venerdì 15 dicembre 2023

Giordano Bruno e definizione di Magìa

 

Alchemist Gold 


Giordano Bruno e definizione di Magìa

Prima di affrontare l’argomento della magia, come nel caso di qualunque altro oggetto si voglia discutere, bisogna distinguere il nome in base ai suoi significati; infatti, per quante accezioni vi sono del termine magia, vi sono altrettanti tipi di mago.

In primo luogo, mago viene considerato il sapiente, come erano i trismegisti presso gli Egizi, i druidi presso i Galli , i gimnosofisti presso gli Indiani, i cabalisti presso gli Ebrei, i magi (il cui capostipite è Zoroastro) presso i Persiani, i sophoi presso i Greci, i sapienti presso i Latini.

In secondo luogo, mago viene considerato colui che compie cose mirabili con la sola unione di princìpi attivi e passivi, come fanno medicina e alchimia, ciascuna nel proprio genere, è questo il genere di magia comunemente ritenuto naturale.

In terzo luogo, si tratta di magia quando si aggiungono circostanze tali per cui le opere appaiono frutto di una natura o di una intelligenza superiore, in modo da suscitare l’ammirazione grazie a quanto viene fatto apparire, e questa è quella specie di magia che viene chiamata prestigiatoria.

In quarto luogo, è magia quella che deriva dalla capacità di antipatia e di simpatia degli enti, come nel caso di quelli che respingono, trasformano e attraggono, quali, ad esempio, le specie del magnete e simili, le cui operazioni non sono riconducibili alle qualità attive e passive, ma tutte vengono riferite allo spirito, ossia all’anima radicata nelle cose, questa è la magia naturale propriamente detta.

In quinto luogo, vi è magia quando a queste capacità si aggiungono parole, canti, accorta considerazione di numeri e di tempi, immagini, figure, sigilli, caratteri o lettere; anche questa è magia, situata in posizione mediana tra la naturale e la extranaturale, o sovrannaturale, la quale propriamente dovrebbe essere designata come magia matematica, e più precisamente dovrebbe essere chiamata filosofia occulta.

In sesto luogo, vi è magia se a ciò si aggiunge il culto o invocazione di intelligenze ed efficienti esterni o superiori, con preghiere, consacrazioni, fumigazioni, sacrifici, specifici paramenti e cerimonie dedicati agli dèi, ai demoni e agli eroi, allora o ciò accade per contrarre lo spirito, di cui il mago diviene vaso e strumento, nella propria persona, in modo da apparire dotato di una sapienza, che tuttavia si possa eliminare facilmente con un semplice farmaco, assieme allo spirito – e questa è la magia dei disperati, che divengono ricettacoli di cattivi demoni, alla quale si cerca di arrivare per mezzo dell’arte notoria; oppure, ciò avviene al fine di dominare e comandare ai demoni inferiori con l’autorità dei principi dei demoni superiori, onorando e allettando questi, vincolando con formule e scongiuri quelli – e questa magia è transnaturale o metafisica, e il suo nome specifico è «teurgia».

In settimo luogo, è magia scongiurare o invocare non direttamente i demoni o gli eroi, ma attraverso di essi evocare le anime dei defunti, per mezzo dei loro cadaveri, o parti dei cadaveri, per ottenere un oracolo, per divinare, per conoscere le cose lontane e future; e questa specie di magia viene chiamata, per la materia con cui opera e per il suo fine, necromanzia. 

Quando invece, senza ricorrere a materia esterna, evocando lo spirito annidato nelle proprie viscere il mago invasato cerca la verità dell’oracolo, allora si tratta del mago che viene chiamato propriamente pitonico; così, infatti, Apollo Pizio soleva «ispiritarli » nel suo tempio, se così posso dire.

In ottavo luogo, alla formula incantatoria si aggiungono parti di cose, in qualunque modo ottenute, indumenti, escrementi, minime cose, impronte, e tutto quanto credono abbia avuto una qualche partecipazione per contatto. 

In questo caso, o ciò è fatto per sciogliere, legare e indebolire – e allora il mago è definito malefico, se tende al male, mentre se tende al bene viene annoverato tra i medici, secondo una certa specie e genere di medicina; oppure i maghi cercano di giungere al male estremo e alla morte, e allora li chiamano maghi venefici.

In nono luogo, maghi vengono detti tutti quelli che si apprestano in qualunque modo a divinare intorno alle cose lontane e future. E questi generalmente sono definiti indovini per via del loro scopo, e le loro specie più importanti sono quattro, in base ai quattro princìpi materiali, fuoco, aria, acqua e terra, da cui derivano i nomi di piromanzia, idromanzia, geomanzia; oppure sono in base ai tre oggetti della cognizione – il naturale, il matematico e il divino – e allora si danno varie altre specie di divinazione.

Muovendo da princìpi naturali o per via di indagine fisica si compie infatti la divinazione di auguri, aruspici, e simili.

Per via di indagine matematica, e ciascuno secondo la propria tecnica specifica, agiscono invece i geomanti, che divinano attraverso numeri e lettere, linee e figure particolari, quali configurazione, luminosità e disposizione dei pianeti e dei corpi celesti.

Esiste infine la divinazione mediante la conoscenza delle realtà divine, per virtù di nomi sacri, di luoghi frequentati da numi nel rispetto di semplici principi e osservando certe circostanze. 

E i nostri compatrioti non designano questi ultimi con il nome di maghi, perché per loro, a causa dell’uso indegno, mago ha un significato negativo, e così questa non viene chiamata magia, ma profezia.

Da ultimo i termini mago e magia vengono assunti in base ad un’accezione negativa, tanto che non è stata annoverata, né si deve annoverare tra le precedenti, per la quale mago sarebbe un qualunque balordo scellerato, che dal rapporto, o addirittura dal patto, con un demone malvagio è messo in grado di danneggiare o giovare; e il termine suona in base a questa accezione non presso i sapienti o presso gli stessi grammatici, ma nell’uso improprio che del nome mago viene fatto da quei bardocuculli quale fu l’autore del libro intitolato “Il martello delle streghe”; e così oggi esso viene usato a sproposito da tutti gli scrittori di tal fatta, come è possibile leggere nelle postille e nei catechismi di preti ignoranti e vaneggianti.


Pertanto, il nome di mago, ogni volta che viene usato, deve essere assunto tenendo presente – prima di definirlo – tutta la varietà dei suoi significati; oppure, se viene usato in senso assoluto, deve essere assunto secondo il suo significato più nobile e principale, come insegnano i logici e soprattutto Aristotele nel V libro dei Topici. 

Quando viene usato dai filosofi e tra i filosofi, il termine mago indica il sapiente dotato della capacità di agire. Sta di fatto, tuttavia, che esso, quando lo si pronuncia senza caricarlo di un significato specifico, viene interpretato secondo il significato comune del termine; e allora altro esso significa presso questo o quell’ordine di preti, che fìlosofano molto su un certo malvagio demone che chiamano diavolo; altro significa negli usi comuni di popoli e credenze diverse.

Fatta questa distinzione in generale, assumiamo il termine magia secondo tre significati: divino, fisico e matematico.