinnovamento, perciò dietro di lui ardeva un nuovo sole, il sole del profondo”


Nel mito e nella simbologia alchimia l’Eroe in genere trafigge il drago o lo doma, per liberare ad esempio la principessa o la fanciulla imprigionata, nel racconto di Jung l’eroe viene ucciso nell’antro infernale del caos (Sigfrido come nei commenti di Jung o forse egli stesso). In pratica è il Drago a determinare il sacrificio dell’eroe. 

Per Jung è il senso, il significato che deve essere annientato davanti al non-potere. Nell’ottica di cui sopra è quel punto di biforcazione che, affinché il sistema si evolva, deve far emergere nuovi significati, nuovo ordine e per fare ciò occorre che quello precedente venga destituito, ad opera proprio di quel caos-disordine-drago che prima veniva domato. Questo mostra di come il Drago sia importante almeno quanto l’eroe, o se si vuole il principio femminile quanto quello maschile, o ancora l’eros quanto il logos, o la libido quanto la conoscenza.

Nella cultura orientale ad esempio il Drago è un simbolo positivo portatore di benessere e novità, ricchezza e vita. Nel Libro Rosso Jung fa emergere nuova vita e nuovo significato proprio dalla morte dell’Eroe (ordine precostituito o Spirito del tempo), mettendo bene in relazione l’agire del Caos come necessità di rinnovamento, trasformazione e creazione di nuovi significati.


E’ il significato come energia informativa, entropia negativa, neghentropia o sintropia, come viene definita oggi in fisica, che si oppone al disordine, come in una cellula fenomeni anabolici si accoppiano a quelli catabolici a spesa dell’ambiente o come direbbe Prigogine l’ordine che si alterna al disordine e che in esso trova la sua matrice. (C. Ferraro)