sabato 26 febbraio 2022

La discesa della Shekinah


La discesa della Shekinah 



La discesa della Shekinah

Shekinah è un  appellativo applicato dai Kabbalisti a Malkuth, la decima Sephira; ma, per gli Ebrei, è una nuvola di gloria che rimane sul seggio della Misericordia, nel Santo dei Santi. 

Tuttavia, come insegnavano tutti i Rabbini dell'Asia Minore, la sua natura è di un genere più elevato, essendo Shekinah il velo di Ain-Soph, l'Eterno e l'Assoluto; quindi, una specie di Mulaprakriti Cabalistica. Shekinah è li Spirito sintetizzante di Chockmah e Binah, lo equivalente della Grazia dei cristiani. 

Come Shakti, exotericamente, è la controparte femminile di ogni Dio indù, così Shekinah è lo Spirito Santo dei cristiani (controparte del Figlio), la Sophia Achamoth degli Gnostici. Per i Caldei era asessuata, una pura astrazione, uno stato simile al Nirvana, una assoluta presenza. 

Śakti

Come termine, śakti (devanāgarī शक्ति, IAST śakti, «energia», «potenza») indica, nell'Induismo, il potere di una Dea di dare luogo al mondo fenomenico e al piano cosciente della creazione, la Sua capacità creativa immanente; come nome proprio, Śakti indica l'Energia divina femminile personificata. Un'energia tutt'altro che accomodante e sottomissiva, piuttosto difensiva e aggressiva.


La Dea Lakṣmī, uno degli aspetti di Śakti, compagna di Visnù

Quale energia personificata, Śakti già compare nei Veda come compagna di Indra, il Re del cielo. È la dea minore Śacī, che come termine vuol appunto dire "potenza", nota anche come Indrāṇī ("consorte di Indra"). Ma il ruolo di questa dea è minimo, menzionata in tre inni, il 10.86, il 10.159 e il 3.53.6.

Nella Śvetāśvatara Upaniṣad (quindi successivamente, nel periodo post-vedico) Śakti è presentata come potere supremo: senza Śakti gli Dèi sono inattivi, è Śakti che continuamente trasforma tutti gli elementi dell'universo, rappresentando quindi l'energia del cosmo.

«Quell'unico, incolore, il quale molteplicemente, usando della sua potenza [śakti], innumerevoli colori crea a un fine destinato, colui dal quale all'inizio tutto nasce e nel quale alla fine tutto si risolve, costui possa provvederci di felice intendimento.»

Si assiste quindi, per quanto riguarda quest'aspetto, a un rovesciamento dei valori tipici delle culture vedica e brahmanica, culture dove il ruolo della Dea, e della donna in generale, è un ruolo subalterno, non essenziale.
 

 Quale sia stato il percorso che ha portato la Dea da semplice compagna del Dio a diventare Energia Cosmica, o Realtà Suprema in alcune sette anche di larga diffusione, non è possibile ricostruire. 

È però ipotizzabile che culti locali, specie nelle caste basse, già esistessero prima o durante l'epoca vedica, che questi culti siano poi cresciuti fino a essere inglobati, parzialmente, nell'ortoprassi hindu.

La śakti e le dee

Nel corso dei secoli la personificazione della śakti ha trovato concretizzazione nel culto di numerose divinità femminili, le Devi (culti e dee che in alcuni aspetti sembrano anche antecedenti al periodo vedico). Tali movimenti devozionali sono, in parte, successivamente confluiti nello Śaktismo, dove la Dea è venerata quale Essere Supremo.

Il culto della Dea non è però esclusivo dei soli movimenti śākta: quasi tutti gli hindu sono devoti a una Dea, soprattutto nei villaggi.[ Lo Śaktismo, sia nelle forme tantriche che non, è attualmente un movimento religioso di vasta diffusione, anche al di fuori del continente asiatico.

La śakti e la donna

Nei culti tantrici si ritiene che ogni donna sia pervasa dalla śakti, possegga cioè quell'energia divina che rende possibile le trasformazioni nel cosmo, risultando così più potente dell'uomo. 

 Conseguenza di ciò è che la donna è considerata un "messaggero" del divino, una "via" di accesso all'unione con Dio, o alla beatitudine (ānanda), o comunque a uno stato di coscienza superiore (samādhi): rispetto alla cultura brahmanica, la donna gode qui di uno status superiore. 

Alcuni riti tantrici prevedono l'unione sessuale (maithuna) fra l'uomo e la donna (simbolica o reale a seconda dei culti), che è quindi intesa come pratica spirituale, replica dell'unione cosmica fra il Dio e la Dea, fra Śiva e Śakti, nelle tradizioni śaiva; o fra Kṛṣṇa e Rādhā in alcune tradizioni vaiṣṇava.




Sotto l'aspetto di Mulaprakriti (2), Shekinah è quel velo al di là del quale ed attraverso il quale vibra il suono del Verbo, da cui evolvono le innumerevoli gerarchie di Ego intelligenti, di Esseri coscienti e semicoscienti, appercettivi e percettivi, la cui Essenza è la Forza spirituale, la cui sostanza sono gli elementi, i cui Corpi sono gli Atomi. 

MULAPRAKRITI (San.) - La radice Parabrahmica, il deifico principio astratto femminile - la sostanza indifferenziata. Letteralmente, "la radice della natura" (Mula-Prakriti), Noumeno della Materia primordiale, esistente prima della manifestazione, il velo che copre Parabrahman, eterna sorgente delle proprietà sottili ed invisibili della materia visibile. 

Essa è l'anima dello Spirito Unico Infinito, la base del Veicolo di ogni fenomeno fisico, psichico o mentale. È la sorgente da cui irradia Akasha ed è materia per Parabrahman come un qualsiasi oggetto è materia per l'essere umano.

 L'aspetto primario di Mulaprakriti è il Caos indifferenziato, la cui prima differenziazione è individuata in tre principi e simbolizzata dal Triangolo di Pitagora (Tetractis).


Con riferimento al Cerchio, che simbolizza la manifestazione, Parabrahman è ciò che sta all'esterno, mentre Mulaprakriti è ciò che sta all'interno. 

Essa è la Presenza, ancora inconoscibile ma comprensibile, al di là della quale ed attraverso la quale, vibra il suono del Verbo ed al cui interno evolvono le innumerevoli Gerarchie ed Ego intelligenti, di Esseri coscienti e semicoscienti, appercettivi e percettivi, la cui Essenza è la Forza Spirituale, la cui Sostanza sono gli Elementi, il cui corpo sono gli Atomi. 

La Forza segue Mulaprakriti, ma senza di essa Mulaprakriti è assolutamente inerte, una pura astrazione, di cui si può quasi dire inesistente. Se con Prakriti designiamo la Natura, Mulaprakriti è la sua radice, il suo Noumeno.




Questo velo dell'Ignoto, che si può identificare con Aditi e con Bythos, è la profondità insondabile da cui emerge Tipheret, nel cui seno giace il Serpente dell'Eternità. 

Essa, come velo di Ain Soph, , è il Logos, l'Albero della Conoscenza, il possessore della Divina Sapienza creatrice. È la Grazia divina, la sposa di Metatron, la via verso il Grande Albero della Vita,, che raggiunge la valle celeste ed è nascosto fra le montagne (la Triade superiore dell'Uomo). 

Questo albero si erge verso l'alto (la conoscenza dell'Adepto aspira al Cielo) e quindi ridiscende verso il basso (nell'Ego dell'Adepto sulla Terra); si rivela di giorno (nella mente illuminata) ed è nascosto di notte (la mente degli ignoranti). 

Shekinah è inseparabilmente legata all'anima umana, secondo lo Zohar, che è per essa come un nido dal quale prende il volo come Uccello Eterno. Essa è la Luce Eterna, la Madre degli Dei, Arani, la Signora della Razza, il Grande Abisso oltre il quale giace l'Inconoscibile. 



Per la Cabala, il mistero della Shekinah è uno dei più profondi. La Shekinah è il tramite che trasforma lo splendore interno di Ain Soph nello splendore esterno del Nome indicibile. Essa esprime la Luce di Gloria che separa l'Uomo da Dio e permette all'Uomo di riunirsi in Dio. 

Il suo splendore è l'onnipresenza di Dio, la Sua immanenza nel creato, la dimora di Dio nel mondo. Essa penetra ogni cosa e si manifesta come Vita. Le scintille della Shekinah sono sparse in tutto l'universo; essa, a seguito della rottura dei vasi, si è separata da Dio e si è mescolata con le forze amorfe; ritornerà alla sua origine nell'Età della Redenzione. 

Nell'uomo essa è uno stato di coscienza, la consapevolezza della presenza dello Spirito, un Fuoco che consuma; risiede in colui che è Saggio conferendogli perfezione spirituale, perfezione morale e perfezione fisica.